Formazione
Pablo Trincia: «Ecco perché ho deciso di portare in tv la lotta al bullismo»
«Io stesso durante le medie ne sono stato vittima». Intervista all'ex Iena che da mercoledì 23 novembre condurrà su Rai Due “Mai più Bullismo”: «Non vogliamo puntare il dito contro il bullo. Con questo programma non vogliamo colpevolizzare nessuno. Ma solo invitare ad una riflessione»
di Anna Spena
«Pugni in faccia, mano ingessata, labbro gonfio», la racconta così la sua esperienza da vittima di bullismo. È Pablo Trincia, giornalista (ha iniziato proprio a VITA), autore televisivo ed ex iena che nel prossimo autunno condurrà su Raidue “Mai più Bullismo” un social coach televisivo. «Frequentavo le scuole medie. Ma è durato poco, un anno forse due. E non è paragonabile a certe forme di bullismo psicologico e fisico che vediamo oggi… ». Il programma è un format internazionale ed è trasmesso o in fase di preparazione in ben 12 Paesi. L’edizione in Italia è nata dalla collaborazione tra la Rai Radiotelevisione Italiana; il Miur – Ministero dell’Istruzione e la società di produzione Verve Media Company. Pablo, papà italiano e mamma iraniana, nato nel 1977 nell’allora Germania Est ha studiato lingue e letteratura africana a Londra. Quella per le lingue è una passione e con questa nuova sfida sta dimostrando di saper parlare quella più difficile: quella dei ragazzi.
L'obiettivo è che i genitori incomincino a farsi delle domande: “Ho mai parlato di bullismo con mio figlio?”; “Sono stato abbastanza attento?”; “nella sua classe, c’è qualche vittima e io non lo so?”
Come si articolerà il programma?
È un format già preimpostato. Un programma on the road. Non c’è studio e tutto viene ripreso in giro. Quattro puntate di 50 minuti l’una per raccontare la storia di una vittima di bullismo. L’idea è quella di prendere una vittima di bullismo, dagli 11 ai 17 anni, dargli una piccola telecamera nascosta per documentare, per 10 giorni, quello che gli accade ogni volta che entra in classe. Prima, però, io mi incontrerò con lui o lei e con la sua famiglia. Dopo aver raccolto il materiale il regista lo monta. Ovviamente i bulli non si vedranno terremmo acceso solo l’audio. Poi a fine riprese convocheremo i professori, la vittima, i bulli, gli altri compagni di classe e i genitori, per mostrare loro il materiale raccolto.
L’obiettivo?
Non vogliamo puntare il dito contro il bullo. Con questo programma non vogliamo colpevolizzare nessuno. Ma solo invitare ad una riflessione. Lo scopo del format è far capire ai bulli che le battute, gli scherzi e l’indifferenza ripetuta per giorni, mesi ed anni, lascia degli strascichi in una persona e questa non è una cosa da niente; quello del bullismo è un problema che non si può più banalizzare.
Cosa vi aspettate dopo la messa in onda?
La speranza è quella di ricreare un contesto piacevole all’interno delle classi; tirare giù le barricate tra famiglie, professori e giovani studenti. Soprattutto ci teniamo a sensibilizzare i genitori.
I genitori?
Vogliamo che guardino il programma e che poi inizino a farsi delle domande: “Ho mai parlato di bullismo con mio figlio?”; “Sono stato abbastanza attento?”; “nella sua classe, c’è qualche vittima e io non lo so?”. Questo è un format difficile da realizzare, molto ambizioso, è dura raccontare certe cose. E poi non è solo un racconto di quello che succede, è un viaggio per cambiare quello che succede. Però ho visto le puntate olandesi. A fine percorso vengono fuori cose bellissime…
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