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Oxfam: «Dall’Italia più soldi alla Libia, mentre in mare si continua a morire»

Dall’Italia 3 milioni in più alla Guardia Costiera libica rispetto al 2019, per uno stanziamento complessivo di 58,28 milioni per il 2020 e di 213 milioni in tre anni, nonostante le indicibili violazioni dei diritti umani inflitte a migliaia di disperati

di Redazione

L’Italia ha in programma di continuare ad aumentare gli stanziamenti alla Guardia Costiera libica: 3 milioni in più nel 2020, per un totale di 58,28 milioni di euro diretti alle autorità libiche, che portano il costo sostenuto dai contribuenti italiani a sostegno dell’accordo Italia-Libia, siglato nel 2017, a 213 milioni di euro.

Tutto ciò, nonostante si continui a morire lungo la rotta del Mediterraneo centrale – con oltre 230 vittime dall’inizio dell’anno – e nonostante numerose inchieste e testimonianze abbiano confermato il coinvolgimento della Guardia Costiera libica nel traffico di esseri umani. Mentre proseguono i “rimpatri” forzati verso i “lager” libici, dove uomini, donne e bambini in fuga da guerre e persecuzioni, sono ancora oggi vittime di torture e abusi inimmaginabili.

È l’allarme lanciato da Oxfam, alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato e in occasione dell’inizio del dibattito sul rinnovo delle missioni militari italiane all’estero in Commissione Esteri alla Camera, che approderà presto in aula per il voto.

“Siamo al paradosso. – sottolinea Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – Mentre al largo delle coste libiche si continua a morire, come dimostra l’ennesima tragedia di pochi giorni fa, proprio il Governo che doveva segnare una discontinuità sulle politiche migratorie, con un “copia e incolla” della descrizione delle missioni nel dossier presentato al Parlamento negli anni precedenti, aumenta gli stanziamenti alle autorità libiche e alla Guardia Costiera. Non si ha notizia poi delle modifiche richieste al governo libico che a novembre hanno giustificato il rinnovo dell’accordo. In sostanza si va avanti nella stessa direzione, in un paese dove “l’industria del contrabbando e tratta” è stata in parte convertita in “industria della detenzione” con abusi e violenze oramai note a tutti, anche grazie a questo considerevole flusso di denaro”.

L’impatto dell’emergenza Covid nei centri di detenzione

Al momento si contano oltre 2 mila migranti bloccati nei centri di detenzione ufficiali libici e un numero imprecisato in quelli non ufficiali, controllati dalle diverse bande armate e fazioni in lotta, con oltre 400 mila gli sfollati interni a causa della guerra civile.

“Con oltre 480 contagi da coronavirus registrati ufficialmente nel paese, e molti altri che potrebbero non essere stati rilevati, in questo momento a preoccupare sempre di più è proprio la situazione sanitaria nei centri di detenzione dove si vive ammassati, in condizione di vera disumanità. – continua Pezzati – Un allarme rilanciato pochi giorni fa anche da Papa Francesco, a cui ci uniamo nel fare appello alla comunità internazionale, perché venga trovata il prima possibile una soluzione concreta per porre fine a violenze e abusi.”

Oltre 4.200 migranti riportati in Libia dall’inizio dell’anno

“A pochi giorni dal voto parlamentare sul rinnovo delle missioni militari italiane all’estero, chiediamo al Governo e ai partiti di maggioranza di congelare immediatamente gli stanziamenti per il 2020 diretti alle autorità e alla Guardia costiera libica, che solo quest’anno ha intercettato e riportato in un Paese in guerra oltre 4.200 migranti, quasi 1.400 in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno – conclude Pezzati – Il fragile cessate il fuoco appena raggiunto può essere l’occasione per definire un Piano di evacuazione, coordinato a livello europeo, di tutti i migranti e rifugiati detenuti arbitrariamente, proponendo inoltre un piano di riforme che metta fine alla loro detenzione obbligatoria e automatica. Finché l’Italia e l’Europa continueranno a girarsi dall’altra parte, avremo sulla nostra coscienza orrori indicibili che abbiamo contribuito a generare”.

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