Politica

Ovadia: «La sinistra radicale non canti vittoria. Il modello è Bergoglio»

Riflessione controcorrente dello scrittore, attivista del No: «La narrazione di Renzi era sbagliata ma alla sua sinistra devono ammettere di essere estinti. Per ripartire bisogna rifarsi all'unica autorità che abbiamo, Papa Francesco, e allo Stato Sociale che sta indicando come via da quando è al Soglio di Pietro»

di Lorenzo Maria Alvaro

Dopo la vittoria fragorosa del No al referendum Costituzionale e le dimissioni di Matteo Renzi, arrivate notte tempo, più che cercare di capire cosa sia successo è importante capire cosa accadrà da qui in poi. Il premier dimissionario infatti porterà le proprie dimissioni a Mattarella tra oggi e domani. E da lì il Presidente della Repubblica dovrà trovare il modo di dare un nuovo Governo al Paese. Di questo abbiamo parlato con lo scrittore Moni Ovadia.


Partiamo dal primo dato, al netto del voto. Renzi si è dimesso…
Le dimissioni erano inevitabili. È infatti un fallimento tutto suo. Il 99% della responsabilità di quello che è successo, come ha detto Cacciari, è suo.

E ora?
Credo che, se si tengono i nervi saldi, una via d’uscita temporanea la si troverà ma solo tornando al dialogo Parlamentare, con una maggioranza che fa la maggioranza e l’opposizione che fa l’opposizione. Questo è l’unico modo con cui può funzionare la democrazia.

Ma che tipo di ricomposizione possibile vede per questo Parlamento?
Fra i grandi sconfitti c’è anche la cosiddetta sinistra radicale che secondo me è morta. Se avranno il coraggio di ammettere questa propria morte potranno rinascere. Il Pd stesso si deve ricostruire, anche all’interno di un’identità europea da ritrovare. O questi trovano una nuova via, che non può che essere una social democrazia che guarda allo stato sociale. Quello che devono capire è che il populismo è alimentato proprio dal loro essersi allontanati da questa via, dal bene della gente. L’esempio è lì, potente, con Trump. Lo Stato Sociale è il valore fondamentale per qualsiasi partito cosiddetto di sinistra. Se non lo ritrovano verranno spazzati via dai populismi. Hanno sostenuto la politica di austerity, basti questo, per capire il corto circuito che li ha visti protagonisti. La prima cosa è ricordarsi chi si è e la propria storia. E non è un problema solo italiano…

Perché?
Basta guardare Hollande e Merkel che tipo di problemi vivano. È evidente che oggi ci sia un solo uomo autorevole ed è Papa Francesco. E mi pare altrettanto evidente come la strada che Francesco indichi sia proprio questa dello Stato Sociale. Poi è chiaro che il Papa fa il Papa, ma la politica non può non ripartire dalla realtà e dal senso. Ripeto: o questa strada o i populismi. La scelta è tutta qui.

Populismi quindi Grillo per quello che riguarda l'Italia?
No, quando parlo di populismo mi riferisco alle destre nazionaliste, non a Grillo. Anzi, trovo che debba cessare il linguaggio intimidatorio e propagandistico nei confronti dei 5stelle. Rappresentano una parte importante dell’elettorato. Io non sono del Movimento 5 Stelle ma bisogna rispettarli. Basta con il linguaggio retorico che parla solo di populismo per quanto li riguarda. Si entri nel merito delle questioni.

Il risultato dice che la politica economica del Governo non ha convinto i cittadini…
Penso che scelte come quella sull’art. 18 abbiano nociuto alle ambizioni renziani. Non tanto da un punto di vista sostanziale, perché quell’articolo era ormai svuotato. Ma sicuramente da un punto di vista simbolico. Il lavoro e l’economia sono al cuore di questa disfatta. La narrazione renziana è saltata alla prova della realtà. Evidentemente, soprattutto dal punto di vista lavorativo ed economico, la situazione reale è più complicata e sofferente di quanto il Governo raccontasse. La povertà è in crescita, i giovani sono sempre più senza speranza sul futuro. È saltata anche l’alleanza tra le generazione. La rottamazione ha generato questo scontro generazionale che ora deve essere ricomposto.

Quanto il risultato centra con la Carta Costituzionale?
Una vasta parte del Paese ha deciso di difendere la Costituzione. Certo Renzi è riuscito a coagulare contro sé stesso tante persone. Quindi non si può dimenticare una quota di no di ribellione al premier. Ma c’è anche una quota che invece ha deciso di votare in difesa della Carta, difendendo l’idea che ci sia una Costituzione che tutela e difende ognuno. Poi è chiaro che nel grande fronte del No c’era un po’ di tutto. C’è stato comunque un fenomeno importante dal punto di vista democratico. Un fronte in difesa di quel faro democratico che è la nostra Carta che si è dimostrato forte e incisivo. Questo per me dimostra che c’è qualcosa che merita di essere aggregato. Una sorta di partito della Costituzione, di un movimento trasversale, che torni a parlare di bene comune, che si opponga al consumo del suolo e alla privatizzazione dell’Acqua che sta tornando, sarebbe utile e bello.

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