Economia

Otto miliardi di bottiglie in giro per l’Italia

Acqua minerale sì, acqua minerale no. Un business a nove zeri

di Francesco Dente

È il nostro consumo annuale. Ora Coop ha lanciato il sasso: meno minerale sugli scaffali. Confindustria ha replicato duramente. Che acqua berremo? La cannonata, anzi la bomba d’acqua, è arrivata dall’alleato più affidabile. Da chi, insomma, non se la sarebbero mai aspettata. No, gli industriali dell’acqua minerale non l’avevano proprio messo in conto il “fuoco amico”. In cima alle loro preoccupazioni, semmai, c’erano e ci sono le mosse delle organizzazioni che promuovono l’utilizzo degli acquedotti pubblici, l’acqua del sindaco. E cioè il Forum dei movimenti dell’acqua e Federeutility, la federazione delle aziende municipalizzate che gestiscono i servizi idrici comunali. E invece no. La cannonata l’ha sparata il maggior rivenditore di bottigliette del mercato italiano, la Coop. «Scegli l’acqua del rubinetto o proveniente da fonti vicine», questo il motto di «Acqua di casa mia», la campagna promossa dal gigante della distribuzione.

La scintilla
Un siluro che, al di là delle intenzioni della Coop, gli industriali non si sono lasciati passare sotto il naso. Mineracqua, la federazione di categoria degli industriali, in men che non si dica ha comprato paginate intere sui quotidiani per difendere le virtù del prodotto in bottiglia. Solo un caso, hanno precisato, la coincidenza con l’uscita della Coop. Anche se lo slogan scelto, «Acqua minerale, molto più che potabile», fa pensare l’esatto contrario. Insomma, una battaglia in piena regola fra chi produce acqua e chi, pur vendendola, propone di ridurne i consumi. Una tempesta per un bicchier d’acqua che vale 3 miliardi di euro. A tanto ammonta infatti il business che ruota intorno ai 12,5 miliardi di litri di acqua minerale (ci supera solo la Germania con 13 miliardi) estratti ogni anno dalle 321 aziende imbottigliatrici che attingono da 300 delle 700 sorgenti italiane. Un business che non conosce crisi e che, salvo una lieve flessione nel 2008, è cresciuto nell’ultimo quindicennio a un ritmo del 3% all’anno. Dal 1985 a oggi, per dirla con una cifra secca, i consumi di bottigliette sono triplicati.

Le ragioni della Coop
Ma perché un big del commercio che vende 600 milioni di litri d’acqua all’anno per un giro d’affari di 198 milioni di euro rinuncia a un incasso sicuro? «Dal punto di vista economico ci perdiamo, da quello della reputazione credo che ci guadagniamo», commenta Vincenzo Tassinari, presidente del Comitato di gestione della Coop. L’impatto ambientale determinato dalla produzione di 100 litri di acqua minerale in bottiglia di Pet (polietilentereftalato) da 1,5 litri e dalla distribuzione lungo un percorso di 100 km equivale, secondo i calcoli elaborati dal dossier scientifico del leader della distribuzione, a quello generato da un’auto di media cilindrata che percorre circa 67 km. Nel caso in cui i 100 litri escano invece dal rubinetto di casa, è come se la stessa auto percorresse solo 350 metri. Nel complesso gli 8 miliardi di bottiglie che dissetano ogni anno gli italiani comportano la produzione di 240mila tonnellate di plastica e l’emissione di circa un milione di tonnellate di anidride carbonica equivalente. E non finisce qui. I 480mila tir che servono per portare i fardelli d’acqua in bar, ristoranti e ipermercati, messi uno dietro l’altro formano una fila lunga circa 8mila km. La distanza fra Roma e Mosca. Andata e ritorno.
Numeri che la Coop punta ad ridurre in tre mosse: maggiori informazioni sulla localizzazione e sulle caratteristiche delle acque minerali presenti sugli scaffali, più visibilità alle acque locali (previste due nuovi fonti per la minerale a marchio Coop a Pordenone e Perugia) e soprattutto vendita delle caraffe filtranti per l’uso dell’acqua del rubinetto. La catena commercializzerà infatti una caraffa a marchio proprio che consentirà di abbattere il cloro e l’eventuale proliferazione batterica. E che contribuirà, sperano al quartier generale di Casalecchio di Reno, ad abbattere

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