Non profit
Otto mesi di trattativa: tutto segreto nell’accordo con Confindustria Gioco?
Una trattativa durata 8 mesi, una firma a cui avrebbero partecipato esponenti della Cgil, Cisl, Libera, Acli. Ora c'è chi dice di non sapere, di non essere stato informato. Ma quella firma e quelle trattative sono un fatto. Resta da chiedersi perché queste associazioni hanno messo a repentaglio reputazione e fiducia per un accordo che, in sostanza, non dice nulla di nuovo. Perché firmarlo?
di Marco Dotti
Prendendo atto di quanto ci scrive don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e del Gruppo Abele, che non era a conoscenza dell'accordo siglato anche a nome di Libera e dello stesso Gruppo Abele dal portavoce della campagna Mettiamoci in Gioco don Armando Zappolini.
Mi pare comunque utile mettere in ordine alcuni punti per aiutare tutti a vederci più chiaro. Tutte le informazioni ci sono state date in questi due giorni da esponenti di Mettiamoci in Gioco, le fonti sono queste, fidandoci sulla parola le prendiamo con beneficio di inventario, sempre pronti a smentite, se arriveranno.
1) La trattativa è durata 8 mesi. Non si parla, quindi, di un colpo di testa o di fulmine che dir si voglia. Sono tanti, 8 mesi, e salvo voler ipotizzare che si sia tornati ai bei tempi della carboneria, diciamo che in 8 mesi c'è stato modo di informare da una parte e essere informati dall'altra. Se qualcosa è saltato in questa comunicazione, credo sia a questo punto necessario un chiarimento pubblico che spieghi in maniera concisa e decisa il perché di tanto imbarazzo tra le associazioni che risultano firmatarie (vedi ► qui).
2) La firma è avvenuta il 15, ma è stata resa nota il 16 alle h 11:18 con un comunicato stampa inoltrato via mail dall'ufficio stampa della Campagna Mettiamoci in Gioco. Dopo qualche ora, il comunicato appariva anche sul sito della campagna, ma non è mai apparso né è stato annunciato con comunicato da Confindustria.
3) Alla firma erano presenti, oltre a don Armando Zappolini, anche i rappresentati di queste associazioni: Russo (Acli), Taddeo (Federserd), Latorre (Cisl), Guiducci (Auser), Bortone (Cgil), Daniele Poto (Libera, autore del dossier Azzardopoli).
Questi sono tre fatti. Altro fatto: durante questi 8 mesi di trattativa, mentre loro rappresentanti partecipavano e chiosavano il celeberrimo "protocollo", Libera e Mettiamoci in Gioco hanno portato loro rappresentati in Parlamento, nelle scuole, in dibattiti pubblici. A partecipare a questi dibattiti pubblici sono stati spesso le stesse persone che, poi, partecipavano alla trattativa "segreta" e hanno partecipato alla firma del protocollo. Chiarezza vuole che si sappia con chi abbiamo a che fare e che, su temi tanto delicati, si abbia non dico l'etica, ma la cortesia di informare il prossimo perché possa scegliere e discernere. Tutto qua.
Chi non ha comunicato con chi? Chi non ha parlato con chi? Di che cosa hanno discusso? L'accordo, a parte il preambolo e la nota conclusiva, sembra il vero scandalo di questa bruttissima vicenda. Un accordo che sembra fatto di nulla, che non ribadisce altro che l'ovvio. Perché firmarlo? Perché mettere a repentaglio reputazione e fiducia per un pugno di mosche?
Ma soprattutto: la base, i volontari e le volontarie che tanto si sono dati da fare in questi mesi (e in questi anni), ne erano consapevoli? Sono stati informati? Sapevano? Sanno?
Il fatto determinante, ovviamente, è la firma di don Zappolini. Qui nessuno la butta sul personale. Ma la firma, su questa pagina nerissima del "sociale" italiano è la sua.
Nei fatti quella firma esiste, non si è materializzata da sola. Non è una firma last minute. Di questa firma, credo, che ognuno debba assumersi la propria parte di responsabilità e non fuggire dietro i non so, i forse o i giochetti dei due compari stile Totò. Messa la firma, bisogna che ci si metta la faccia. Nascondersi dietro un dito non basta più. Accusare gli altri con quel dito, oramai, è un gesto senza scopo. Qui si chiede solo: cui prodest? Perché?
@oilforbook
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.