Famiglia

Ostana, vivere in un altro modo si può

L'hanno chiamato "Ostana dei miracoli": è il piccolo comune del cuneese che da cinque è arrivato a circa 90 abitanti superando la crisi di un preoccupante spopolamento. Silvia Rovere dal 2019 è la sindaca di Ostana e ci racconta come "per caso" lei e suo marito nel 2011 hanno deciso di mollare Torino, lavoro e grande città per investire su «un'alternativa possibile di vita»

di Gabriella Debora Giorgione

Viaggiare per conoscere il mondo, ma poi desiderare i vicoli e il silenzio. Rispettare il tempo e la natura. Saper aspettare. E sentirsi pienamente felici di una scelta, anche se arrivata per caso. Trasferirsi da una città grandissima ad un Comune di meno di 100 abitanti potrebbe non essere follia, ma semplicemente "felicità".

La inseguiamo tra messaggi ed email e ci affidiamo ad un collegamento online all'ultimo minuto, il Monviso è troppo lontano e la distanza incolmabile in pochissimi giorni e con scarso preavviso.
Silvia Rovere, le grandi cuffie bianche col radiomicrofono, si offre all'intervista ripartendo un po' dal punto zero, ma con l'aria di chi forse vuole ritrovare anche il suo punto di partenza. Ha 49 anni, dal 2019 è sindaca di Ostana, provincia di Cuneo, che ormai non è più semplicemente un Comune, ma il "simbolo" di una rinascita possibile delle comunità piccolissime. Ne hanno scritto in tanti ed hanno scritto su tutto: sul borgo e sugli studi dell'architetto De Rossi, sulla biodiversità, sugli artisti, sulla cooperativa di comunità, sulla casa alpina del welfare, sulla scuola politica e su quella di cinema, sulla valorizzazione e patrimonializzazione delle culture e delle risorse locali, sull'economia di comunità di Ostana. Noi abbiamo cercato per la nostra rubrica il "punto di vista" di chi la guida, di chi ha imparato che "Il vento fa il suo giro" come raccinta il film e che in occitano significa "tutto ritorna".

Ostana dei miracoli, sindaca…
Siamo un comune a 1.300 metri di altitudine di fronte al Monviso, condizione tipica che tra la prima e la seconda guerra mondiale ha inferto un duro colpo di spopolamento, siamo passati da una popolazione di 1.500 abitanti nei periodi di inizio ‘900 a cinque residenti fissi tutto l'anno, un paese fantasma insomma. A partire dagli anni ‘80 però un gruppo nativi di Ostana ma residenti a Torino e che mai avevano abbandonato l'idea e l'affetto per il paese ha deciso di non accettare di veder morire Ostana senza almeno provarci. Quindi, con una programmazione a lunghissimo termine hanno ricostruito il paese pezzettino dopo pezzettino, partendo dalle infrastrutture: il sistema fognario, l'acqua, la luce perché le case degli anni ‘50-‘60 in montagna erano in condizioni tali per cui gli abitanti scappavano verso la città. Un gruppo di amministratori “visionari” è quindi ripartito dalla base. Gli ostanesi, benché dispersi con l'immigrazione verso l'estero o verso la grande città dove peraltro erano a tutti gli effetti considerati degli extracomunitari perché non parlavano italiano ma occitano, avevano mantenuto forti relazioni con il proprio paese e questo tessuto sociale ha fatto sì che la comunità non si disgregasse completamente. Questo “lumino” acceso, mantenuto in vita da un gruppetto di persone guidate dal sindaco storico, Giacomo Lombardo, è diventata piano piano una fiammella ed oggi, nel 2023 e a distanza di quasi 40 anni, possiamo dire che Ostana è un esperimento riuscito di rigenerazione e di inversione dello spopolamento perché ogni anno da noi i residenti aumentano.

Da cinque a 90 abitanti fissi, dunque?
Sulla carta 90 residenti, ma una cinquantina di residenti fissi che non è detto che siano residenti all’anagrafe. La cosa interessante è che siamo a nove bambini e due in arrivo.

Bambini che troveranno la “Scuola di O”…
La scuola dell'obbligo è a fondovalle e c’è il servizio di scuolabus del comune, ma da settembre 2022 abbiamo un nido, la “Scuola di O”, o “scuolina” come la chiamo io, perché il ragionamento che abbiamo fatto con la cooperativa di comunità “Viso a Viso” è che dovevamo creare un servizio che in valle non c’era. Oggi sono i piccoli 1-3 anni della valle a salire ad Ostana.

1/3

Lei non è di Ostana, giusto?
No, io sono residente ad Ostana dal 2011, ci sono arrivata per un caso fortuito, uno “sliding doors” di una domenica pomeriggio. Una mia amica stava cercando un ristorante da gestire ed era venuta a vedere il rifugio di Ostana, di proprietà del Comune, per il quale si cercava un gestore, ma lei commentò la visita con una frase «Bel posto, ma chi vuoi che vada a piantarsi lassù?». Il giorno dopo io e mio marito abbiamo telefonato al Comune di Ostana per chiedere informazioni.

Così, all’improvviso? E perché?
Perché io mio marito stavamo cercando un modo per uscire dalla città. Io sono nata in un paesino del saluzzese, nella vallata qui a fianco, per lavoro ho viaggiato a lungo e poi ho vissuto in grandi città perché mi occupavo di progetti internazionali prima per l'università e poi per la regione su una sede a Bruxelles, prima ancora ero una educatrice professionale e lavoravo in una comunità alloggio per minori. Mio marito è un fisioterapista. Ad un certo punto la città cominciava a starci stretta perché non ci permetteva di essere parte attiva dei processi.

Beh, però anche nelle grandi città ci sono gli spazi di cittadinanza attiva e partecipazione democratica…
Sì, però noi qua se vogliamo cambiare il percorso di una via prendiamo un piccone, una pala, ci mettiamo in 10 e lo facciamo. In città questo spazio non c’è.

Cioè nelle piccole comunità la politica ha più spazio di incisività…
Esatto, dal primo momento ci siamo resi conto che Ostana era un posto un po' speciale perché c'erano un dinamismo, una curiosità, una voglia di migliorare, cambiare e fare che non sono così facili da trovare.

1/5

Da quella telefonata al Comune cosa è successo?
Ci hanno detto di presentare la nostra proposta progettuale di gestione del rifugio e che poi ci avrebbero fatto sapere: 15 giorni dopo ci hanno chiamato dicendoci che avevamo vinto. Io ho respirato mezz'ora in un sacchetto e poi abbiamo fatto le valigie. Avevamo una bimba di due anni ed una era in arrivo. Adesso i figli sono tre!

Senza paura…
Io in quel momento cercavo quello. Non era coraggio, era felicità. Tante persone guardavano noi e pensavano che venire a vivere su e cominciare una nuova vita “si poteva fare”. Ad Ostana oggi i bambini sono 11, tutti ne stiamo guadagnando in qualità della vita. Se vogliamo è un po' la descrizione di utopia, nel senso che tu fai delle cose folli, ma nel momento in cui le fai non hai la consapevolezza che sono folli e quindi diventano delle cose concrete.

Qual è stato il vero “punto” di svolta di Ostana secondo lei?
L’inaugurazione del rifugio, senza dubbio. Quel momento ha portato a galla i 30 anni di lavoro perché per 30 anni si è costruito un tessuto imprenditoriale e sociale e poi il rifugio è diventata la luce di comunità accesa tutto l'anno. Vede, nel bando l'Amministrazione comunale aveva richiesto che il Rifugio restasse aperto sempre, quindi fuori dagli schemi del turismo di montagna perché volevano un luogo vivo tutto l'anno. Guardi come un’amministrazione può segnare la storia e l'evoluzione della sua comunità con una semplice frase in un bando: piccole intuizioni, grandi svolte! Un altro nuovo “salto” è stata la cooperativa di comunità. Dalla riapertura del rifugio, in questi anni, è stata una continua evoluzione, viaggiamo a ritmi incredibili.

Insomma, lei mi sta dicendo che una luce riaccesa in un rifugio attiva tutto questo?
Il rifugio è simbolico. Mancava qualcuno sempre presente qua. Noi forse abbiamo acceso la miccia, però il terreno era fertile. Ci sono delle teste fini, che lavorano qui: architetti, artigiani, ricercatori, mancava il collante, mancava chi sapesse coinvolgere. E poi c’è stata l’abilità dell’amministrazione di far dialogare il pubblico con il privato. Il pubblico detta un po’ le regole e descrive la strada. A quel punto, quando la strada è ben chiara, arriva il privato giusto che la segue e la costruisce.

E lei che strada sta descrivendo per Ostana?
Un paese dove si vive e si vive bene, con un rapporto uomo-ambiente equilibrato. Non possiamo tornare a 1.500 abitanti, ma neanche siamo la montagna della contemplazione. Noi ci alziamo alle cinque del mattino e “anda”! Ostana è un comune a volte molto impegnativo, non facciamo ordinaria amministrazione, ci sono tante sfide ancora da affrontare, compresa quella del Pnrr.

Come lo state affrontando?
Abbiamo un dipendente e mezzo e il segretario comunale viene ogni tanto. Noi siamo ancora, come tanti, al palo perché abbiamo i soldi ma nessuno capisce come spenderli. Si rischia di perdere una grande occasione perché i sindaci non sempre hanno il tempo e la pazienza di non mollare. Ad Ostana abbiamo vinto tantissimi finanziamenti, ma siamo al palo perché non possiamo fare i bilanci, le casse son vincolate, poi c'è il problema enorme degli anticipi: ma come si fa a pensare di dare un milione di euro ad un comune piccolo e pensare che possa anticipare 900mila euro in un anno e mezzo? Io l'ultimo finanziamento avrei dovuto cofinanziarlo con un milione, ci siamo fatti una risata: pur accantonando gli avanzi, io posso arrivare a 15mila euro all’anno! Per non parlare della infrastruttura amministrativa complessa, noi ci abbiamo impiegato mesi a capirla.

Si ricandiderà per il successivo mandato?
Me lo chieda fra sei mesi e mai di sera quando sono stanchissima…È impegnativo, la mia sveglia è alle cinque e poi via fino a sera tarda…

Si è mai detta “chi me lo ha fatto fare”?
No, mai. Forse sono tutta matta, ma non l'ho mai neanche pensato. Vede, l’alternativa è questa! Bisogna che qualcuno dimostri che si può vivere in un altro modo, che si può vivere senza un consumismo sfrenato, senza comprare per comprare, senza cibo da asporto, rispettando i ritmi della natura ché se nevica, nevica. Noi stiamo dimostrando che si può.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.