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Ostaggi francesi in Iraq: un aereo davvero scomodo

La Costa d'Avorio del presidente Gbagbo al centro di polemiche sull'ultimo tentativo (fallito) di mediazione di Parigi per liberare i giornalisti sequestrati in Iraq

di Joshua Massarenti

Il presidente ivoiriano Laurent Gbagbo avrebbe messo a disposizione del deputato francese Didier Julia un aereo privato nel suo tentativo (fallito) di liberare i due giornalisti francesi in ostaggio da ormai 47 giorni in Iraq. Lo ha ammesso lo stesso Julia, rimastro oggetto delle ira del presidente Chirac per una iniziativa giudicata dall’Eliseo “totalmente personale”, ma che Le Monde ha rivelato essere stata “seguita passo passo” dai intermediari non ufficiali e da membri di gabinetti ministeriali che hanno trasmesso tutte le informazioni “ai consiglieri “Africa” del Quai d’Orsay (iol ministero degli affari esteri francese) e dell’Eliseo”.

Una personalità politica ivoiriana vicina a Gbagbo ha affermato che con questo favore, il presidente ivoiriano “ha voluto rendere un servizio” alla Francia. In parole povere, Gbagbo avrebbe voluto sdoganarsi dei sospetti che pesano sul suo regime rispetto all’uccisione a Abidjan (capitale della Costa d’Avorio) di Jean Hélène, corrispondente di Radio France Internationale, e alla sparizione, sempre in Costa d’Avorio, del giornalista franco-canadese Guy-André Kieffer.

Da parte sua, Julia ha spiegato ai microfoni della radio francese Europe 1 che “quando i miei amici di Ammam mi hanno chiamato sostenendo che dovrei recarmi in Iraq, eravamo il 4 settembre. Avevo bisogno di un aereo in tempi veloci. E lui (in riferimento a Gbagbo), me lo ha consegnato subito”.

Decollato il 5 settembre dall’aeroporto militare di Le Bourget, l’aereo ha preso la direzione della capitale giordana con lo scopo di recuperare gli ostaggi francesi. Dopo vari tentativi, il deputato francese è stato costretto a tornare a Parigi a mani vuoti. “Ho tentato il tutto per tutto, ma non mi è andata bene” si è lasciato scappare Julia, ormai al centro di mille polemiche e imbarazzi diplomatici.

Questo, in riassunto, la versione ufficiale che Libération ha tentato di scoperchiarne i risvolti più oscuri nella sua edizione odierna.

Secondo il quotidiano francese, bisogna risalire al mese di agosto, quando “l’uomo d’affari Mustafa Aziz, presente a Abidjan in compagnia di un pastore americano giunto (nella capitale ivoiriana) per organizzare una preghiera per i molto credenti sposi Gbagbo”. Al palazzo presidenziale, Aziz avrebbe incontrato “il consigliere spirituale del presidente, Moise Koré, noto per essere il grande compratore di armi di Abidjan”. Da parte sua, Aziz facilita i contatti con i trafficanti di armi promettendo “a Gbabgbo di attirare capitali sauditi”.

In realtà, la nazionalità e il nome di Aziz destano più di un sospetto: secondo Libé, Aziz “disporrebbe di un passaporto saudita, ma inrealtà sarebbe un marocchino, se non un libanese”. Dalla scorsa primavera, Abidjan fa di tutto per accreditarlo come “ministro consigliere” della delegazione ivoiriana presso l’Unesco. L’ordine sarebbe stato dato da Gbagbo in persona. Ma dopo l’intervento del Quay d’Orsay, l’operazione va in fumo.

A questo punto, entra in gioco la vicenda irakena. Aziz, legatissimo con Brett e Evano, a loro volta vicini a Julia e membri della delegazione che si è recata a Ammam per recuperare gli ostaggi, avrebbe proposto a Moise Koré il business seguente: attingendo alle reti della “Francafrique” e alla lobby pro-Saddam Hussein (di cui la Francia è stata sostenitrice fino alla vigiglia dell’intervento statunitense), Aziz sostiene di avere i contatti giusti per liberare i giornalisti Chesnot e Malbrunot.

Da parte sua, Gbagbo deve assicurare la logistica. “Se l’operazione va a buon fine, il presidente ivoiriano “comprerà” la sparizione di altri due giornalisti in Costa d’Avorio: Jean Hélène, ucciso nell’ottobre 2003, e Guy-André Kieffer, risultato scomparso dall’aprile scorso”. A questo punto, “Koré convince Gbagbo di mettere a disposizione di Aziz uno dei suoi due aerei presidenziali (dei Grumman americani) per imbarcare al Bourget, il 5 settembre, il gruppo Julia a destinazione di Ammam, via il Cairo”.

“Gabgbo era convinto di muoversi con l’accordo tacito delle autorità francesi” rivela un uomo del presidente ivoiriano. “L’Eliseo e il Quay d’Orsay erano al corrente sin dall’inizio” assicura a Libé un esperto.

Di sicuro, l’imbarazzo che dilaga da Parigi a Abidjan ha visto sinora Julia assumere le vesti di capro espiatorio.

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