Welfare

Ornella Favero: “È ora di spostare le pene dal carcere al territorio”

La neopresidente Cnvg alla guida delle 200 associazioni della Conferenza nazionale volontariato giustizia: "Siamo 10mila volontari, portiamo avanti il 75% delle attività sociali dietro le sbarre, ma non abbiamo il giusto peso politico: dobbiamo contare di più", dichiara a Vita.it la fondatrice, nel 1997, dell'autorevole testata Ristretti orizzonti

di Daniele Biella

Ornella Favero, una vita spesa per i diritti dei detenuti e una corretta informazione sul mondo del carcere: è lei il nuovo presidente della Cnvg, Conferenza nazionale volontariato giustizia, l’ente più rappresentativo d’Italia di associazioni – almeno 200, riunite in 18 Conferenze regionali, con oltre 10mila volontari all’attivo – che entrano dietro le sbarre con i propri operatori. Vita.it, con cui collabora da tempo avendo anche tenuto un blog tematico, l’ha raggiunta a caldo della nuova nomina.


Ornella Favero neopresidente della Cnvg, dopo decenni di attivismo. Quando entrasti per la prima volta in carcere come volontaria?
Era il 1997, all’epoca ho contribuito a fondare la rivista Ristretti orizzonti, nell’Istituto di pena Due Palazzi di Padova. La testata è ancora oggi molto attiva (superata di recente quota 130mila notizie pubblicate, ndr) e da tempo, soprattutto grazie a una newsletter quotidiana, è il punto di riferimento per quanti si occupano a vario titolo di carcere in Italia. Da allora, ho sempre ritenuto prioritario lavorare per un’informazione corretta sul mondo penitenziario, e grazie a tante persone siamo arrivati all’ottimo livello di oggi. Lo dico anche come presidente dell’associazione Il granello di senape, incarico che lascerò a breve proprio per riuscire a fare bene ogni cosa.

Che significato ha la tua nomina?
È un riconoscimento personale, certo, ma non solo: perché premia il lavoro complessivo svolto dalle tante reti attive e collaborative su tutto il territorio nazionale. Se ognuno di noi avesse coltivato il proprio orticello, non avremmo l’efficacia che oggi ci viene riconosciuta. Quindi vedo la mia nomina anche come il risultato di ottime prassi delle varie Conferenze regionali, alle quali ho creduto anche quando non avevo alcun incarico, partecipando a più incontri possibile e condividendo idee: per esempio, un singolo progetto dedicato alle scuole è diventato oggi un’azione nazionale che coinvolge molti enti ogni mese di novembre, così come altre iniziative dedicate al tema degli affetti in carcere. In questo senso, la collaborazione tra associazioni ha sostituito la competizione: se avesse prevalso quest’ultima, sarebbe stato un disastro.

Quali priorità per il nuovo corso della Cnvg?
Almeno due. La prima: ho, e abbiamo, come volontari, molte energie da spendere, in varie direzioni: la prima è senza dubbio quella del nostro “peso” politico, inteso in senso lato, come azione sociale. Siamo da tempo attori fondamentali per quanto riguarda il miglioramento della qualità della vita detentiva, dato che i tre quarti delle attività oggi presenti dietro le sbarre provengono da idee dell’associazionismo, ma contiamo davvero poco quando c’è da impostare tavoli di lavoro in cui si sperimenta il cambiamento delle prassi, come per esempio negli Stati generali del carcere. Ecco, in luoghi come questi vogliamo essere presenti di più, dato il nostro potere rappresentativo.

La seconda priorità?
Lavorare per spostare le pene detentive dal carcere al territorio. Mi spiego meglio: vaste parti della società scambiano ancora oggi la certezza della pena con la certezza della galera, sbagliando, perché la pena può essere scontata fuori dal carcere, soprattutto per i tanti detenuti che non presentano rischio sociale: le misure alternative servono a questo scopo e la loro implementazione è fondamentale. In questo senso, il nostro contributo può venire anche da una continua informazione in merito, unita alla sensibilizzazione su più ambiti. Il lavoro è tanto ma l’energia non manca.

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