Politica

Orlando, Emiliano, Renzi: la sfida del welfare

I tre candidati alla segreteria del Partito democratico esprimono sensibilità e accenti diversi nel campo del sociale. Come rivelano le loro mozioni. Una breve analisi dei testi per chi domenica andrà a votare

di Redazione

Domenica 30 aprile il partito democratico sceglierà il suo segretario attraverso le primarie. Ecco in sintesi i passaggi principali delle tre mozioni di Andrea Orlando, Michele Emiliano e Matteo Renzi.


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ANDREA ORLANDO

“Unire l’Italia unire il Pd”, è questo il titolo della mozione di Andrea Orlando. Sottotitolo: “Una casa divisa non può reggere”. Fin dal titolo l’attuale ministro della Giustizia Andrea Orlando mette in primo piano nella sua mozione il nodo della tenuta del partito. Scrive Orlando nell’introduzione: «Quello che vi propongo è di ridurre le distanze. Quelle economiche, sociali, culturali. E anche le distanze tra di noi. Non è semplice perché viviamo in un mondo lacerato, in una società divisa e alla fine queste divisioni si sono proiettate anche su di noi». Non sorprende quindi che il primo capitolo sia intitolato “La sinistra nel mondo guasto”. Dentro questa cornice il primo tema sociale ad essere considerato è quello dell’uguaglianza. «Non dobbiamo fare la lotta alle disuguaglianze per spostare a sinistra il Pd. Dobbiamo farla perché questa, oggi, è la funzione storica del nostro Partito, per difendere e far avanzare la democrazia in

Italia e in Europa». Nel capitolo “La fine dello Stato, una notizia fortemente esagerata” Orlando si riappropria di un termine, Stato appunto. «Alla sinistra è mancata prima di tutto un’alternativa di pensiero. Abbiamo perso le nostre parole. Una di queste parole è lo Stato. La notizia della sua fine era fortemente esagerata, ma il suo arretramento o mancato avanzamento nello spazio sovranazionale è stato lo scacco alla sinistra». Nella sua concezione «Lo Stato non è “centralismo”, ma responsabilità comune della felicità pubblica. Lo Stato è il comune, è la capacità di ascoltare la società attraverso i presidi della cittadinanza. Riaffermare il ruolo della cosa pubblica non significa nuovo statalismo, tanto meno ripiegamento nazionalistico. Significa essere presenti alle sfide di questo tempo, a partire da un rilancio del progetto europeo come orizzonte di civiltà e di benessere nello spazio globale».

Occorre rafforzare e valorizzare gli operatori del welfare e del terzo settore, in quanto portatori di competenze e capacità di alto livello. E occorre investire sulle infrastrutture e le reti sociali: scuole, asili, servizi per la non autosufficienza, strutture ad alta integrazione socio‐sanitaria e di continuità assistenziale, cure primarie e servizi di sanità territoriale

Per Orlando quindi è la leva fiscale uno strumento fondamentale per «per rafforzare la crescita e l’inclusione sociale. «Occorre un disegno organico con alcuni obiettivi di fondo: combattere l’evasione fiscale, che resta uno dei principali problemi italiani, anche con un impegno al reimpiego delle risorse nella riduzione e redistribuzione del carico fiscale; spostare il carico fiscale dal lavoro e dalla produzione verso la rendita; riaffermare il principio costituzionale della progressività dell’imposizione fiscale rispetto al reddito».

La parola “Terzo settore” compare una sola volta (nessuna ricorrenza per “non profit”) nella seconda parte della mozione a pagina 16: « Occorre rafforzare e valorizzare gli operatori del welfare e del terzo settore, in quanto portatori di competenze e capacità di alto livello. E occorre investire sulle infrastrutture e le reti sociali: scuole, asili, servizi per la non autosufficienza, strutture ad alta integrazione socio‐sanitaria e di continuità assistenziale, cure primarie e servizi di sanità territoriale. L’austerity sta comportando il rischio di una ulteriore deriva verso un welfare famigliare e informale. Ma contare sulla sola spesa pubblica è irrealistico. Un ruolo importante può essere assunto dagli investitori istituzionali, da chi mobilita i capitali pazienti per grandi progetti sulle infrastrutture sociali. La BEI e il FEIS hanno adottato linee di finanziamento comunitarie per l’innovazione sociale e le imprese sociali innovative. Facciamolo anche noi».


MICHELE EMILIANO

“L’Italia è il nostro partito”, è il titolo della mozione a supporto di Michele Emiliano. Molto forte, come nel caso di Orlando, il richiamo al ruolo dello Stato e all’uguaglianza: «La nostra Costituzione non si ferma al riconoscimento dell’uguaglianza contro ogni forma di discriminazione, formale e materiale, ma va oltre, assegnando allo Stato il compito di creare azioni positive per superare quelle barriere di ordine naturale, sociale, economico che non consentono a ciascuno di noi di realizzare pienamente la propria personalità ed il proprio progetto di vita. Questo concetto è fondamentale perché, in esso, lo Stato e le sue articolazioni si assumono la responsabilità e l’impegno di rimuovere gli ostacoli materiali di partenza, che impediscono il raggiungimento di questi obiettivi: la visione di una piena uguaglianza delle opportunità, come principale finalità politica e sociale della Repubblica, nell’agire concreto dell’insieme delle politiche pubbliche, per mettere tutti i cittadini nelle stesse condizioni di partenza».

Il nostro welfare oggiè iniquo perché parte della spesa va a beneficio di chi non ne avrebbe bisogno. E inefficace perché sono nettamente insufficienti le risorse destinate a disoccupazione, esclusione sociale, politiche per la famiglia, non autosufficienza

Rispetto ad Orlando, Emiliano dà maggiore rilievo ai nodi sociali (giovani e povertà in primis) che nel suo testo sono esplicitati fin da subito con a corredo le cifre più significative: «..Oggi il 40 per cento dei giovani italiani è disoccupato, la precarietà ha rubato il futuro a milioni di ragazzi e ragazze, non si formano nuove famiglie perché non c’è sicurezza, un italiano su 5 è in povertà assoluta, mentre l’1 per cento più ricco del paese, detiene il 25 per cento della ricchezza nazionale, l’accesso alle cure sanitarie è fortemente condizionato dal reddito e dal grado di istruzione. Un nuovo progetto di coesione nazionale e sociale è il grande tema da cui ripartire, su cui rifondarci e su cui ricostruire l’identità del Partito Democratico. La crisi economica ha di fatto aumentato la fascia della popolazione più povera, (4 milioni e mezzo secondo Istat), dei working poors, dei precari, lasciandosi alle spalle una schiera di disoccupati, famiglie in diffi- coltà, anziani con pensioni che non consentono di provvedere adeguatamente alle cure. Avere un reddito basso e vivere da soli, senza una rete di protezione o senza l’ammortizzatore sociale per eccellenza, ovvero la famiglia, significa ammalarsi di più di malattie croniche e curarsi peggio». E ancora: «Sono 3 milioni e mezzo i bambini che vivono in povertà in Italia, con conseguenze a livello di abbandono scolastico, esclusione sociale, alimentazione, salute, come ci ricordano l’Istat e Save the Children. In Italia, il 32 per cento dei giovani con meno di 17 anni è a rischio povertà ed esclusione sociale, contro una media europea del 27.7%. Come rilevato da tutte le indagini economiche, sono proprio l’occupazione, il reddito e la ricchezza a rappresentare le dimensioni in cui i cittadini percepiscono oggi le disuguaglianze più forti».

Nel capitolo “Il Welfare è il nostro partito” Emiliano parla di un welfare iniquo «perché parte della spesa va a beneficio di chi non ne avrebbe bisogno. E inefficace perché sono nettamente insufficienti le risorse destinate a disoccupazione, esclusione sociale, politiche per la famiglia, non autosufficienza». Dal suo punto di vista è quindi necessaria «una riforma del welfare che metta al centro la persona come soggetto di diritti e di doveri, al fine di assicurare l’uguaglianza delle opportunità e promuovere le capacità, e dunque le libertà, dei cittadini, nella consapevolezza che vi è un nesso inscindibile tra diritti individuali, diritti del lavoro, diritti sociali».


MATTEO RENZI

“Avanti, insieme”, titolo della mozione di Matteo Renzi parte con un ragionamento sullo stato di salute delle democrazie nel mondo e sull’esplosione dei movimenti nazionalisti e populisti. Il compito del Pd è quindi quello di «dimostrare che le loro ricette sono velleitarie nel migliore dei casi e potenzialmente catastrofi che nel peggiore, non basta. Bisogna prendere sul serio il loro messaggio, al di là delle provocazioni e del folklore. E il messaggio dei nuovi nazionalisti dice questo: solo la chiusura può permetterci di riappropriarci del nostro destino, di non essere in balia di decisioni prese altrove, passivi, vulnerabili. La nostra sfida, oggi, è dimostrare che è vero esattamente il contrario. E che le scommesse sul futuro, sul lavoro, sull’ambiente, sull’integrazione sociale, sulla cultura e sul capitale umano». Renzi più che all’Italia guarda all’Europa: «In attesa che si giunga all’auspicata elezione diretta del Presidente della Commissione, passaggio che non può che richiedere del tempo affinché si raggiungano i necessari accordi politici e si modifichino i Trattati alla base dell’Unione Europea, il PD deve farsi promotore di un’iniziativa politica che rafforzi da subito la legittimazione democratica del Presidente: proponiamo che, nelle prossime elezioni europee, la scelta del candidato del PSE alla Presidenza avvenga attraverso primarie aperte tra i cittadini dell’Unione, sulla base di una rosa di candidati selezionati a livello di Partito».

Nella mozione Renzi il tema dei migranti è presente fin dalle prima battute. Scrive il predecessore di Gentiloni: «L’Italia ha maturato un’esperienza lunga alcuni decenni in questo campo. La progressiva stabilizzazione delle comunità di più lunga anzianità migratoria, testimoniata dalla quota di titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo, che in queste comunità raggiunge il 70%, unita ad altri dati su lavoro, frequenza scolastica dei fi gli e impegno nella vita sociale della comunità di appartenenza, raccontano un’avvenuta integrazione, che dev’essere presa a modello per le nuove, più recenti migrazioni. Il PD è stato il primo Partito a portare in Parlamento una riforma della legge sulla cittadinanza, improntata allo ius soli. Far approvare questa legge è un impegno che prendiamo con i Nuovi Italiani, che rappresentano una risorsa importante nel percorso di riforme di cui il nostro Paese ha bisogno».

Nei mille giorni del governo Renzi abbiamo ottenuto alcuni risultati soprattuto nel campo dei diritti e del sociale: il “dopo di noi”, la legge sullo spreco alimentare, la legge contro il caporalato, la legge sull’agricoltura sociale, gli investimenti nelle periferie, le unioni civili, le risorse per le marginalità e le povertà, la legge sull’autismo, la legge sulla cooperazione internazionale e quella sul Terzo settore hanno fissato in modo inequivocabile una pagina di grande importanza nella storia sociale e comunitaria del nostro Paese

Il termine “Terzo settore” compare due volte nel capitolo “L’orgoglio di essere italiani” fra i punti di merito del governo Renzi: «È quel che abbiamo iniziato a fare nei mille giorni del governo Renzi e che stiamo continuando a fare con il governo Gentiloni. Non un calendario astratto di compitini ricopiati da un manuale tradotto dall’inglese (o dal tedesco), ma il tentativo sistematico di risvegliare le energie migliori del nostro Paese, a partire dalla cultura, dalla scuola, dal lavoro dei giovani, dal terzo settore, dall’orgoglio di fare impresa e creare buona occupazione. Lo sforzo dei mille giorni del governo Renzi non ha soltanto prodotto un risultato economico, con il Pil che è tornato a crescere recuperando parte del terreno perso durante la crisi, con 700 mila posti di lavoro in più grazie al Jobs Act, con lo sblocco di infrastrutture e eventi. Ma anche, e soprattutto, un risultato nel campo dei diritti e del sociale. Il “dopo di noi”, la legge sullo spreco alimentare, la legge contro il caporalato, la legge sull’agricoltura sociale, gli investimenti nelle periferie, le unioni civili, le risorse per le marginalità e le povertà, la legge sull’autismo, la legge sulla cooperazione internazionale e quella sul Terzo settore hanno fissato in modo inequivocabile una pagina di grande importanza nella storia sociale e comunitaria del nostro Paese».

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