Formazione

Ora non gridate “Mamma li curdi”

I tg lo hanno annunciato come uno sbarco “biblico”. Il popolo del Kurdistan avrebbe diritto all’asilo. Se soltanto il suo Stato venisse riconosciuto…

di Paolo Giovannelli

Di loro sono stati minacciati altri sbarchi, ma dai numeri biblici. I tg hanno annunciato agli italiani: 20mila. Grideremo ?mamma, li curdi!? e poi li respingeremo senza ricordare che sono un popolo senza terra in fuga da un genocidio storico perpretato, di recente, dai gas chimici di Saddam Hussein e oggi, soprattutto, dal governo della Turchia?

Il dramma dei curdi è iniziato al termine della prima guerra mondiale, con la dissoluzione dell?impero ottomano, quando non furono loro riconosciuti diritti nazionali. Il territorio del Kurdistan, strategicamente importante e ricco di risorse, fu smembrato tra gli stati confinanti (Turchia, Iran, Iraq e Siria), uniti da una sola volontà: cancellare i curdi dalla faccia della Terra. Anche quest?anno il rapporto di Amnesty international racconta di massacri, violenze, deportazioni.
«Facciamo finta», è il commento del presidente della sezione italiana di Amnesty, Daniele Scaglione, che i curdi non abbiano una storia, nascondendoci inoltre che quelli che ora approdano in Calabria lo fanno solo per salvarsi la pelle. Della loro domanda di asilo politico, la nostra stampa ?che conta? ne parla come fosse un escamotage per trattenersi più a lungo in Italia; dimenticando che sono dei perseguitati e che l?asilo è un diritto soggettivo fondamentale, sempre da tutelare profondamente. Ho scritto, pertanto, al ministro dell?Interno, Giorgio Napolitano, e all?Ufficio stranieri della questura di Catanzaro per scongiurare il pericolo di un loro rimpatrio immediato. Va invece valutato, attentamente, caso per caso e poi, semmai, rifiutare solo chi non è degno di essere accolto».

Un lavoro immane? Ma no. Per Scaglione basterebbe solo sapersi organizzare e non chiedere ipocritamente a questi profughi di avere tutti-i-documenti-in-ordine. «Sicuramente», è ancora quest?ultimo a parlare, «se l?Italia optasse per il rimpatrio, senza procedere ad una analisi dei singoli casi, violerà tutti quegli accordi internazionali sui diritti umani in tema di rifugiati che ha però sottoscritto».
Contemporaneamente è necessario intervenire con decisione sui governi dei Paesi dai quali i curdi fuggono. In particolar modo su quello turco. Così la pensa il presidente dell?associazione ?Senza confini?, Eugenio Melandri: «La Turchia (che, circa dieci giorni fa, aveva bloccato anche la partenza di un treno pacifista procurdi Bruxelles-Diyarbakir su cui avrebbero dovuto viaggiare intellettuali e parlamentari europei, ndr) viola sistematicamente i diritti umani dei curdi. Quindi, che siano rifugiati politici non c?è ombra di dubbio. Fuggono dal Kurdistan per essere liberi, per avere il diritto di parola. È grave pertanto che, essendo la Turchia nella Nato, nonché partner economico privilegiato dell?Italia, ci si volga dall?altra parte».

E dire che secondo cronache della scorsa settimana proprio l?Italia, e in particolar modo il ministro degli Esteri, Lamberto Dini, starebbe sponsorizzando l?ingresso della Turchia nell?Unione europea.

Quartine
(di Baba Tahir, secolo X)

Sono l?aquila che vive sulle vette/dall?alto osservo i pascoli.
Senza famiglia, senza casa e terra/come sudario avrò le mie ali soltanto.

Tutto quel che desidero è di avere accanto/un volto splendente come il tulipano./Se alle montagne narrassi il mio soffrire
sui pendii non crescerebbero più fiori.

È addolorato il mio cuore, Signore,/soffre e trema d?angoscia
anela alla patria, piange l?esilio./E questo fuoco mi brucia.

Storia e folclore
Popolo emancipato

Poesia, musica, danza sono connaturate con il popolo curdo (…) Il divieto islamico di far musica al di fuori del contesto religioso non ebbe alcun ascolto da parte curda. Fanno parte del folclore poemi epici, cavallereschi, fiabe, leggende, racconti, ballati e canti dedicati ai villaggi, alle stagioni, all?amore, agli eventi della vita sociale, ai piccoli fatti quotidiani. Le donne, soprattutto in occasione di guerre, cantavano le gesta del marito, del figlio, del fratello. In alcuni aspetti della cultura e della lingua curda affiorano tracce di matriarcato, resti di una civiltà remota eppure tenace, tanto da aver resistito all?offensiva antifemminile del Corano: la donna curda ha mantenuto un ruolo importante, anche a capo di clan e principati, in pace e in guerra, nei movimenti indipendentisti e nella resistenza. In Kurdistan, viaggiatori dell?800 notavano che le donne, anziché nascondersi sotto il velo informe, indossavano abiti dai colori splendenti che mettono in risalto la femminilità, e che le danze popolari erano motivo di scandalo per i popoli vicini.
(Laura Schrader, introduzione al libro ?Canti d?amore e libertà del popolo curdo?, Tascabili economici Newton)

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