Welfare

Ora lotto per Nessuno

«La parte sana di questo Paese non ha dimenticato mio padre»,scrive Silvia.«E io voglio ricordare le tante persone ingiustamente incarcerate che mi hanno scritto per denunciare situazioni simili

di Silvia Tortora

Sarebbe ingeneroso e ingiusto dire che Tortora non lo ricorda più nessuno. Sono molti, invece, quelli che mi fermano per strada e parlano di mio padre. In gran parte anziani, il popolo di ?Portobello?, il popolare programma oggi clonato e frantumato in mille pezzi nel palinsesto tivù. Il popolo di Portobello rappresenta l?Italia vera, quella civile e oserei dire più sana. Diverso discorso dovrei fare per le istituzioni e gli uomini di potere. Da essi solo silenzio in questi anni, rotto qualche volta da sprazzi di una indignazione purtroppo rappresentata da pochi. Qualche giorno prima del decimo anniversario della morte di papà ho ricevuto una telefonata dal Comune di Milano che mi annunciava di aver intitolato una strada del centro della città a mio padre. Ovvio che intimamente provi soddisfazione, ma a volte mi fermo a pensare e mi chiedo cosa avrebbe pensato lui di quel che accade oggi. Io per conto mio destino alla vostra lettura la seconda parte del carteggio con mio padre detenuto. Ma non posso, contestualmente, mentre ricordo mio padre dimenticare le decine e decine di lettere di detenuti, di ?signor Nessuno?, speditemi quando ero redattrice al settimanale Epoca. Decine di lettere che mi hanno fatto capire quanti Enzo Tortora fossero reclusi nelle carceri italiane, allora, come oggi, e che per questo conservo. Migliaia e migliaia di carcerati in attesa di giudizio come il detenuto di Trento che nel marzo ?95 mi scrisse: «Vorrei essere colpevole per potermi difendere, ma purtroppo mi trovo in carcere dal giugno ?94 innocente e vittima, accusato da un pentito. Ho chiesto di essere ascoltato o di avere un confronto con la persona che mi accusa. Vano è stato il mio tentativo. Non ho avuto nessuna risposta dai magistrati». E nelle stesse settimane da Prato: «Ho provato in tutti i modi di spiegare la mia estraneità al Pm. Non vedendo alternative ho detto che ero disponibile a essere sottoposto a un interrogatorio con l?utilizzo di tecniche per accertare la veridicità delle mie affermazioni: mi riferisco all?uso del penthotal. Il mio legale mi ha però detto che tali tecniche non sono ammesse perché anticostituzionali. Ma perché, è forse previsto dalla Costituzione tenere in carcere un innocente, torturarlo psicologicamente, privandolo degli affetti familiari e tenendolo chiuso tra mafiosi veri o presunti?». Lettere di presunti colpevoli, di detenuti puniti oltre misura per la sola colpa di aver protestato, lettere di detenuti non curati. Avrebbero dovuto diventare un libro, ma nessuno osò pubblicarlo. Per me valgono come quelle di papà. Raccontano lo stesso dolore, la stessa privazione, a volte una profonda, simile ingiustizia. Come quelle che ogni settimana trovate a pagina 31 di questo settimanale. In chiusura vorrei anche dare un annuncio, per così dire ufficiale. Da ora in poi non parlerò, né scriverò più di Tortora. Mi costa troppo, ormai, di fatica e di angoscia. Lascio al mio amico e avvocato Andrea Falcetta, che con me ha condiviso gli anni del liceo, il compito di inseguire l?ultima illusione di giustizia. Vorrei che da domani potesse essere scritta l?ultima parola sul caso Tortora e che a farlo fosse l?Alta Corte dei Diritti dell?uomo di Strasburgo. A questi giudici vorrei sentire dire quello che mi perseguita da anni e anni, e cioè che quello che è capitato a mio padre, e a tanti altri cittadini italiani, è una vergogna.


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