Volontariato
Ora aspettiamo i soldi dei capitani dindustria
Adesioni record, raccolta cospicua, alta percentuale di impieghi. Credito alle ong e alle imprese sociali. E ora Banca etica sfida le aziende.
Ha solo un anno di vita. Ma ne dimostra decisamente di più. A giudicare almeno dagli obiettivi economici raggiunti, dal consenso sociale raccolto, dai progetti di crescita in cantiere e, diciamolo pure, dalle innumerevoli ?Cassandre? smentite clamorosamente circa lo spazio, a loro avviso insignificante, che può esserci nel nostro Paese per la finanza socialmente responsabile.
Stiamo parlando della Banca Popolare Etica che l?8 marzo festeggia il primo anniversario dell?apertura a Padova del suo primo sportello, forte di risultati che hanno superato abbondantemente ogni più rosea previsione: 14 mila soci, di cui 3000 persone giuridiche prevalentemente senza fine di lucro; 18 miliardi di lire di capitale sociale; 85 miliardi di raccolta; 45 di impieghi; 210 progetti finanziati, prevalentemente nei settori dei servizi socio-sanitari (41,8%), della cooperazione allo sviluppo (32,7%), della promozione della qualità della vita e dello sport per tutti (18,9%); uffici di rappresentanza a Milano, Brescia, Modena e, dal prossimo 15 aprile, anche a Roma. Insomma, numeri da ?capogiro? se si pensa al lungo e spesso tortuoso percorso che i pionieri di Piazzetta Forzaté hanno dovuto compiere per realizzare il sogno di una banca al servizio esclusivo dell?economia civile e che, proprio per questo, assumono ancor più significatività.
«È stato un anno molto intenso» sottolinea il presidente Fabio Salviato, «a tratti particolarmente impegnativo, visto che appena partiti è scoppiata la guerra in Kosovo e ci siamo trovati subito a dover approntare linee di credito a favore delle organizzazioni non governative impegnate nei Balcani nell?allestimento dei campi profughi. Ma siamo davvero soddisfatti di come sono andate le cose e non solo perché siamo riusciti a centrare tutti gli obiettivi di budget che ci eravamo prefissati, ma anche per l?interesse per la finanza etica che abbiamo visto crescere, giorno dopo giorno, tra i cittadini, soprattutto tra quanti appartengono alle cosiddette fasce deboli e risiedono nel Mezzogiorno. Qui», aggiunge Salviato, «le banche ?tradizionali? generalmente raccolgono ma non impiegano. Ebbene noi abbiamo cominciato ad invertire questa tendenza impiegando ben il 13% delle nostre risorse a fronte di una raccolta che non supera il 2% e non è un caso se uno dei nostri primi finanziamenti è andato a una cooperativa sociale della Locride».
Su questa falsariga, poi, si colloca la decisione della Banca di promuovere, in collaborazione con associazioni ed enti locali, circuiti di raccolta-impiego che ?lascino? sul territorio le risorse accumulate.
«La circostanza che tanti cittadini, associazioni, enti locali,» afferma Matteo Passini, direttore generale della Banca etica, «si siano mostrati fin da subito disponibili ad accogliere questo nostro invito rappresenta un?ulteriore conferma del fatto che la finanza non ha solo il volto delle grandi operazioni speculative che ci propinano quotidianamente i media. Ma, al contrario, può avere anche un?anima, può rivelarsi di enorme aiuto per la realizzazione di progetti di grande utilità sociale, può in sostanza incidere profondamente sul miglioramento della qualità della vita, soprattutto di quelle persone che incontrano enormi difficoltà ad approvvigionarsi di denaro attraverso i tradizionali canali del credito».
«Per questo» continua Passini, «incoraggiati dai lusinguieri risultati conseguiti, guardiamo con determinazione avanti. Abbiamo bisogno di coinvolgere un numero sempre più elevato di soggetti nella nostra ?avventura? e spero che presto anche le imprese for profit, peraltro sempre più consapevoli che il sociale ?paga? in termini di immagine e redditività, diventino diffusamente nostri compagni di viaggio».
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.