Politica
Opportunità o catastrofe?
Il terremoto elettorale sulle pagine della stampa di Bruxelles
“Un terremoto politico”, “un voto storico”. Unanimi, i superlativi abbondano nella stampa belga per definire il trionfo degli indipendentisti fiamminghi alle elezioni legislative che si sono svolte ieri in Belgio. Del resto, i risultati usciti dalle urne parlano chiaro: il partito pro-secessionista N-VA (Nuova alleanza Fiamminga) ha ottenuto il 28,3% dei consensi nelle Fiandre dove vive la maggioranza (60%) dei belgi (10,5 milioni).
“Mai nella storia del paese un partito nazionalista fiammingo era riuscito a conquistare oltre un quarto dei voti alla Camera e circa un terzo al Senato” sottolinea De Standaard. Nel suo editoriale, il quotidiano fiammingo cattolico ricorda anche che “mai così tanti fiamminghi hanno votato per un partito che come minimo vuole una riforma profonda dello Stato federale belga, e se fosse possibile, la fine del Belgio”.
Il giornale concorrente, De Morgen (di orientamento progressista) focalizza invece l’attenzione sull’uomo che rischia di cambiare la storia del Belgio: Bart de Wever, leader del N-VA e considerato dai suoi colleghi (francofoni inclusi) come “l’uomo politico più forte e brillante della sua generazione”. Per De Morgen, de Wever deve la sua vittoria in primis a Yves Leterme, l’ex premier fiammingo costretto a dimettersi tre volte dal suo trionfo elettorale del 2007 e crollato in queste elezioni. “De Wever è l’erede vivente di Leterme” sostiene De Morgen.
“Quest’ultimo ha dato credibilità al N-VA quando sono saliti insieme al potere nel 2007, ha nutrito de Wever, che poi [ieri] lo ha cacciato dal potere”. Seconda ragione: “la feroce opposizione dei partiti francofoni che negli ultimi tre anni hanno giocato una partita di calcio cinica” sulla riforma dello Stato federale belga, rifiutandosi inoltre di trovare un accordo con i fiamminghi su BHV.
Fonte di tante discordie, Bruxelles-Hal-Vilvoorde è un distretto elettorale che fa gola a tutti: ai fiamminghi più radicali che vogliono mettere le mani su Bruxelles (regione bilingue, la terza in Belgio assieme alle Fiandre e alla Vallonia) e avviare la secessione delle Fiandre dal resto del paese, ma anche ai valloni che – oltre a rifiutarsi categoricamente di “abbandonare” la capitale europea – desiderano difendere l’unità nazionale e la comunità francofona presente nei 35 comuni dell’area Hal-Vilvoorde situata alle porte di Bruxelles, ma nelle Fiandre.
Oltre a BHV, valloni e fiamminghi sono chiamati a confrontarsi sulla riforma dello Stato federale. A guidare i franconfoni nelle trattative con l’N-VA sarà il socialista Elio di Rupo, che grazie al 30% delle preferenze raccolte in Vallonia appare come l’altro grande trionfatore di queste ultime elezioni. Per il primo quotidiano francofono, Le Soir, grazie alle loro larghe vittorie de Wever e di Rupo offrono “un’immensa opportunità” per dare una svolta al paese. Certo, i due leader incarnano “fino alla caricatura due partiti dai disegni politici e dalle posizioni ideologiche totalmente contrastanti, ma il loro trionfo elettorale li mette in una situazione politica tale da poter costruire un patto solido”.
Ne avranno il coraggio? In Belgio è la domanda che tutti si pongono. Per Le Soir, “de Wever dovrà accettare una logica [franconfona] che mira a salvare il Belgio, mentre di Rupo dovrà fare i conti con un programma politico fiammingo orientato ad avviare lo smantellamento” dello Stato federale.
Da sempre, de Wever chiede un trasferimento delle competenze sul fisco e la previdenza sociale dal livello federale a quello regionale. E da sempre i francofoni si sono detti contrari. Ma una cosa è sicura per il quotidiano cattolico e centrista La Libre Belgique: “da questo schema elettorale inedito nella storia del nostro paese, i francofoni dovranno dare prova di apertura, di unità e di determinazione. Di apertura per negoziare una riforma dello Stato nell’interesse di tutti i cittadini. Di unità per consentire a di Rupo di diventare primo ministro. Di determinazione per tracciare senza paura la linea rossa da non oltrepassare, quella che rimetterebbe in questione la solidarietà tra le persone, lo statuto di Regione autonoma di Bruxelles e i diritti dei francofoni”.
Le prossime settimane ci diranno quali sacrifici de Wever e di Rupo sono disposti a fare. Ieri in televisione i due leader hanno lanciato segnali di fumo rassicuranti. Ma dalle parole bisogna passare ai fatti. E lì si apre una ben altra partita. Su una cosa la stampa belga è unanime: urgono riforme strutturali per salvare il paese dalla sfascio. “Ora o mai più!”
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