Sostenibilità

Opere? Sì, ma piccole, poco costose e utili

Il piano della legge obiettivo? «Solo politica, con analisi inesistenti o fasulle». Parola di uno dei maggiori esperti del settore, che propone di puntare su alternative più soft.

di Chiara Sirna

«Solo un folle potrebbe essere d?accordo». È una condanna senza appello quella di Marco Ponti, uno dei maggiori esperti europei in materia di trasporti, al piano di grandi opere previsto dalla Legge Obiettivo. Eppure parla da «economista, non da ambientalista». Ci tiene a precisarlo, proprio per sgomberare il campo da accuse di cieca militanza.

Ecomondo: Lei e Boitani, docente di Politica economica all?università Cattolica di Milano, avete calcolato costi e benefici di alcune infrastrutture strategiche individuate dal governo Berlusconi. A che conclusioni siete arrivati?
Marco Ponti: Le grandi opere in cantiere sono pensate sulla lunga distanza, invece si dovrebbe intervenire sui tratti brevi, regionali, di 75 chilometri, che interessano passeggeri e merci. Dietro questi piani ci sono ragioni politiche, per non dire peggio.

Ecomondo: Non salverebbe niente?
Ponti: Delle opere ferroviarie no, di quelle stradali qualcosa. Le ferrovie hanno perso il treno, non sono funzionali al sistema di trasporti: sfido chiunque a trovare una linea satura. Il mondo moderno viaggia su gomma perché solo così si riesce ad arrivare a destinazione.

Ecomondo: Sì, ma l?inquinamento cresce a livelli esponenziali…
Ponti: La realtà è questa, c?è poco da fare. Le ferrovie in questi anni sono state supersussidiate e il trasporto su gomma ipertassato, eppure il treno non si usa. Bisognerebbe chiedersi come mai.

Ecomondo: Lo chiedo a lei…
Ponti: Negli ultimi 10 anni le ferrovie hanno assorbito 8 miliardi di euro di denaro pubblico. Sa quanti motori a idrogeno o ibridi si potevano comprare con quei soldi? Avremmo risolto il problema dell?inquinamento. Le Fs sono un?idrovora di denaro pubblico ma non migliorano mai i servizi perché non sentono la pressione del mercato.

Ecomondo: Colpa del sistema monopolistico?
Ponti: Le dirigenze sono tutte di nomina politica, non c?è nessun padrone che risponde del proprio operato. Anzi, più le cose vanno male e più hanno il pretesto per chiedere soldi. C?è un?alleanza strettissima tra chi eroga soldi e chi offre il servizio, invece ci dovrebbe essere una contrapposizione di interessi. Se dovessero competere con qualcun altro le cose cambierebbero eccome.

Ecomondo: Tornando alle grandi opere, forse?
Ponti: Con queste premesse i risultati sarebbero catastrofici. Per le opere stradali il discorso è diverso, anche se non sono tutte da promuovere. Sulla Tirrenica (la Livorno-Rosignano, ndr), per esempio, non ci passa nessuno. Hanno fatto i salti mortali per giustificarla e ora si viaggia alla velocità della luce perché è vuota. Bastava migliorare la sicurezza sul tratto già esistente. Boccerei la Asti-Cuneo e promuoverei le strade della pianura lombarda e il passante di Mestre, perché lì effettivamente il traffico è elevatissimo. Non servono sempre grandi opere. A volte le soluzioni più giuste sono quelle meno impegnative e meno costose. Questo discorso però conviene a pochi.

Ecomondo: Che costanti emergono dai suoi studi?
Ponti: L?inutilità di molte opere. Lo spettro è sempre lo stesso: interesse dei costruttori e promesse politiche nei collegi. Per esempio la galleria del Brennero ha senso perché il traffico è intenso e costa poco. Ma il valico del Frejus? È un disastro e non serve. La linea attuale è usata per un terzo. Quella nuova ha una capacità di 300 treni al giorno, ma il traffico previsto è di 12 treni. Qui mi pare che basti fare un disegno sulla lavagna di Vespa per giustificare un?opera, poi se si spendono 13 miliardi di euro per una cosa del tutto inutile non importa a nessuno.

Ecomondo: Come valuta il percorso con cui si è arrivati alla definizione del primo programma delle infrastrutture strategiche?
Ponti: Politico. Le analisi sono o inesistenti o fasulle. Per il ponte sullo Stretto è uguale, non c?è alcuna valutazione dei costi e dell?utilità, solo un disegno politico. Così si rischia di avviare cantieri per finirli dopo 20 o 30 anni, a spese dello Stato. Ma questo non lo dicono.

Ecomondo: Alternative?
Ponti: Il potenziamento dei treni merci: i nostri hanno una capacità di 350 tonnellate, invece dovrebbero arrivare a 600. Il rinforzamento dei ponti e delle stazioni. Sono tecnologie banali e poco costose, serve solo una buona capacità organizzativa. Qualcosa invece si può salvare.

Ecomondo: Cosa?
Ponti: L?alta velocità Milano-Roma è ragionevole, ma c?è già, non rientra nella Legge Obiettivo. La Milano-Torino è inutile. Ci viaggiano 30 treni di lunga distanza al giorno, mezzi vuoti. Ce ne vogliono far passare 550, di cui 350 ad alta velocità.

Ecomondo: Cosa c?è che non va nel sistema trasportistico, contrattuale e finanziario dell?alta velocità?
Ponti: Dal punto di vista contrattuale, le ferrovie dovrebbero pagare il 40% dei costi di investimento, ma è impossibile, vorrebbe dire triplicare il prezzo del biglietto. I costi ricadranno sullo Stato. È sensata solo l?AV Milano-Roma, forse anche fino a Napoli, anche se la capacità finanziaria è discutibile. La Napoli-Reggio Calabria è pura follia, l?hanno detto persino le ferrovie che non serve.

Ecomondo: Nessuna linea è prossima alla saturazione?
Ponti: La Padova-Venezia, che sta finendo il raddoppio e la Milano-Bologna.

Ecomondo: Nemmeno dal punto di vista dell?occupazione e dell?avanzamento tecnologico ci sarebbero risultati?
Ponti: Basta visitare un cantiere dell?Alta velocità per darsi una risposta. Le persone al lavoro sono poche, ormai fanno tutto le macchine, non ci sono più i manovali. E le innovazioni in vista non sarebbero di rilievo, l?Italia non è leader nel campo come la Francia. La cartina da tornasole in queste cose è l?esportazione, se il sistema nessuno lo vuole è un buco nell?acqua. Persino la Francia ha venduto poco.

I trasporti sempre in testa

L?unica etichetta possibile per Marco Ponti sarebbe quella di ?economista dei trasporti?. Si laurea nel 65 in Architettura, al Politecnico di Milano, con tesi specialistica sulla Pianificazione territoriale, per poi proseguire nel 70 con un dottorato di ricerca, sempre nel settore trasporti, all?università di Berkeley in California. Dopo esperienze iniziali in Italia e all?estero con la Banca mondiale nel campo dell?analisi economico finanziaria degli investimenti infrastrutturali, si concentra sul tema dei modelli integrati trasporti-territorio, in stretta collaborazione con il collega Marcial Echenique dell?università di Cambridge e partecipa alla stesura del Piano nazionale di politica dei trasporti. Da sempre sostiene la ?bandiera? della liberalizzazione del settore.

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