Sostenibilità

Operazione “annacquamento”

L'analisi

di Redazione

Il commento del legale del Movimento Consumatori: «Sarebbe stato più coerente abrogarla del tutto. Ma il governo non ha avuto il coraggio.
E ha preferito svuotare dall’interno una legge
che ora, così com’è,
non solo sarà inutile, ma danneggerà i consumatori e le imprese oneste»di Paolo Fiorio*
Prima è stata sospesa, poi modificata e adesso è stata limitata ai soli casi successivi alla sua entrata in vigore. È sempre più evidente che la maggioranza non ha nessuna intenzione di approvare una legge sulla class action che possa avere affetti positivi per i cittadini. Ma perché fa così paura la cosiddetta class action?
Una risposta non può prescindere dalle finalità che le azioni di classe perseguono negli Stati Uniti, in Canada, Australia e in molti ordinamenti europei. Il confronto tra consumatori (o meglio cittadini) e grandi imprese avviene sempre su un piano di assoluta ed incolmabile disparità. L’impresa decide ed il consumatore accetta in silenzio ciò che viene proposto; quando i comportamenti imprenditoriali sono corretti, fa propri i benefici che gli derivano dall’acquisto di beni e servizi, quando sono scorretti non gli rimane che subirne le conseguenze negative. Se intende reagire la strada è impervia ed in salita: per esercitare i propri diritti il consumatore deve affrontare investimenti di tempo e denaro per comprendere di essere stato danneggiato, per realizzare di aver diritto ad un risarcimento, per trovare un avvocato, per retribuirlo e comunque per affrontare un giudizio costoso che vede di regola opporsi un litigante abituale, l’impresa, con un litigante occasionale, il consumatore, che astrattamente ha poche chances di vittoria anche in caso di illeciti evidenti. Il risultato complessivo è estremamente negativo non solo per il singolo danneggiato che rimane a bocca asciutta, ma per il sistema nel suo complesso che non riesce ad irrogare sanzioni adeguate alle imprese scorrette le quali, agendo razionalmente, decideranno di porre in essere un comportamento illecito ogni volta in cui il rischio della sanzione sia inferiore al profitto illegittimo.
Per superare questa situazione, che viene solitamente definita come problema di azione collettiva, sono necessari strumenti processuali che riequilibrino il divario “impresa-consumatore” e non lo lascino ad un confronto individuale. Come la società e i consumi sono di massa, anche l’accesso alla giustizia deve essere svincolato dalla dimensione puramente individuale.
La risposta alla domanda iniziale – perché fa paura la class action – non è certamente il pericolo che azioni poco fondate siano utilizzate in maniera strumentale da avvocati e professionisti per “taglieggiare” le imprese che hanno operato correttamente. Tale rischio è chiaramente limitato nell’attuale testo dell’art. 140 bis, che prevede un giudizio di ammissibilità e che accorda la legittimazione ad agire alle associazioni e ai comitati che rappresentano adeguatamente gli interessi collettivi dei consumatori. La nuova proposta del governo non si preoccupa affatto di tale problema, anzi, attribuendo la legittimazione ad agire a qualunque cittadino, crea, sul modello americano, un sistema nel quale i veri protagonisti potranno essere gli avvocati che, direttamente o indirettamente, avranno interesse a coagulare piccoli gruppi di interesse nell’ottica di avere grandi benefici individuali. Scompaiono quindi le associazioni di consumatori (le quali possono solo ricevere il mandato dai danneggiati), gli interessi collettivi, per fare spazio all’esaltazione del singolo individuo, dimenticando che se si parla oggi di class action lo si deve alle associazioni che da lustri proteggono gli interessi individuali e collettivi dei consumatori.
L’abrogazione sarebbe forse la soluzione più coerente con le intenzioni del governo ma non reggerebbe l’impatto con l’opinione pubblica e non consentirebbe l’annuncio di aver introdotto una (inutilizzabile) azione di classe. Si preferisce, quindi, portare avanti una class action inefficiente che alla fine danneggerà tutti: i consumatori che non potranno ottenere i risarcimenti dovuti; le imprese corrette che subiranno la concorrenza di quelle che operano in spregio dei diritti dei consumatori; l’intero sistema che, in assenza di idonee sanzioni civili, continuerà a tollerare l’illegalità.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.