Welfare

Opera Liquida. Quando il teatro libera il carcere

di Redazione

Opera Liquida è una compagnia teatrale con attori reclusi della sezione “comuni” della casa di reclusione di Milano Opera. Nasce da una collaborazione tra Ivana Trettel e Francesco Mazza che avviano il laboratorio, supportati da Gianni Lamanna ed Elena Mearini, nel dicembre 2008. In seguito l’incontro con Caterina Filice, costumista, scenografa e docente della Naba – Nuova Accademia di Belle Arti, dà nuova linfa vitale al progetto: grazie alla collaborazione con gli studenti vengono realizzati costumi, scenografia e grafica del libretto di sala per lo spettacolo in lavorazione. Il 18 giugno dello scorso anno, presso il teatro della Casa di reclusione Milano Opera, ha debuttato lo spettacolo I luoghi dell’altro – ninna nanna anestetica per materiali organici organizzati che è nato a partire da riflessioni su temi di scottante attualità (testamento biologico, senso della vita in stato vegetativo). Il 13 settembre 2009 Opera Liquida ha varcato i cancelli del carcere per chiudere la rassegna «Estate sui Navigli» organizzata da Navigli scarl e dal Comune di Milano. Lo scorso dicembre, poi, Opera Liquida ha partecipato alla prima edizione di «Carcere Aperto», manifestazione voluta dalla Regione Lombardia e dal Provveditorato alle carceri lombarde per creare un ponte tra il mondo carcerario e la società civile.
Quest’anno il laboratorio è proseguito con la conduzione di Ivana Trettel, supportata nel laboratorio da Mariarosa Criniti e Gianni Lamanna, mentre Caterina Filice guida gli studenti Naba per la messa in scena della nuova produzione. A giugno è andato in scena Anime Cosmetiche, uno spettacolo che tratta il tema della crisi economica e dell’amore “recluso”.
Opera Liquida utilizza il teatro per indagare temi sociali di attualità. La messa in scena ha inizio con la scelta di un tema condiviso dal gruppo, la partecipazione degli attori alla stesura del testo che, attraverso un metodo di montaggio drammaturgico, permette la loro personale riflessione sul tema affrontato, senza dimenticare la propria condizione di reclusi. Il lavoro diventa così uno spazio di riflessione che può innescare il cambiamento.

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