Famiglia

Onu: strigliata (si spera educativa) di Fulci a Berlusconi

Meno lettere e più lavoro dietro le quinte. Sulla riforma all'Onu si vince se ci "guadagnamo" l'appoggio dei piccoli Paesi, perché vale il principio "one State, one vote"

di Maramao

L’intervista concessa a “Repubblica” dall’ambasciatore Francesco Paolo Fulci (per sette anni alla guida della diplomazia italiana alle Nazioni Unite e per altri quattro alla Nato) dovrebbe far riflettere Silvio Berlusconi. Con toni moderati ma fermi (figli della sicurezza di essere stato un vincente al palazzo di vetro), Fulci ha detto alcune cose su cui vale la pena ragionare: 1) “La lettera di Berlusconi a Bush non basta, bisogna fare di più”. Traduzione meno diplomatica: perché ha scritto pubblicamente all’inquilino della Casa Bianca che, tra l’altro, è sempre più in difficoltà a vedere i sondaggi e in vista del voto del 2 Novembre? Non poteva farlo in privato? 2) “Noi vincevamo sempre. Quando si presentava l’Italia, gli altri si ritiravano”. Traduzione meno diplomatica: Non avete alcuna possibilità di spuntarla se continuerete con questa politica estera fatta di proclami. Il cui risultato è sotto gli occhi di tutti: oggi Paesi come il Brasile, la Germania e il Giappone, non solo non si ritirano e ci appoggiano come in passato, ma presentano le loro proposte che, caro, Silvio, sono assai più forti della nostra. 3) “Noi facevamo grandi offensive con i piccoli Paesi e alla fine vincevamo perché nelle votazioni il loro appoggio era determinante”. Traduzione meno diplomatica: invece di finire sulle prime pagine dei giornali, con lettere inutili ai fini della votazione, cominciamo a sguinzagliare i nostri. Come, all’epoca d’oro della diplomazia italiana, faceva l’ambasciatore Toscano. Espertissimo nel sapersi assicurare i voti dei Paesi “minori”, oggi sempre più decisivi. Così, invece, l’Italia resterà fuori dalla lista dei Paesi semi-permanenti e le scelte diplomatiche compiute nel suo mandato dal governo italiano sono – strategicamente – sbagliate. Le perplessità di Fulci, tra l’altro, circolano sempre più frequentemente nei corridoi della Farnesina. Assieme a quelle sui metodi sempre più da vero ministro degli esteri del segretario generale, Umberto Vattani, e sugli aiuti che sta dando (prima di andare in pensione) ai suoi due figli, Mario Andrea e Enrico, che stanno facendo una “carriera sprint” al Mae. Durante la gestione Fulci, l’Italia riportò all’Onu 27 vittorie su 28 e, a tal proposito, l’ambasciatore spiega: ”oggi c’è chi sostiene (Berlusconi, ndr) che bisogna corteggiare i grandi Paesi, ma poi sono proprio loro a prenderci a calci (nel sedere, ndr). La battaglia si fa sul terreno e bene ha fatto il segretario Baccini ad andare a una riunione in Sudafrica: è lì che si vince”. Proprio come faceva Fulci che, tra l’altro (questo non lo dice ma – di sicuro – lo pensa), aveva altri “numeri” rispetto a Baccini. Con tutto il rispetto.


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