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ONU: parità di genere entro il 2030 ma le ONG non ci credono

A New York l’ONU dedica due settimane alle politiche di genere e propone una nuova dichiarazione in cui gli Stati Membri promettono di impegnarsi per raggiungere la parità di genere entro il 2030. Secondo oltre 1000 ONG che si occupano di diritti però, il documento è poco ambizioso. Di questo passo potrebbero volerci 80 anni prima di raggiungere la parità economica

di Ottavia Spaggiari

Parità di genere entro il 2030. È la promessa annunciata dalle Nazioni Unite all’apertura dei lavori della 59ª sessione della Commission on the Status of Women (CSW59), la Commissione sullo Stato delle Donne, a New York, dove per due settimane nel Palazzo di Vetro si discuterà di uguaglianza di genere e del rafforzamento del ruolo delle donne sotto ogni aspetto.

Una dichiarazione di intenti quella degli Stati Membri dell’ONU, che arriva a vent’anni dalla Dichiarazione di Pechino del 1995, che proponeva un piano di azione per combattere gli ostacoli alla parità di genere e garantire alle donne pari diritti. Due decenni dopo, la Commissione si riunisce per trarre un bilancio di quanto fatto fino ad ora e, soprattutto di quanto bisogna ancora fare. Basti pensare che la questione caldissima del divario di economico tra uomini e donne era già uno dei punti su cui la Dichiarazione di Pechino si proponeva di lavorare.

Eppure i lavori di New York non sono partiti sotto i migliori auspici. Sono oltre 1000 le ONG che si occupano di diritti delle donne e di parità di genere ad aver firmato un documento di protesta nei confronti del processo decisionale che ha portato alla redazione della nuova dichiarazione. Ad aver sollevato le proteste sarebbe stata la mancanza di trasparenza nelle discussioni che hanno portato alla redazione della dichiarazione finale, risultata in un documento che, secondo le organizzazioni, non sarebbe abbastanza ambizioso. Solitamente i documenti risultati dalla Commission on the Status of Women vengono infatti discussi con rappresentanti della società civile e presentati alla fine delle due settimane di summit. Quest’anno invece gli Stati Membri hanno approvato la Dichiarazione a porte chiuse, prima del confronto.

“Il testo è debole, non osa abbastanza e non incoraggia il cambiamento necessario per raggiungere davvero la parità.” Ha affermato Lydia Alpízar, direttore esecutivo dell’ Association for Women’s Rights in Development. “Noi donne di tutto il mondo, in tutta la nostra diversità meritiamo di meglio. Ci meritiamo che mettiate da parte le vostre differenze idelogiche, politiche e religiose e che riconosciate e affermiate i diritti umani delle donne e delle ragazze.”

La revisione del segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon sui progressi fatti dal 1995 ad oggi, hanno evidenziato cinque aree prioritarie: la lotta alla discriminazione, le politiche economiche per servire meglio le donne e rendere accessibili le posizioni di leadership, aumentare gli investimenti su queste tematiche e rafforzare i diritti umani delle donne e delle bambine.”  

Secondo la Commissione ONU sullo status delle donne, ci vorranno altri 80 anni prima che si raggiunga la parità della partecipazione economica.

 

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