Cultura

Onu: Frattini, dobbiamo puntare su seggio Ue

Il ministro, in un'audizione alla commissione esteri del Senato, torna a ribadire la necessità di una rappresentanza della Ue nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu

di Paolo Manzo

Sarebbe ”impensabile” se oggi l’Europa ”non puntasse tutta insieme ad avere una propria voce nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”, se l’Europa si dividesse ”per una rivendicazione di seggi nazionali, che frenerebbe in modo irreversibile l’azione europea per una politica estera comune”. Il ministro degli Esteri Franco Frattini, in un’audizione alla commissione Esteri del Senato, torna a ribadire la necessita’ di una rappresentanza della Ue nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, appellandosi a Parigi e Berlino per ”lavorare tutti insieme” per una voce unica dell’Europa e al Parlamento italiano perche’ ”sostenga l’azione del governo”. In un’Europa animata sin dalla sua nascita da ”uno spirito egualitario”, per cui non ci sono Paesi di serie A e di serie B – sottolinea il titolare della Farnesina – ”e’ impensabile che ci si divida per una rivendicazione di seggi nazionali, invece di puntare su una presenza dell’Europa nel Consiglio, su un Paese che a turno rappresenti non se stessa ma parli a nome dell’Europa, come gia’ avviene nell’Assemblea generale, dove il presidente di turno del Consiglio europeo interviene a nome dei 25”. Il seggio per l’Europa, chiarisce Frattini, non significherebbe ovviamente ”la caduta dei componenti storici che da 60 anni siedono nel Consiglio di Sicurezza come membri permanenti con diritto di veto, Francia e Gran Bretagna, ma segnerebbe una tappa ineludibile e fondamentale verso quella nostra idea di un’Europa che parli con una voce unica”. Se, altrimenti, avverte il ministro, ”dovesse prevalere l’idea di rivendicazioni nazionali, allora si frenerebbe in modo irreversibile l’azione dell’Europa per una voce comune in politica estera”. L’appello di Frattini a Francia e Germania, paesi fondatori dell’Unione come l’Italia, e’ di ”lavorare insieme perche’ questa realta’ si possa realizzare”, evitando di ”rivendicare l’un l’altro seggi nazionali, e noi ci guardiamo bene dal farlo” (il riferimento e’ alla ‘sfida’ lanciata nei giorni scorsi dal collega tedesco Josckha Fischer, ndr). ”Questa – sottolinea il titolare della Farnesina – e’ non solo la voce del governo italiano, e’ la voce del Parlamento europeo”. Di qui l’appello a maggioranza e opposizione ”senza distinzioni”, a tutto il Parlamento, del quale ci serve ”un consenso forte”, perche’ ”sostenga questa azione, che nei prossimi mesi sara’ uno dei punti piu’ delicati se vorremo dare concretezza all’azione dell’Europa”, anche perche’, argomenta Frattini, ”sara’ difficile spiegare, mentre avvieremo le procedure di ratifica del Trattato costituzionale che verra’ firmato esattamente tra un mese a Roma, come mai ci dividiamo sui seggi nazionali”. Ribadito che la riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite deve ispirarsi a criteri di ”trasparenza, inclusivita’, democraticita’ e rappresentativita”’, il ministro spiega che l’Italia propone un allargamento del Consiglio che ”permetta alle regioni geografiche e non solo di contare su uno o due rappresentanti eletti secondo la regola della rotazione e della rappresentanza interna a ciascuna area regionale”. ”Questi componenti – chiarisce Frattini – sarebbero politicamente responsabili nei confronti dei Paesi della regione all’interno della quale sono eletti, per quattro o cinque anni, comunque per un numero di anni superiore rispetto ai membri non permanenti, che resterebbero come ulteriore categoria nazionale”. Secondo il ministro, si tratta di ”uno spunto su cui il panel di esperti (che lo ha ascoltato a New York la scorsa settimana, ndr) sta lavorando a fondo”, in vista del rapporto che dovra’ rendere pubblico il primo dicembre. ”Vi sarebbe cosi’ la possibilita’ per i Paesi di ciascuna regione di indicare a rotazione uno di loro incaricato di essere portavoce e rappresentante politico dell’area di riferimento”, conclude Frattini, secondo il quale si eviterebbe il rischio, per esempio, di escludere il mondo arabo e islamico, che non sarebbe rappresentato in Consiglio se il Sudafrica o la Nigeria ottenessero un seggio permanente piuttosto che l’Egitto.


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