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Onlus. Ma le esenzioni Ici non sono un privilegio

Un po' di chiarezza sui pagamenti

di Maurizio Regosa

Si torna a discutere sempre più spesso (e talvolta strumentalmente) di Ici e dell?esenzione da alcuni ritenuti ingiusta di cui godrebbe la Chiesa: è stato fatto persino da un viceministro dell?Economia (molto ignorante) come Paolo Cento.

È però il caso di precisare che l?esenzione riconosciuta da tempo (e ribadita anche recentemente dal Parlamento, nel 2005 con il dl 163 del 30 settembre all?art. 6) riguarda tutti gli immobili utilizzati da enti non commerciali per svolgere attività di particolare rilevanza sociale. Enti che ovviamente possono essere pubblici e privati, laici o religiosi. Sono incluse quindi le associazioni, le organizzazioni di volontariato, le ong, le onlus e in generale gli enti non profit. È fuorviante perciò porsi questo problema accostandolo all?esigenza della laicità dello Stato. Senza contare che l?esenzione dall?Ici non è generalizzata, ma è possibile solo per quegli immobili effettivamente destinati a un uso sociale: assistenza, previdenza, sanità, iniziative didattiche, culturali, ricreative sportive. Anche per la Chiesa, che per la maggioranza dei suoi immobili paga l?Ici, eccome. Sono esenti dall?imposta gli immobili dello Stato, di Regioni, Province, Comuni, Comunità montane, Asl, istituzioni sanitarie pubbliche autonome e Camere di commercio. I fabbricati degli Stati esteri e delle organizzazioni internazionali, gli immobili destinati allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive.

Non è quindi la Chiesa ad essere facilitata: lo è un intero settore che realizza attività di cui beneficiano le comunità, i comuni, i territori. Secondo molti si tratta di un ?privilegio? giusto, dato che questi soggetti si impegnano non a scopo di lucro a beneficio della collettività e svolgono servizi di cui spesso si ha un gran bisogno (e che lo Stato non è in grado di offrire). È evidente che la rinuncia all?Ici si motiva anche grazie ai numerosi e importantissimi benefici di cui gli stessi Comuni godono. L?esenzione non è un aiuto di Stato, semmai un concreto ma molto limitato riconoscimento della funzione pubblica svolta da molti soggetti (anche privati ma senza scopo di lucro).

Viene invece avanzata da più parti l?ipotesi secondo cui sarebbe opportuno abolire tale esenzione sostenendo che questi soggetti non pagando l?Ici ai Comuni avrebbero un vantaggio competitivo rispetto a quanti questa tassa la debbono pagare. Ma anche qui siamo fuori strada e non solo perché gli imprenditori a scopo di lucro presenti nei mercati dei servizi sono veramente pochi. Pure fossero molto più numerosi, varrebbe comunque la pena, secondo noi, continuare a fare una distinzione fra chi opera per raggiungere un (legittimo) profitto e chi si spende a beneficio della collettività senza perseguire un utile economico. O no? In realtà, come ha di recente ben scritto Giuseppe Della Torre, ordinario di Diritto ecclesiastico, «in questa vicenda non è in gioco né la laicità dello Stato né il principio della eguaglianza senza privilegi. È invece in gioco quel principio di sussidiarietà in senso orizzontale, che si è voluto scrivere a chiare lettere nella riforma del titolo V della Costituzione».

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