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Onlus & condono, attenti al trucco

E' discutibile presentare questa operazione come un toccasana generale.

di Salvatore Pettinato

Ho ricevuto da parte della Agenzia delle entrate l?invito ad aderire al condono per la onlus che presiedo. Abbiamo cercato di valutare se davvero era conveniente o addirittura necessario aderire al condono previsto dalla legge fiscale. Ma, essendo le realtà non profit, strutture associative e quindi partecipate, la discussione si è prolungata sino oltre la scadenza del condono prevista il 16 maggio scorso. E ancora non abbiamo le idee chiare. Ora, visto che si parla di una riapertura dei termini chiedo: è cosa da farsi? C. M. Salerno Il Fisco sa benissimo che, sul condono, operano sempre, come fattori incentivanti equivalenti, i seguenti due momenti: 1. l?introduzione legislativa dell?opportunità in sé; 2. la conoscenza diffusa, tra il pubblico dei contribuenti, della sua esistenza. Ecco perché di fronte alla nota proroga generalizzata del ?condono? introdotta per tutti i contribuenti, è stata messa in atto una sorta di campagna stampa specifica per il settore non profit e per le onlus. L?insistenza, assecondata dai titoli di stampa, sull?allargamento del condono agli enti non profit (che peraltro avevano già i requisiti per poterlo utilizzare) sembra destinata a svegliare una rigenerata corsa generalizzata al meccanismo, con le ovvie conseguenze di gettito. Senonché quando ci si accosta alle onlus è sempre facile, con i temi fiscali, esporsi a conclusioni impreviste o addirittura paradossali, e questo può essere ancora il caso con le operazioni predette. L?insistenza con cui si sono invitate le onlus a condonare gli anni aperti, precisandosi di continuo che solo le attività ingiustamente considerate esenti ne beneficeranno ampiamente, può risolversi in una ?buccia di banana? per questi soggetti. è infatti ovvio che se una onlus non ha dichiarato il reddito d?impresa prodotto, perché evidentemente esso non era coperto dalla generale esclusione disposta con l?art. 12 della legge Zamagni (il dlgs n. 460 /1997), attraverso un condono essa sarebbe ammessa al ripiano automatico della sua situazione. Senonché, anche sanando col condono le attività svolte, essa implicitamente andrebbe a dichiarare al fisco che oltre alle attività istituzionali ?lecite? anche fiscalmente, ha posto in essere altre attività d?impresa, cioè qualificabili come commerciali, violando così facilmente il presupposto assoluto dell?esclusività delle attività benefiche di cui all?art. 10 del dlgs n. 460 (l?Agenzia delle entrate ha considerato tale, di recente, con la chiacchieratissima risoluzione 356 del 2002, i compensi ricevuti in progetti di ?cause related marketing?, cioè di licenza a scopo benefico del marchio istituzionale dell?ente). La conseguenza sarebbe che la onlus chiuderebbe a monte ogni partita sulle potenziali rettifiche, ma con la dichiarazione sottoscriverebbe nel contempo, nella maggior parte dei casi, di avere perso uno dei requisiti fondamentali per restare onlus: quello dell?esclusività citata. Ecco perché è discutibile presentare l?operazione condono come un toccasana generalizzato e facile, perché la conseguenza potrebbe avere effetti rivoluzionanti sulla vita fiscale dell?ente che dovrebbe essere oggetto di valutazioni molto più approfondite di quelle, dichiaratamente scontate e automatiche , che presiedono alla presentazione di un modello per accedere al condono, da parte di ogni altra tipologia di contribuente.


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