Famiglia

Ong, modernizzativi

Intervista esclusiva al capo della cooperazione, Giuseppe Deodato. A dispetto delle voci che lo vorrebbero pronto a lasciare, il ministro rilancia e dice la sua a tutto campo

di Paolo Manzo

Bando alla diplomazia, che pure conosce bene e spesso applica nel suo ruolo di ministro. Il direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo della Farnesina (Dgcs), Giuseppe Deodato quando riflette sulle prospettive della Cooperazione italiana, i mutamenti in materia, le ong, le difficoltà di coordinamento e quelle di finanziamento, lo fa senza troppi salamelecchi. E con un occhio alla fine di agosto, quando a Rimini sarà lui ad approfondire questi temi nel corso delle tre giornate di incontri organizzate dalla Cooperazione italiana al Meeting di Cl. Vita: Ministro, ciclisticamente parlando, si sente più un Basso o un Armstrong? È stanco o è come se fosse all?inizio della sua esperienza alla Dgcs? Giuseppe Deodato: In me convivono due tendenze contrastanti. Da un lato c?è il peso della struttura che mi sottopone a una fatica psicologica e fisica. Sa, la struttura a cui sono a capo è molto grande: 500 persone, 13 uffici alla Farnesina e 20 sedi all?estero. Tutti uffici che producono, che devono essere seguiti, che fanno proposte, che hanno bisogno d?indicazioni chiare ma allo stesso tempo molto complesse. Dall?altro lato, e glielo dico con estrema sincerità, ritengo il mio entusiasmo ancora nella fase di crescita, ?alla Basso? se vuole. Vita: L?apice dell?entusiasmo, dunque, non l?ha ancora raggiunto? Deodato: No, ma in materia di cooperazione credo che per raggiungerlo ci vorranno davvero molti anni. Per risponderle, sempre ragionando in termini ciclistici, diciamo che sono ancora in grado di aumentare notevolmente il mio sforzo. Vita: Le ong potrebbero aiutarla nell?innalzare la soglia aerobica e ottimizzare lo sforzo che si dice ancora pronto a sostenere, non crede? Deodato: Guardi, le ong sono un mondo straordinario. Un po? frammentate, ma rappresentano una componente fondamentale della grande famiglia della cooperazione italiana. Vita: Però a volte sembrano in difficoltà. Perché a suo avviso? Deodato: Sostanzialmente per due motivi. Da una parte – e non è una novità – perché i fondi governativi sono diminuiti di molto. Dall?altra, ed è questo un motivo di particolare preoccupazione ma anche di riflessione, il mondo della cooperazione sta cambiando rapidamente. Vita: Che evoluzioni osserva dal suo osservatorio privilegiato? Deodato: Un tempo le ong erano fatte da persone che amano operare all?estero, magari in silenzio, ma che non amano molto le carte, o i conti, che non hanno molta dimestichezza con le cifre… vede, questo è un simpaticissimo aspetto della nostra attività di cooperazione? Vita: La blocco. Neanche voi avete molta dimestichezza con le cifre, se è vero che anche nel Dpef di quest?anno ci saranno alcune decine di milioni di euro in meno rispetto ai 560 milioni di fondi che avevamo nel 2004, non crede? Deodato: Guardi che intendevo un?altra cosa. Vita: Ossia? Deodato: Che contrapposto al mondo se vogliamo un po? romantico delle nostre ong tradizionali, ne emerge un altro dall?estero, dove ci sono società molto più aggressive e grandi realtà legate a organizzazioni non governative internazionali. Sono ong attrezzate in maniera molto ?decisa?, in base a sistemi che non sono quelli tradizionali del mondo latino bensì ispirati a modelli anglosassoni. Hanno obiettivi ben precisi, strutture chiaramente definite e mezzi che rispondono a fini ben determinati. Tutto questo, purtroppo, non esiste in Italia. Vita: Purtroppo? Allora lei auspica che il nostro sistema copi quello estero? Deodato: Ho detto purtroppo. Ma non so se dirlo pensandolo veramente o perché esiste questo mondo che rischia di fare scomparire il nostro. E, badi bene, questo è un problema che non tocca solo le ong, ma tante strutture del nostro Paese. Noi abbiamo difficoltà a molti livelli nel porci come strutture grandi, in grado di fronteggiare la realtà internazionale. Vita: Ministro, torniamo alle ong? Deodato: Le ong devono strutturarsi in modo adeguato, perché il loro è un patrimonio straordinario. Noi siamo stati tra i primi e continuiamo a essere assolutamente tra i migliori, glielo dico senza retorica. Ma dobbiamo essere in grado di far fronte ai conti, alle carte, alle strutture internazionali, ai metodi di operare degli altri. Dobbiamo, con una parola molto banale ma validissima, modernizzarci. E per farlo bisogna riflettere molto, ma anche muoversi in modo molto, ma molto rapido. Vita: Un vero e proprio invito il suo. Deodato: Un auspicio che mi auguro venga accolto. Vita: Altra cosa importante per voi, oltre al rapporto con le ong, è quello con gli altri ministeri e gli altri apparati dello Stato che, forse, la Farnesina ha un po? ?trascurato? in passato. Per esempio l?obiettivo dichiarato a Vita dalla Protezione civile è di essere sempre più presente all?estero. Non rischiate di fare con le emergenze come con la cooperazione decentrata che, ormai, sindaci e governatori fanno per conto loro e, in un certo senso, vi è stata sottratta? Deodato: Guardi, intanto vorrei sottolineare che i compiti delle istituzioni non sono decisi dagli uomini, singoli responsabili amministrativi, ma dalle istituzioni a livello politico. Vita: Che intende dire? Deodato: Che su quello che deve fare la Cooperazione italiana, su quello che deve fare la Protezione civile o le altre strutture, decidono i nostri responsabili politici. Vita: Ministro, ha fatto la premessa ma non ha risposto alla domanda? Deodato: Guardi, credo che il nostro Paese abbia l?interesse a valorizzare al massimo, sia in Italia sia all?estero, tutte le sue capacità. Quindi, se tra queste c?è una forte capacità della Protezione civile a intervenire in emergenze all?estero credo sia un?ottima cosa. Naturalmente bisogna vedere in che misura questo può essere fatto, come dev?essere strutturato, come dev?essere avviato. Ma non c?è un problema di competizione per una ragione molto semplice: l?emergenza per la Cooperazione italiana è un piccolissimo segmento. Inoltre emergenza significa intervenire in problemi gravi, drammatici, ma che hanno un inizio e – si spera – una fine. La cooperazione allo sviluppo è invece un?attività di continuità che richiede delle linee strategiche importanti che vanno ben al di là degli interventi immediati. Vita: Sì, ma resta il nostro andare comunque in ordine sparso all?estero. Questo lo ritiene più una risorsa o un problema? Deodato: Noi come Paese abbiamo tante doti, ma anche qualche difetto? Se lei va indietro nella storia a cercare le grandi invenzioni del nostro Paese non a caso ci sono i Comuni. Diciamo che quella del coordinamento non è una grande tradizione italiana. Questo glielo riconosco. Vita: Lei si è dato una scadenza? Deodato: In che senso? Vita: Nel senso che circolano voci che voglia lasciare prima delle elezioni. Una bufala o è la verità? Deodato: Prima delle elezioni? Vita: Già, così dicono? Deodato: Queste voci vengono messe in giro non so se da chi mi vuole bene o da chi mi vuole male? Personalmente quello che sto dicendo a tutti è che la mia esperienza alla Cooperazione è straordinaria, l?ho voluta e ne sono soddisfatto. Ritengo che nell?attività di cooperazione ci voglia continuità e che questa continuità debba essere assicurata a tutti i livelli, anche alla direzione generale. Quindi, sino a quando i miei superiori politici e i responsabili del Paese riterranno che io sia in grado di assolvere all?incarico, lo farò con piacere e buona volontà. L’Italia punta sul global fund Contro AIDS, TBC e malaria


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