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Ong: il nuovo codice di condotta contrario al diritto internazionale

"La norma approvata dal Consiglio dei ministri mette in pericolo l'agire umanitario. Le istituzioni italiane hanno già gli strumenti per verificare il livello di trasparenza nei conti e nell’operato delle Ong. D'ora in avanti agiremo in sede legale contro chi ci attacca in maniera ingiustificata e usando terminologie accusatorie irresponsabili". L'intervento della portavoce dell'Associazione delle Organizzazioni Italiane di Cooperazione e Solidarietà Internazionale (Aoi)

di Silvia Stilli

Cosa fanno le Ong? Salvano vite nei conflitti e nelle emergenze di ogni genere, ma anche nella quotidianità, contrastando la fame, le pandemie e le tante povertà; si impegnano alla costruzione di un mondo più giusto e sostenibile con i loro progetti; tutelano i diritti umani e difendono chi si batte per affermarne e pretenderne la centralità a rischio della propria esistenza; creano una coscienza consapevole diffusa di cittadinanza globale; offrono alle giovani generazioni la speranza in un futuro creando occasioni di volontariato internazionale. Fanno tutto questo nei luoghi ove la fragilità è evidente e le emergenze sono drammatiche: nei Paesi resi poveri e insanguinati dalle guerre, ma anche laddove ce ne sia necessità in questa parte più fortunata del globo. Lo ha dimostrato l’impegno delle Ong in Italia nei periodi duri dell’epidemia Covid-19, a fianco del Terzo Settore, della Protezione Civile e delle istituzioni locali, mettendo a disposizione competenze acquisite in aree di pandemia nel mondo sia nel settore sanitario che in quello sociale ed educativo. La memoria è corta, ahimè. In verità, per alcuni media e parte del mondo politico del nostro Paese le Ong rappresentano purtroppo il patetico Buonismo. Se va bene, altrimenti sono pensati come soggetti profit mascherati abilmente da enti non profit per non pagare le tasse, con conti nelle Isole Cayman, arricchitisi sfruttando appunto i drammi umani.

Nel 2017 venne coniato il termine "Taxi del Mare" per le Ong attive nei salvataggi dei disperati dei barconi dei trafficanti nel Mediterraneo: lo utilizzò per la prima volta l’allora Vice Presidente della Camera dei Deputati Luigi Di Maio, poi divenuto Ministro degli Esteri nel secondo Governo Conte, in coalizione con il Partito Democratico. Marco Minniti, ministro del PD al Dicastero dell’Interno dal 2016 al 2018 nel governo presieduto da Paolo Gentiloni, fu l’ideatore del Codice di Condotta per le navi delle Ong impegnate nel soccorso in mare, il SAR (Search and Rescue): il primo tentativo di regolarizzare l’aiuto umanitario in Italia con misure stringenti e punitive in contraddizione con il Diritto Internazionale. Con Matteo Salvini, seguente Ministro dell’Interno, le misure si sono ancor più inasprite: sequestri delle navi del soccorso, sanzioni, denunce e processi, ma, con grande dispiacere dei persecutori istituzionali e mediatici, di fatto non vi fu condanna alle Ong e invece arrivarono i richiami internazionali per l’Italia.

Perché la ragione dell’aiuto umanitario è ancora difesa da codici del diritto internazionale che nessuna legge nazionale può cancellare. E credo ottimisticamente che anche il ritocco al codice di condotta per le Ong approvato dal Consiglio dei Ministri sia fortemente (e giustamente) contestabile dal punto di vista del rispetto del diritto internazionale.

Le Ong nel mondo, sia che si tratti di aiuto umanitario che di solidarietà e cooperazione internazionale, operano sulla base delle normative della Croce Rossa Internazionale, dell’Unhcr, delle altre Agenzie Umanitarie e in base alle regole e alle convezioni in cui è declinata negli anni la Dichiarazione Universale Onu dei Diritti dell’Uomo. Le Ong italiane sono tra le più controllate e verificate nel contesto internazionale: a livello finanziario, contabile e amministrativo, procedurale nella selezione e gestione del personale e di volontarie e volontari, nella verifica dell’impatto economico, sociale e ambientale delle loro attività e dei loro progetti. Lo sono rispetto alla legge, i decreti e gli strumenti messi in essere dalla L.125/2014 sulla cooperazione internazionale allo sviluppo, così come lo sono la maggior parte in quanto ETS (Enti di Terzo Settore) iscritti al Registro e normati rispetto al Codice del Terzo Settore del D.lgs 117/2017. Quindi, basta attacchi sui possibili conti aperti nei paradisi fiscali (qualche giornalista ha anche avanzato recentemente questa ipotesi, senza prove peraltro), basta allusioni alla scarsa trasparenza nella gestione della raccolta dei fondi privati e dei contributi pubblici, basta accuse di collusione con la politica corrotta, come avvenuto per il Qatar-Maroccogate. Su questo ultimo punto, l’organizzazione privata fondata dall’inquisito ex-europarlamentare Antonio Panzeri, “Fight Impunity”, non è un’ Ong italiana e, a dire il vero, è altro da un’Ong di cooperazione internazionale, perché si è occupata esclusivamente di lobbing ed advocacy.

Ripeto: basta accuse infondate. Le istituzioni italiane hanno gli strumenti per verificare il livello di trasparenza nei conti e nell’operato delle Ong. Budget e bilanci sociali inoltre sono pubblicati nei siti delle organizzazioni. Il reiterarsi dell’attenzione mediatica e politica al lavoro delle organizzazioni umanitarie non profit si collega all’evoluzione dei contesti temporali: occorre prestarci attenzione. Ogni volta che si parla di sicurezza, ecco arrivare la mannaia sulle Ong che soccorrono i migranti. Perché, come per questo Codice sul SAR appena prodotto, la sicurezza principale è garantita nel nostro Paese dalla risposta all’emergenza migranti. Sembrano davvero non esistere altre problematicità. L’esecutivo di Giorgia Meloni in questi giorni avrebbe dovuto presentare un Decreto sulla Sicurezza che tenesse dentro più emergenze, tra cui la violenza domestica, che non mi pare un problema legato alla presenza migratoria o la baby gang. Non è un mistero, con dovizia di particolari i media lo stanno raccontando, che non vi è stato accordo unanime della maggioranza su tutti i procedimenti presentati. Ancora una volta, quindi, l’attenzione dell’opinione pubblica è stata spostata sulle Ong, pull factor dell’arrivo del pericoloso straniero. La questione migratoria è un tema con cui tutti i partiti politici e i governi di differente anima e colore in Italia hanno dovuto fare i conti, ma temo con un approccio culturale sbagliato, da cui sono conseguite scelte altrettanto sbagliate. Premessa necessaria: le organizzazioni sociali impegnate nell’asilo e nell’accoglienza di persone profughe e rifugiate e nell’aiuto umanitario per mare e terra hanno sempre ufficialmente sostenuto le istituzioni italiane nella richiesta di una politica europea sul tema migratorio che, rivedendo il Trattato di Dublino, definisca in maniera equa le quote per Paese e responsabilizzi tutti i governi dell’Unione. Questo è un punto importante. Affrontare in maniera autorevole ed efficace nei risultati il tema delle migrazioni, via mare nel Mediterraneo e via terra nei corridoi danubiani e balcanici, significa ripensare la politica estera dell’Europa.

Per la Libia la situazione è veramente grave: i respingimenti dei migranti nel Mediterraneo avvengono con il concorso della Guardia Costiera libica, che li consegna alle forze dell’ordine di un Paese ancora di fatto in guerra civile: milizie non rispondenti ad un unico comando, che chiudono i migranti nei campi di detenzione dove si muore di torture e malattie. Alla Libia il nostro Paese fornisce autovedette e imbarcazioni e sistemi di controllo del transito delle acque territoriali. Ebbene, mi pare che non si ci sia memoria, lo dico alla stampa e ai media in genere, che la Corte Europea per i Diritti Umani di Strasburgo aveva già condannato l’Italia nel 2012, in nome della violazione dell’art. 3 della Convenzione, per i respingimenti verso la Libia (24 persone, caso Hirsi del 2009). Questo excursus di azioni o non azioni che le Ong contestano nel nome dei diritti umani basilari sono state portate avanti da governi di differente indirizzo politico fino ad oggi. Vi è una responsabilità trasversale quindi. Le istituzioni del nostro Paese si indignano (giustamente, lo sottolineo) per i respingimenti dei francesi alla frontiera di Ventimiglia di genti in fuga per ricongiungimenti familiari o per una speranza di vita, ma non si fanno scrupolo di limitare l’asilo e non battono ciglio per i1.400 morti nel Mediterraneo centrale del 2022.

Senza addentrarmi troppo nell’analisi del Codice di Condotta per le Ong del SAR, approvato fresco fresco proprio ieri dal nostro Consiglio dei Ministri. Mi basta riflettere sulla misura relativa alla regolamentazione temporale delle regole del soccorso. Nel nuovo Decreto si evidenzia una contraddizione: come imposto nelle Convenzioni internazionali di Diritto del mare e nello stesso Regolamento Frontex del 2014, si riconosce il carattere inoffensivo dell’attraversamento delle acque territoriali del nostro Paese per salvataggio e sbarco delle persone salvate nel Mediterraneo. Qui si smentisce, quindi, quanto invece nel passato voluto dal Ministro dell’Interno Salvini. Poi però ecco la norma che vieta il soccorso plurimo, perché la nave deve subito senza indugio procedere a raggiungere il porto assegnato, evitando ulteriori distrazioni. Quindi, non si possono salvare altre persone nel tragitto. Come dire ad un’autoambulanza che deve raccogliere solo i feriti del primo turno e poi fermarsi per un po' in garage, anche se vi sono emergenze gravi. Si vede morire in acqua senza poter fare nulla. Lo ripeto, questo è in totale spregio ai Codici del mare e ad ogni Convenzione per i Diritti Umani. La scelta selettiva alla base dell’aiuto, roba da folli.

Nei giorni scorsi le navi del Soccorso hanno avuti assegnati porti per gli sbarchi bel lontani dal luogo del salvataggio, addirittura portandole a circumnavigare la penisola, passando dal Tirreno all’Adriatico. Incredibile, questo è avvenuto con neonati e persone malate a bordo. Mi fermo qui. Altre voci più autorevoli di me potranno entrare nel merito di questa norma appena venuta alla luce, ahimè non certo generata nel nome della Pace e della Misericordia, come il Gesù dei Cristiani pretende giustamente. Lo dico a questo Governo, che si richiama, a partire dalla sua carica apicale, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ai principi della famiglia, dei sani valori cattolici etc …

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha riconosciuto il valore sociale alle Ong, ricordandolo in vari interventi pubblici, anche di recente. Perciò spero che nella lettura del codice di condotta del SAR possa rilevare le contraddizioni e i pericoli per l’agire umanitario. Le Ong italiane aderenti all’AOI (ong@ong.it), durante l’Assemblea del 20 dicembre scorso, hanno ribadito la volontà di rafforzare il sostegno alle organizzazioni socie impegnate nel SAR direttamente o nelle operazioni umanitarie di sbarco. Gli organismi di AOI hanno anche deciso di intraprendere eventuali azioni legali di autotutela rivolte alle testate giornalistiche (dalla carta stampata alla diffusione online, radiofonica e televisiva) che in questo periodo hanno attaccato in maniera ingiustificata e usando terminologie accusatorie irresponsabili il mondo delle Ong o hanno espresso pubblicamente giudizi pesanti sul loro operato, peraltro non supportati da prove testimoniali e fonti certe. Lo faremo insieme alle altre organizzazioni, anche non associate, che si occupano di soccorso in mare e a quelle realtà di rappresentanza di settore che lo riterranno importante.

Se pure la nostra solitudine ci rende oggi soggetti più vulnerabili, sono convinta dell’autorevolezza dell’unitarietà nell’azione che AOI ha scelto e apre al settore e oltre, nella quale ripongo speranze di crescita nella coesione e nel rafforzamento reciproco. L’opinione pubblica è fatta di cittadine e cittadini che sono in grado di capire le ragioni del fare bene il bene: occorre saperle comunicare, agire sempre in totale trasparenza, ma anche difendere queste ragioni per garantire un futuro all’umanità.

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