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Ong come pull factor? Una bufala. Lo prova il decreto Piantedosi

Mentre le navi umanitarie erano distanti dalla zona Sar perché impegnate in sbarchi in porti lontani e impossibilitate a fare più di un soccorso a viaggio come prescritto dalla norma voluta del ministro dell'Interno, oltre 3mila persone in 48 ore sono arrivate a Lampedusa su piccole imbarcazioni di fortuna. Un numero mai visto negli ultimi anni. Risultato? A fine 2022 il numero degli arrivi in Italia da parte di navi Ong equivaleva al 13-14% degli ingressi, adesso non raggiunge neanche il 10%

di Alessandro Puglia

Partenze di barconi colmi di migranti come se fosse estate, morti e dispersi a largo delle coste libiche e zone di ricerche e soccorso dove le navi delle Ong continuano ad essere ostacolate, con poche decine di naufraghi, mentre a Lampedusa in sole 48 ore ne arrivano quasi 3mila.

I primi effetti del decreto “Piantedosi” che obbliga le navi della società civile a non effettuare soccorsi “multipli” e a raggiungere luoghi d’approdo nel Centro e nel Nord Italia stando cosìmolti tempo lontano dall'area di soccorso, sono tutti nei numeri. Se a fine 2022 gli arrivi in Italia da parte delle navi Ong si aggiravano al 13-14%, il 2023 sarà inevitabilmente caratterizzato da un aumento degli sbarchi spontanei sull’isola di Lampedusa.

Secondo il report statistico del ministero dell’Interno dall’inizio dell’anno in Italia sono sbarcati 9.254 migranti contro i 4.263 dell’anno scorso. Nei dati pubblici del Ministero da anni non appaiono i dati relativi al numero dei migranti arrivati nei rispettivi porti italiani. Ma se andiamo ad analizzare gli sbarchi delle singole Ong nell’ultima settimana vediamo che a ad Ancona sono arrivati in 48 dalla nave Geo Barents di Medici Senza Frontiere, 84 a Ravenna soccorsi dalla Ocean Viking, in 156 a Civitavecchia dalla nave LifeSupport di Emergency: 288 migranti contro i circa 3mila arrivati autonomamente a Lampedusa in 48 ore, cioè gli sbarchi da navi Ong non arrivano a rappresentare neanche il 10 % el totale degli arrivi. Un effetto paradossale proprio del decreto Piantedosi, che di fatto diventa la prova provata (l'ennesima, non ce ne sarebbe stato il bisogno) che le navi umanitarie non costituiscono alcun pull factor di attrazione dei migranti che invece in questi giorni stanno partendo in massa in ragione delle condizioni del mare particolarmente favorevoli.

Nel Mediterraneo centrale nel frattempo si continua a morire, dopo i 73 migranti morti nel naufragio del 15 febbraio a largo delle coste libiche, con undici dei corpi ritrovati nella spiaggia di Qaser Alkaya, a Lampedusa è stato recuperato il corpo di un migrante senza testa che stando alle prime ricostruzioni era in avanzato stato di decomposizione e non si riusciva a distinguere neanche il sesso.

Oggi ancora altri morti, una donna in un naufragio dopo che un’imbarcazione si è ribaltata, e ancora un’altra donna ivoriana morta all’interno dell’hotspot di Contrada Imbriacola. Si tratta del terzo caso nella struttura in tre mesi, dopo la morte di una bimba di cinque mesi il 5 dicembre, un ragazzo ventisettenne del Bangladesh il 13 gennaio e la donna della Costa d’Avorio morta tra il 17 e il 18 febbraio. Sulla morte della donna la Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta.

«Le condizioni del mare favorevoli stanno facendo registrare un aumento delle partenze dalla Libia e dalla Tunisia. La terza morte all’interno del centro non sorprende perché davanti agli arrivi si ha oggi un approccio di ordine pubblico e non umanitario”, racconta Giovanni D’Ambrosio, operatore di Mediterranean Hope, il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia.

«Quando stanotte abbiamo visto i superstiti del naufragio, stremati e tremanti, non abbiamo avuto neanche il tempo di poter distribuire il tè caldo a tutti. Ci siamo chiesti: e ora dove vanno tutte queste persone di notte? In una struttura dove ci sono già oltre duemila persone? Questo è il risultato di precise politiche migratorie, è frustrante» conclude l’operatore di Mediterranean Hope. Altro che pull factor.

Qui un tweet di Matteo Villa, ricercatore Ispi, chiarissimo

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