La corsa delle ONG ai finanziamenti del MAE per progetti da esse promossi sembra in continua crescita. A chiusura del secondo “bando” del Ministero Affari Esteri risultano pervenute 251 domande di contributo delle quali 239 ritenute ammissibili al finanziamento. Un numero decisamente superiore a quello registrato nello scorso 2013, quando i progetti presentati furono 181 dei quali 133 ammissibili.
Due le interpretazioni possibili: una rinnovata speranza e un rilancio di fiducia nelle opportunità offerte dal MAE, oppure una ormai consolidatasi tendenza a rincorrere i finanziamenti laddove disponibili al di là di strategie programmate, di policies coerenti e di veritiere relazioni di partenariato con le popolazioni dei Sud del mondo. Forse entrambe.
Infatti, le disponibilità e le condizionalità recentemente imposte dalla Farnesina sono più costringenti se confrontate al recente passato: gli stanziamenti per questo bando ammontano a 15 milioni di Euro a fronte dei 23,5 disponibili nel 2013; la scelta di Paesi prioritari nei quali concentrare le attività della cooperazione italiana, scelta recentemente imposta anche alla progettualità delle ONG con l’evidente rischio di condizionare la loro autonomia progettuale, portano a non escludere la possibilità che la drammatica situazione delle casse di molte ONG le condizioni a orientare le proprie scelte nella scia dei finanziamenti pubblici.
La tecnica della “roulette”, ovvero tento sperando nella buona sorte, aggravata dalle nuove procedure del MAE che prevedono il finanziamento “per bandi”, con il rischio di operare a prescindere da rapporti di continuità e relazioni durature con i partner locali dato il possibile avvicendamento in tempi successivi di soggetti diversi nel medesimo contesto, potrebbero condurre ad una pericolosa strumentalizzazione delle relazioni di prossimità fondamento di ogni buona cooperazione.
Con la riconferma dell’on. Lapo Pistelli a Vice Ministro con delega alla cooperazione nel Governo Renzi, e con la conseguente maggior probabilità di prosieguo dell’iter di riforma della legge di cooperazione, sarebbe cosa buona e giusta riprendere in considerazione anche queste situazioni. Soprattutto da parte delle ONG per una buona volta mettere a punto nuove strategie che ne preservino le caratteristiche originarie e re-istaurino nel nostro Paese rapporti virtuosi tra pubblica amministrazione e società civile. Non per buonismo, ne per populismo. Convinti, al contrario, che da questo rapporto dipendono in buona parte gli esiti delle politiche e delle attività di cooperazione allo sviluppo di un Paese. Parola di Nazioni Unite.
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