Non profit

Onepercent law: l’Italia buon’ultima

In Europa in 12 Paesi è già legge. Ungheria la prima

di Valerio Melandri

Tamás Bauer, economista e parlamentare ungherese, è probabilmente il padre del meccanismo del 5 per mille. Nel 1996 dai banchi del parlamento egli si chiede infatti «come è possibile che siano i cittadini a decidere quali sono le organizzazioni meritevoli di sostegno e quali non lo sono?». È così nel 1996 l’Ungheria è il primo Paese europeo a introdurre una legge che permette a tutti i cittadini di allocare l’1% delle tasse personali ad una organizzazione non profit. Molti altri Paesi dell’Europa dell’Est (Slovacchia, Lituania, Polonia, Romania) seguono il modello ungherese.
E dopo questi primi 5 Paesi, altre 12 nazioni oggi in Europa hanno introdotto leggi che sono nel gergo definite le «onepercent law» ovvero le «leggi dell’un per cento», leggi che permettono di destinare parte delle proprie tasse personali direttamente ad un beneficiario non profit.
Sono stati quindi gli ex Paesi comunisti a iniziare questa pratica di sussidiarietà e di liberismo economico, innanzitutto allo scopo di trovare nuove risorse economiche per le organizzazioni non profit, ma anche perché volevano, si legge nella relazione accompagnatoria del dibattito parlmentare, «dare un peso e una visibilità al settore non profit invisibile fino a quel momento? educare alla conoscenza del mondo non profit i cittadini del nostro Paese».
In alcuni casi la «onepercent law» prevede una percentuale inferiore all’1% (come in Italia), in alcuni casi è superiore, come in Lituania che prevede il 2%, ma le normative «onepercent» sono meccanismi simili e decisamente diffusi in tutta Europa.
In alcuni Paesi anche le imprese, oltre che le persone fisiche, possono destinare il loro «onepercent» ad una determinata organizzazione non profit.
In altre nazioni, invece, si può separare la devoluzione, ovvero si può destinare una parte del proprio 5 per mille ad un’organizzazione e una parte ad un altro (fino a 5 organizzazioni in Slovenia). In alcuni Stati è persino possibile avere i nomi di coloro che hanno fatto la scelta e sapere per chi l’hanno fatta.
Ma pur nella diversità dei meccanismi e della regolamentazione, da un’analisi meno che superficiale tre cose emergono chiaramente:
? 1. È un meccanismo diffuso e in crescita: già 12 Paesi europei usano questo meccanismo ma altre nazioni (Bulgaria, Svizzera, Russia, Norvegia, Finlandia, Cipro) ci stanno lavorando proprio in questi mesi. ? 2. È un meccanismo che “fa crescere” le donazioni. Da parecchi studi emerge che in tutti i Paesi dove è stata introdotta una legge «onepercent» la percentuale di donatori e la media di donazioni per ciascun donatore è aumentata. I dati quindi dimostrano che la possibilità di destinare direttamente una parte delle proprie tasse non cannibalizza la donazione vera e propria, ma anzi la incentiva. Chi dona per il 5 per mille, è migliore donatore anche fuori dal 5 per mille. ? 3. Tranne che in Italia – dove la legge è parte della legge finanziaria annuale e viene prevista anno per anno – in tutta Europa è una legge stabile.Vale la pena quindi fare un giro in Europa per capire che tipo di normativa i nostri vicini di casa hanno sulle «onepercent law». Vale la pena andare a capire meglio perché e come funziona negli altri Paesi. Perché possiamo avere dei termini di paragone e magari farci venire qualche idea su come migliorare il nostro 5 per mille.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.