Welfare

Oltre il titolo di studio: le soft skill modelleranno il futuro del lavoro

Il titolo di studio e le hard skill non basteranno più, spiegano dal World Economic Forum. Le aziende richiedono abilità di problem solving, attenzione ai dettagli e capacità di apprendimento continue, anche senza il "pezzo di carta"

di Redazione

La laurea non è più una garanzia di successo nel mondo del lavoro. Servono anche competenze trasversali, che non sempre sono certificabili in un titolo di studio accademico. Lo dimostrano le ultime assunzioni fatte da Google, Ernst & Young e Ibm, che si sono aperte anche a candidati senza un certificato accademico. E non sono le sole: anche Apple, Starbucks e altre aziende americane hanno cominciato a capire che serve diversificare la forza lavoro. «Quando guardi le persone che non vanno a scuola e si fanno strada nel mondo, ti rendi conto che sono esseri umani eccezionali. E dovremmo fare tutto il possibile per trovare quelle persone», ha affermato Laszlo Bock, ex vicepresidente senior di Google per le risorse umane.

Un passaggio decisivo, che risponde al mondo in rapido cambiamento soprattutto dopo la pandemia da Covid-19. Per far fronte a shock repentini e improvvisi, servono grandi capacità di problem solving e abilità di adattamento alla complessità. Non solo competenze tecniche e hard skill.

Secondo il World Economic Forum, nel prossimo decennio più di un miliardo di posti di lavoro saranno trasformati dalla tecnologia. Per questo molte aziende stanno aprendo sempre più posizioni nell’ambito dell’economia dei dati e dell’intelligenza artificiale, oltre a quelle nel campo dell’ingegneria, del cloud computing e dello sviluppo dei prodotti. Tutti profili che, secondo il rapporto Jobs of Tomorrow del Forum, possono essere ricoperti anche da chi non ha una laurea.

«Il futuro del lavoro non avrà a che fare con la laurea, ma con le competenze», scrivono dal Forum. «Ora abbiamo l’opportunità di guidare coloro che non hanno una laurea verso carriere di successo e aumentare la diversità tra la nostra forza lavoro».

E se il Covid-19 ha evidenziato come coloro che rischiano di rimetterci di più siano proprio quelli senza titoli (negli Stati Uniti il 21% di coloro che non hanno un titolo di studio ha perso il lavoro, a fronte del solo 6% di coloro che invece possiedono un certificato accademico), l’accelerazione digitale impressa dalla pandemia ha dimostrato però come sia necessario aprirsi anche un mondo di persone con conoscenze olistiche e capacità di apprendimento che vadano anche oltre il puro e semplice titolo di studio.

Il futuro del lavoro non avrà a che fare con la laurea, ma con le competenze

«Il futuro del lavoro non riguarderà solo le hard skill; si tratterà di abilità lavorative olistiche», spiegano. «Quando si tratta di competenze, i datori di lavoro cercano qualcosa di più delle semplici competenze orientate alle tecniche. Le aziende richiedono persone con un occhio per i dettagli, capacità creative di problem solving, una mentalità collaborativa e l’abilità di affrontare ambiguità e complessità. Anche queste sono capacità che possono essere apprese, spesso con programmi specifici».

Man mano che i confini tra i ruoli aziendali convenzionali e le funzioni tecnologiche si confondono, «si verifica un incontro di compiti digitali e umani affrontati al meglio da persone con una mentalità più ampia e olistica», assicurano dal Forum. Questa evoluzione, continuano, «si è già vista nei talenti con background nel mondo delle arti. Spesso visti come dotati di conoscenze generaliste, rispetto agli assunti con background tecnico o Stem, la loro ampiezza di conoscenze spesso invece offre loro un netto vantaggio. Coloro che hanno qualifiche nel mondo umanistico sono anche in sintonia con l’apprendimento di molti argomenti nuovi e disparati, un altro vantaggio in un’epoca che richiede l’apprendimento permanente»…


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