Mondo
Oltre il Sudan, lUganda. 100mila morti dimenticati
Larcivescovo di Gulu squarcia il velo sul dramma del nord del Paese: "Qui è in corso una strage a opera di un esercito di bambini soldato". Intervista a John Baptist Odama.
In una regione di soli 27mila chilometri quadrati nel Nord dell?Uganda, falciata dall?Aids, dove la vita media sfiora i 40 anni, vive il popolo Acholi. Il popolo dei bambini soldato. Nel cuore dell?Africa, in un territorio non più grande di Piemonte e Valle d?Aosta messi insieme, in meno di vent?anni è stato versato il sangue di oltre 100mila civili, 80 catechisti e 15 missionari comboniani; 20mila bambini sono stati strappati alle loro famiglie, armati e aizzati a massacrare i loro padri e le loro madri, migliaia di persone sono sfollate e rifugiate in campi profughi. Tutte le missioni cattoliche sono state saccheggiate, bruciate, o rase al suolo.
Lì, al confine col Sudan musulmano, da diciotto anni si uccide più che in Iraq. Lontano dai riflettori dei media, in una guerra che non interessa a nessuno, ma che conta decine di migliaia di morti, i soldati governativi combattono contro un esercito spietato di ribelli, formato al 90% da bambini Acholi al di sotto dei quattordici anni, costretti ad arruolarsi nelle fila dell?Lra (Esercito di Resistenza del Signore) capitanato da Joseph Koni, un fanatico religioso che intende sostituire alla vigente costituzione ugandese i dieci comandamenti dell?Antico Testamento.
John Baptist Odama, 57 anni, arcivescovo della diocesi di Gulu, sta girando il mondo per cercare di sensibilizzare la gente e le istituzioni sulla tragedia del proprio popolo. A Bologna, dove è stato invitato dal Centro universitario Donati di don Tullio Contiero, quest?uomo capace di riunire cattolici, ortodossi, anglicani, musulmani in un cartello multireligioso, l?Arlpi (Acholi Religious Leader?s Peace Initiative), per tentare una mediazione tra governo e ribelli, ci ha parlato del suo Paese e della sua gente.
Vita: Possibile che l?Uganda, che ha combattuto guerre in Ruanda, Burundi, Sudan, Congo, e che era disponibile a inviare truppe anche in Iraq, non sia in grado di fermare i ribelli in casa sua?
John Baptist Odama: Al presidente Museveni manca la volontà di fermare questa guerra. In questi anni si è prodigato soltanto a militarizzare il Paese, a inviare soldati ovunque ci fosse da combattere. Figurarsi se non può fermare squadroni di bambini, non addestrati, non militarizzati. Semplicemente, non vuole farlo.
Vita: L?Lra ha l?obiettivo di far cadere Museveni?
Odama: Si direbbe invece che le due parti servano l?una all?altra, anche se non è chiaro chi sia il regista.
Vita: Soroti, Gulu, Kitgum, Pader, Lira: come vive, un bambino, in questi distretti dell?Uganda del Nord?
Odama: I nostri figli vivono nel terrore. Un?intera generazione è stata annientata. Ogni sera, prima che faccia buio, file lunghissime di bambini sciamano a migliaia nei grandi centri abitati, per sfuggire alle rappresaglie dell?Lra, per nascondersi a chi li vuole catturare, armare e mandare a combattere.
Vita: Cosa si può fare, per porre fine al massacro?
Odama: Non serve un intervento militare, è da diciotto anni che si usano le armi e non si è ancora approdati a nulla. Servono invece una soluzione politica e un intervento diplomatico. Le Nazioni Unite inviano osservatori che, per l?appunto, osservano, si fermano qualche tempo e scrivono rapporti, ma si è ben lontani dal proporre una soluzione. Noi, a livello locale abbiamo fatto tutto il possibile, ora serve una forte pressione dall?esterno. L?Europa si sta muovendo, ma il resto del mondo tace. Per questo sono qui, per fare sapere al mondo quello che succede, per dire alle organizzazioni occidentali che si occupano di bambini: fate qualcosa.
Vita: Crede che il conflitto in Uganda sia un caso a sé, o è necessario tentare di risolverlo considerando la situazione complessiva di quella parte dell?Africa?
Odama: L?Uganda è strettamente legata ai conflitti della zona dei Grandi Laghi, pertanto credo anch?io che serva una pressione internazionale su più fronti, per riportare ordine e pace nel nostro Paese.
Vita: Le organizzazioni non governative sono una risorsa per la vostra gente?
Odama: Negli ultimi anni c?è stato un proliferare di ong, locali e internazionali, soprattutto nel Nord. Gestiscono molti soldi, ma non posso dire se vanno veramente ai bambini. So però che in certe situazioni quei soldi sono serviti a finanziare le campagne elettorali di Museveni. Voglio dire che in certi casi le ong non hanno avuto sufficiente autonomia politica. Si è anche scoperto che parte degli aiuti alimentari destinati alla gente dei campi rifugiati veniva distribuita all?esercito? Certamente, Unicef, Terre des Hommes, Save the Children e le altre organizzazioni che si occupano di infanzia hanno fatto qualcosa, ma non abbastanza. C?è molto da fare, tra la nostra gente, sull?educazione dei giovani, in campo sanitario, per il recupero dei bambini che hanno subito la violenza di essere armati e che hanno dovuto uccidere. Occorrono libertà e coraggio, per aiutarli.
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