Salute

Oltre il flop di Vaxgen. Al via il vaccino combinato di Italia e Usa

Si basa sulle proteine scoperte da Barbara Ensoli e dall’azienda Chiron. La sperimentazione deve partire entro marzo. Ma la burocrazia frena.

di Emanuela Citterio

Fallimento: prevedibile. Risultati: tutt?altro che da buttare. Donato Greco, direttore del Laboratorio di epidemiologia e biostatistica dell?Iss, l?Istituto superiore di sanità, commenta così l?esito della sperimentazione del primo vaccino preventivo contro l?Aids prodotto dalla compagnia californiana Vaxgen. Il professore non è affatto stupito per il fallimento del vaccino, annunciato dalla stessa Vaxgen. “Gli inglesi, quando si parla del vaccino contro l?Aids, usano l?espressione to shoot in the dark, sparare nel buio. È questo che si sta facendo dall?87, quando è iniziata la ricerca. In 15 anni di lavoro non abbiamo ancora in mano niente. I vaccini sperimentati finora hanno ridotto l?infezione solo del 3-4 %. In pratica, un gran fallimento”.
Vaxgen non è l?unico vaccino a essere in fase avanzata di sperimentazione . Ce ne sono almeno una trentina, e altri stanno per raggiungere la fase tre di sperimentazione, quella su un ampio campione di individui, sia sieropositivi che sieronegativi. Secondo l?Iss i vaccini finora sperimentati hanno dato risultati deludenti per il fatto che sono state usate proteine virali strutturali estremamente variabili nei ceppi virali di continenti e Paesi diversi.
“Il fallimento globale del vaccino, la comunità scientifica se lo aspettava” afferma Donato Greco. “Ma i risultati particolari sono contraddittori e ancora tutti da studiare. La ricerca andrà avanti, anche grazie a questo primo passo”. L?Iss sta tentando strade diverse per battere il virus. “Sta per diventare operativo il progetto di un vaccino combinato, grazie a un patto tra l?Istituto e la Chiron Corporation”, annuncia Greco. “Le proteine su cui si basano i vaccini hanno lo scopo di provocare un?immunità al virus, che finora però è risultata flebile e instabile. I vaccini combinati potrebbero provocare una risposta immunitaria più forte sfruttando vettori virali diversi”.
Ma chi sono i protagonisti di questa nuova via, che verrà sperimenta prima in Italia e in una fase successiva anche in Africa? L?Istituto superiore della sanità è all?avanguardia nella ricerca del vaccino anti Aids grazie al gruppo di lavoro guidato dalla dottoressa Barbara Ensoli, che ha individuato nella proteina Tat una via per bloccare la replicazione del virus. La Chiron Corporation è un?azienda biotecnologica californiana con due dei suoi principali centri operativi in Italia, a Siena e Rosia (sempre nel senese). Il nuovo vaccino sarà la combinazione di quello prodotto dall?équipe di Barbara Ensoli, basato sulla proteina Tat, e di quello basato sulle proteine Gag ed Env, messo a punto dalla Chiron. La sua produzione sarà finanziata in eguale misura dall?azienda biotec e dal ministero della Sanità con oltre 12 milioni di euro.
Dal Centro operativo Aids confermano che tutto è pronto per la sperimentazione, sia del vaccino della Ensoli che del vaccino combinato. Ma negli ultimi tre anni i tempi sono continuamente slittati. Nel marzo 2000, quando è stata istituita la commissione nazionale per dare il via alla sperimentazione, il vaccino italiano sembrava ai nastri di partenza. Dopo un?attesa di due anni, la sperimentazione sull?uomo è stata annunciata prima per l?autunno del 2002, poi entro marzo 2003. E ora rischia di slittare ancora. “Gli ostacoli sono a livello sia di burocrazia che di finanziamenti”, dice Greco. “L?accordo con un ente privato di ricerca potrebbe velocizzare i tempi”.

130 euro per una vita
Tiyajane, l?unica figlia di Grace Matnanga, è morta che aveva 3 anni. Di Aids, contratto dalla madre al momento del parto. Un?eredità pesantissima che oggi si può combattere, come dimostrano gli oltre 100 neonati che il Cesvi ha salvato dal 2001 a oggi in Zimbabwe. Come? Facendo il test dell?Hiv alle donne incinte, somministrando alle mamme e ai loro figli il farmaco Nevirapina che, in molti casi, blocca la trasmissione del virus, nutrendo con latte artificiale il bimbo fino al compimento dell?anno. Un intervento prezioso che l?ong di Bergamo oggi porta avanti in 10 ospedali dello Zimbabwe. Il costo di questi interventi salvavita? Per salvare un neonato dello Zimbabwe bastano 130 euro. E per donare questa cifra all?ong basta un clic sul sito Internet:
www.cesvi.org

Dominique Corti: la lotta all?Aids venduta ai privati
“Quando è stato annunciato l?avvio della sperimentazione, ho detto che ci sarebbero voluti almeno dieci anni per vedere i risultati. Mi hanno risposto che esageravo, ma si sa che per questo tipo di ricerca i tempi sono lunghi”. Non si illude Dominique Corti, medico e protagonista di una delle esperienze più interessanti di volontariato sanitario in Africa. Il Saint Mary?s Lacor Hospital in Uganda è nato dalla tenacia dei genitori di Dominique, Piero e Lucille. Dal 1993, l?ospedale fondato dai coniugi Corti è sostenuto dall?Istituto superiore della sanità nell?ambito di un progetto di ricerca e lotta all?Aids. “Siamo preoccupati per i continui tagli alla ricerca governativa”, confida Dominique. “Si va sempre di più verso la partnership con aziende private. Ma l?industria ha i suoi interessi, e in settori così delicati, come quello della lotta all?Aids, è importante mantenere fermo il ruolo dei governi”.
Quest?anno, per la ricerca e la lotta all?Aids, il governo italiano ha annunciato uno stanziamento di 10 milioni di euro. “Si tratta di una cifra minima”, assicura Gianni Rezza, direttore del Centro operativo Aids dell?Istituto superiore di sanità. “Il problema è che per i vaccini ci sono meno fondi privati a disposizione, perché le grosse aziende hanno più interesse a investire nella ricerca sui farmaci”. In Uganda a fare da partner ai governi c?è anche il non profit. A metà febbraio è partita la sperimentazione di un vaccino frutto di una collaborazione fra il governo ugandese e una organizzazione internazionale non profit: l?Iniziativa mondiale per il vaccino Aids (Iavi).
Si tratta di un vaccino anglo-keniota, nato dalla collaborazione fra l?Università di Nairobi (Kenya) e il Medical research council dell?Università di Oxford. La Iavi, nel suo sito, sottolinea che il vaccino è stato prodotto a partire dal ceppo A del virus, il più comune in Uganda. La sottolineatura è importante, soprattutto dopo le polemiche che hanno accompagnato la sperimentazione del vaccino dell?Istituto Pasteur di Parigi, conclusasi proprio in Uganda lo scorso anno. Il vaccino era ?su misura? del ceppo B del virus, diffuso in Europa e in Nord America, ma quasi assente in Africa. “I soldi sono in Occidente e il bisogno è in Africa”, dice Dominique Corti. “È un dato di fatto”.

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