Welfare

Ogni mese mille detenuti in più

Già oggi le presenze superano di quasi 12mila unità i posti letto regolamentari. E i neonati dietro le sbarre ormai sono 70

di Redazione

L’associazione Antigone ha presentato il suo V Rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia. Eccone una sintesi ragionata nodo per nodo

Sovraffollamento
I detenuti sono oggi 54.605. I posti letto regolamentari sono 42.890. Vi sono 11.715 persone in più rispetto ai posti letto disponibili. Il 31 dicembre del 2007 i detenuti erano 48.693. In sei mesi sono cresciuti di poco meno di 6 mila unità. Mille detenuti in più al mese. Erano 39.005 il 31 dicembre del 2006. Per tutto il 2007 il tasso di crescita mensile è stato di 807 detenuti. Il 31 dicembre del 2005, ossia sette mesi prima dell’approvazione dell’indulto, la popolazione detenuta ammontava a 59.523 unità. Si consideri che il 31 dicembre del 2001 i reclusi erano 55.275. Il tasso di crescita nel quadriennio del primo governo Berlusconi (2001-2005) è stato quindi di circa mille unità l’anno. Il 31 dicembre del 1996 i detenuti erano 47.709. Nei cinque anni di governo del centro-sinistra i detenuti sono cresciuti di poco più di 1500 unità l’anno. L’aumento progressivo del tasso di crescita carcerario è l’effetto di due leggi: la ex Cirielli sulla recidiva e la Bossi-Fini sull’immigrazione. Leggi del 2005 e del 2002 che oggi iniziano a produrre i loro effetti inflattivi.
grave e preoccupante. 

Donne con e senza prole
Le donne sono 2.385 pari al 4,3% del totale. Una percentuale invariata nell’ultimo quindicennio e corrispondente ai tassi di detenzione femminile a livello europeo. Sono 68 le detenute madri e 70 i bambini di età inferiore ai tre anni reclusi con le mamme. 23 sono le donne in stato di gravidanza.

Stranieri
I detenuti stranieri sono 20.458 pari al 37,4% del totale della popolazione detenuta. Nel 2000, ossia prima dell’approvazione della legge Bossi-Fini, la percentuale era del 29,31%. Nel 1991 era del 15,13%. Il 21,9% proviene dal Marocco, il 13,6% dalla Romania, il 12,1% dall’Albania, l’11% dalla Tunisia. Il 29,1% ha commesso reati contro il patrimonio. Il 24,3% ha commesso reati in violazione della legge sugli stupefacenti. Lo 0,3% ha commesso un crimine di associazione a delinquere di stampo mafioso. Sono già 1873 gli stranieri in carcere per violazione della legge Bossi-Fini, ossia per irregolarità nell’ingresso in Italia.

Lavoro
I detenuti impiegati in una qualche attività lavorativa sono 13.326, pari al 27.4% della popolazione detenuta. Di questi, 11.717 (l’88%) lavorano alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria, mentre 1.609 (il 12%) lavorano per conto di imprese private. La qualifica dei lavoranti interni è poco professionalizzante: scopino, spesino, porta vitto, addetto mof, scrivano.  I lavoranti stranieri sono 4.579 (pari al 25.1% della popolazione straniera detenuta); la quasi totalità lavora alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria (4.286 persone, pari al 94% del totali degli stranieri lavoranti).

Formazione professionale

I corsi attivati a livello nazionale sono stati 556, per un totale di 6.465 detenuti coinvolti, pari al 13,3% dei presenti. A livello regionale emergono notevoli differenziazioni: se in Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Basilicata, la percentuale di detenuti iscritti è rispettivamente del 47.9, 42.0 e 40.5 (rispetto al totale dei detenuti presenti nelle singole regioni), in altre realtà, quali Puglia, Valle d’Aosta e Liguria, le percentuali sono, rispettivamente, del 7.9, 4.9 e 0.0. Le percentuali di detenuti stranieri iscritti ad un corso di formazione professionale sono molto inferiori rispetto alle percentuali complessive. Il caso più significativo è quello del Lazio, in cui i detenuti iscritti risultano pari al 9.2% dei presenti, ma gli stranieri sono soltanto il 3.7% del totale degli stranieri presenti. In Sicilia, dove il totale degli iscritti a un corso è pari al 18% del totale della popolazione detenuta, gli stranieri a cui è offerta tale opportunità sono soltanto il 9.6%. In Basilicata, infine, dove pure le percentuali di iscritti sono fra le più alte d’Italia (40.5%), gli stranieri coinvolti risultano soltanto il 26.2% del totale dei detenuti stranieri presenti nella regione. Quanto alla qualità dei corsi offerti e alle prospettive di effettivo reinserimento lavorativo fuori dal carcere che tali corsi aprono, in genere non si riscontrano legami con le richieste da parte del mondo del lavoro. Sono gli stessi operatori del trattamento a sottolineare spesso tale scollegamento e a parlare di intrattenimento più che di trattamento.

Istruzione
Molti istituti non dispongono di aule e spazi idonei alla didattica; gli orari della quotidianità detentiva (dove in genere si pranza alle 11.30 e si cena alle 17.00) sembrano incompatibili con i normali orari scolastici; carenze nell’organico della polizia penitenziaria rendono difficoltoso anche l’apparentemente semplice accompagnamento dei detenuti dalle celle alle aule di lezione; l’esistenza di circuiti rende difficoltosa l’organizzazione dei corsi e soprattutto la fruibilità da parte di tutti i detenuti. In particolare, la categoria delle donne sembra essere particolarmente svantaggiata da questa situazione. La maggior parte dei detenuti (34%) è in possesso di una licenza di scuola media inferiore; il 17% ha una licenza di scuola elementare; il 3.6% è privo di un qualunque titolo di studio e l’1.8% è analfabeta. Soltanto l’1.2% possiede un diploma di scuola professionale, il 4.8% un diploma di scuola superiore secondaria e lo 0.9% ha conseguito una laurea. Nel 36.6% dei casi, il dato relativo al grado di istruzione non è stato rilevato. Si tratta presumibilmente dei dati relativi a detenuti stranieri, per i quali spesso non è possibile appurare formalmente il livello di istruzione raggiunto.

Religione
Durante le visite si è riscontrato che in ogni istituto sono presenti un cappellano ed un locale adibito alle funzioni cattoliche, il cui svolgimento è garantito. Solo in sporadici casi è invece effettiva la possibilità di incontrare ministri di culto di altre religioni. E’ il caso ad esempio del carcere di Milano-Bollate, dove le attività religiose sono garantite per tutti i culti esistenti e accertati, sono presenti cappelle in ogni reparto, moschee nei reparti a prevalenza musulmana, attività gestite dai Testimoni di Geova e dalla Chiesa Evangelica Battista del Settimo Giorno.

Salute
A nove anni dalla riforma Bindi da poche settimane finalmente la sanità penitenziaria è di competenza delle regioni e quindi delle asl. Sono in via di trasferimento i rapporti di lavoro dipendente e quelli convenzionali. Le risorse strumentali e le attrezzature sono anch’esse in via di trasferimento alle A.S.L. entrando nel patrimonio delle stesse, mentre i locali sono concessi in uso gratuito. Le risorse finanziarie sono quantificate per il triennio 2008-2010 per le tre annualità in 157,8, 162,8 e 167,8 milioni di euro (art. 6); questi fondi sono ripartiti tra le Regioni destinatarie attraverso criteri stabiliti nella Conferenza Stato-Regioni.

Ospedali Psichiatrici Giudiziari
Condizioni di vita troppo dure, diversi casi di detenzione ingiustificata, eccessivo uso di letti di contenzione, strutture in alcuni casi sovraffollate e sporche. Gli internati sono 1.348, dei quali 98 donne. In tutti gli  Ospedali psichiatrici giudiziari italiani sono presenti una o più sale di coercizione, con letti con cinghie di cuoio e in alcuni casi un buco al centro per i bisogni fisici.  Il dato è preoccupante in sé perché la pratica della coercizione è di per sé una pratica violenta che costringe un soggetto con disagio mentale a essere legato al letto per un periodo di tempo indefinito. Preoccupa anche l’assenza di dati relativi ai tempi medi della coercizione. Di certo non mancano casi di internati costretti al letto di coercizione sino a 14 giorni di seguito. Non esiste però un protocollo unico di intervento, né un registro apposito che consenta di monitorare l’uso che viene fatto dalla pratica della coercizione, né è possibile stabile in che misura abbia una efficacia terapeutica e in quale sia invece uno strumento di mero contenimento fisico. In media almeno un internato su sei ha conosciuto l’esperienza, terribile, della coercizione. Un dato sottostimato se consideriamo che non disponiamo dei dati relativi a Napoli e ad Aversa. Pertanto, esclusi questi ultimi due, sono 195 i soggetti coerciti. A Reggio Emilia sono 84, a Castiglione 47, a Barcellona e a Montelupo 32. Complessivamente gli episodi di coercizione sono stati 515. Se ordinati per istituti, vediamo che a Castiglione sono stati 188, a Reggio Emilia 123, a Barcellona 84, a Montelupo 69, ad Aversa 51 a Napoli 50. Quella della coercizione è un vulnus nel sistema penitenziario italiano, una zona grigia che andrebbe indagata con maggiore attenzione.

Suicidi in carcere

Nel 2007 vi sono stati 45 suicidi. Ci si ammazza in carcere più o meno diciotto volte di più che all’esterno. Ulteriori 76 sono i reclusi morti per cause naturali. I 45 suicidi avvenuti nel corso dell’anno passato hanno interessato lo 0,10% della popolazione detenuta mediamene presente nell’anno. Di essi, 43 hanno riguardato uomini, di cui 27 italiani e 16 stranieri, e due hanno riguardato donne italiane (lo 0,22% delle poche donne detenute complessivamente).
Nei primi sei mesi del 2008 vi sarebbero stati già 23 suicidi più altri 30 detenuti morti.

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