Aprire le carceri all’informazione
Le galere per “conoscerle” bisogna vederle da vicino entrando nelle sezioni senza troppo preavviso, guardando la gente accatastata dentro le celle, fermandosi a respirare gli odori, osservando le facce di chi sconta la pena “in branda” perché non c’è nient’altro da fare. Conviene a tutti che le carceri siano luoghi “aperti”, da cui anche alle persone detenute sia permesso far uscire una informazione più libera possibile, e in cui i giornalisti possano entrare per raccontare la vita “dentro”. Per questo è importante la richiesta, avanzata dal quotidiano il Manifesto e dall’Associazione Antigone, di veder riconosciuto ai giornalisti il diritto di entrare nelle carceri per visitare sezioni e reparti detentivi, senza ricevere ingiustificati dinieghi.
Il carcere “scatolone”
Un quadro spietato delle carceri fuorilegge e di un’edilizia penitenziaria che non è una soluzione al sovraffollamento, ce lo dà un magistrato di sorveglianza, Giovanni Maria Pavarin: «L’Ordinamento penitenziario ha fatto delle ottime scelte sul terreno dei princìpi, che però sono state attuate solo in minima parte. Il sistema della individualizzazione del trattamento, che è il suo principio cardine, è stato ignorato; il carcere diventa sempre più grande, enormi scatoloni vengono eretti per contenere un numero sempre più elevato di detenuti, mentre l’art. 5 dell’Ordinamento lo vieta espressamente; la vita del detenuto si svolge per 20 ore su 24 nelle celle, l’Ordinamento prevede che esse debbano servire solo per il dormire».
La Giustizia continua a “dare i numeri”
Qualche volta “dare i numeri” è particolarmente interessante, lo è per esempio quando si tratta dei numeri della Giustizia. A oggi risultano pendenti 5.625.057 procedimenti civili e 3.270.979 procedimenti penali; 65.067 sono i detenuti; 20.959 minorenni sono segnalati dall’autorità giudiziaria agli uffici di servizio sociale per i minori. Ogni anno vengono spesi 80 milioni di euro per dichiarare prescritti 170mila processi. Questi i numeri forniti dal ministro Alfano.
Una cosa andrebbe aggiunta: bisognerebbe avere il coraggio di concedere un’amnistia e ripartire da lì per “risanare” la Giustizia e ridare un senso alla pena di chi ora sta in carcere ad “ammazzare il tempo”.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.