Sostenibilità
Ogm e amazzonia,le sbandate di lula Ok alla coltivazione di mais modificato, che si aggiunge a soia e cotone. E nella foresta massiccio disboscamentoper 1.800 chilometri di rete elettrica di Paolo Manzo
Brasile Le scelte anti ambientaliste del presidente
di Redazione
da San Paolo
Se ci limitassimo a guardare gli ultimi sondaggi – il gradimento nei confronti di Lula è al 66,8%, la percentuale più alta dal 2003 quando si insediò alla presidenza – verrebbe da dire che il Brasile targato 2008 è il Paese del bengodi. Del resto l’economia tira (+6% nel 2007), la Borsa continua a macinare record, l’inflazione (3%) è circa un decimo di quella argentina e il cambio si rafforza non solo verso il debole dollaro ma anche nei confronti dell’euro “todo poderoso”. I brasiliani stanno meglio in generale grazie al boom economico, sono sempre di più quelli che riescono a viaggiare e, grazie al microcredito, oggi per loro è più facile ottenere prestiti. Logico, quindi, che il gradimento di Lula sia “en alta”, come dicono da queste parti. Tutto bene, dunque? Niente affatto, perché per quanto concerne tematiche quali organismi geneticamente modificati e tutela dell’Amazzonia, il bilancio del governo verde-oro è assolutamente deficitario. O, a voler essere diplomatici, non in linea con quanto promesso in campagna elettorale.
Già questi dati sarebbero bastati per far mandare su tutte le furie il centinaio di organizzazioni non governative riunite nella campagna per un Brasile “ogm free”. Le quali si sono letteralmente imbufalite, tuttavia, lo scorso venerdì 16 febbraio quando il governo Lula ha adottato un provvedimento a favore della coltivazione e della vendita sul mercato interno di due nuove versioni di mais transgenico. Con sette voti a favore e quattro contrari, il Consiglio nazionale di biosicurezza ha infatti dato per la prima volta l’ok definitivo a due sementi di granoturco ogm: la LibertyLink prodotta dalla tedesca Bayer e la MON810, ultimo ritrovato nel settore del colosso statunitense Monsanto. Sinora solo la soia e il cotone erano consentiti ufficialmente dal Brasile. Per María José da Costa, del Movimento dei piccoli agricoltori brasiliani, la misura è «la più grande tragedia del governo Lula».
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