Formazione

Ogm: decide il giudice caso per caso

La Corte di giustizia dell'Ue stabilisce che la valutazione va fatta sulla base di ''indizi precisi'. Le reazioni di aziende, associazioni e politici

di Redazione

E’ il giudice italiano che deve verificare se la farina, prodotta da granturco ogm, sia equivalente a un alimento tradizionale e dunque commerciabile in Italia oppure no. Ma la valutazione va fatta sulla base di ”indizi precisi”. A stabilirlo e’ stata la Corte di giustizia dell’Ue, che oggi ha emesso la sentenza sul ricorso presentato dalla Monsanto e altre imprese attive nel settore della biotecnologia all’Italia contro la decisione del Tar del Lazio. Il tribunale amministrativo, applicando il decreto Amato del 2000, aveva disposto la sospensione preventiva della commercializzazione dei prodotti provenienti da linee di granturco geneticamente modificate, autorizzata invece dalla Commissione europea in base alla cosiddetta ‘procedura semplificata’. Il regolamento comunitario sui nuovi prodotti alimentari, ha spiegato la Corte nella sua sentenza, prevede che i cibi prodotti a partire da ogm ma che non ne contengano piu’, possano essere messi in commercio con una procedura semplificata, per la quale e’ necessaria solo una notifica alla Commissione. L’importante, pero’, e’ che gli alimenti siano sostanzialmente equivalenti a quelli tradizionali e che la prova sia fornita da un organismo nazionale di valutazione dei generi alimentari. Nella sentenza la Corte ha sottolineato che possono essere considerati equivalenti a prodotti esistenti quegli alimenti che presentano differenze di composizione, che vanno comunque indicate in etichetta, ma che non hanno effetti negativi sulla salute pubblica. In caso di ricorso ingiustificato alla procedura semplificata, uno Stato puo’ effettivamente limitare provvisoriamente o sospendere a titolo preventivo la commercializzazione del prodotto sul suo territorio basandosi sulla ‘clausola di salvaguardia’ prevista dal regolamento comunitario. Ma, in questo caso, va dimostrata l’esistenza di rischi per la salute non solo ipotetici, o fondati su supposizioni, ma basata su indizi precisi. Comunque, ha concluso la Corte, sia l’esame iniziale di equivalenza sostanziale da parte di un organismo scientifico di uno Stato membro, sia la misura di tutela eventualmente adottata sono oggetto di verifica a livello comunitario. Sembra accontentare praticamente tutti la sentenza della Corte di giustizia Ue. A cominciare dalla Monsanto. ”La decisione di oggi chiarisce in modo inequivocabile che il decreto Amato non ha basi legali”. ”La sicurezza dei prodotti geneticamente modificati a oggi in commercio e’ stata inequivocabilmente sancita dalla presentazione dei dati di ricerche pubbliche finanziati dall’Unione europea e rese note nell’ottobre del 2001, nelle quali si stabilisce che i prodotti ogm sono altrettanto sicuri se non piu’ sicuri di quelli tradizionali” assicura la Monsanto. Oltre a chiarire una questione assai delicata, per il presidente della commissione Agricoltura a Palazzo Madama, Maurizio Ronconi, la sentenza ”imporra’ una riflessione seria all’Italia non solo su quello che fu deliberato in passato ma anche su recenti determinazioni e anche, infine, su come indirizzare la soluzione degli ogm”. Per il presidente dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, si tratta di una ”vittoria importante”. Ma piu’ importante, a questo punto, sottolinea, e’ ”garantire la difesa dei consumatori, chiedendo alle autorita’ sanitarie di verificare i rischi di allergie e tossicita’ nel consumo prolungato di ogm e sospendendo tutti i prodotti sospetti”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Coldiretti: ”Le esigenze di sicurezza alimentare anche nella giurisprudenza comunitaria prevalgono sui principi di libera circolazione di merci e valorizzano competenze e responsabilita’ degli Stati”’. ”La sentenza della Corte di giustizia Ue sulla questione Ogm e’ importante ed equilibrata perche’ riafferma la responsabilita’ e la sovranita’ degli Stati nazionali nella difesa della sicurezza alimentare e ambientale dei cittadini”. Lo dichiara il ministro delle Politiche agricole e forestali, Gianni Alemanno, secondo cui il dato saliente del pronunciamento ”e’ che viene respinta la logica dell’automatismo tra le decisioni europee e quelle nazionali, nel senso che lo Stato nazionale puo’ invocare la clausola di salvaguardia se ritiene che ci siano fondati motivi che mettono in pericolo la salute dei propri cittadini”. Soddisfatta e’ anche Assobiotec, l’Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie, che fa parte di Federchimica. “La sentenza di oggi evidenzia come una decisione grave come quella di sospendere la commercializzazione di prodotti gia’ autorizzati a livello europeo, nel rispetto della normativa di riferimento, debba in ogni caso essere suffragata da motivazioni concrete”, sottolinea il presidente Sergio Dompe’. Secondo Assobiotec, nel caso del decreto Amato, tali motivazioni concrete non sussisterebbero. ”Tant’e’ vero -spiega- che i prodotti oggetto del provvedimento sono in questi anni regolarmente rimasti sui mercati degli altri Paesi Ue”. ”Adesso – aggiunge Dompe’ – chiediamo al governo italiano che con la necessaria immediatezza rimuova questo iniquo provvedimento per riportarci nella stessa situazione degli altri Paesi dell’Europa. Questo e’ un segnale indispensabile per ridare al mondo della ricerca, dell’industria e della finanza -continua- la necessaria fiducia nel fatto che anche per l’Italia valgono le priorita’ europee che considerano strategiche le biotecnologie”. Secondo Dompe’ il decreto Amato ”ha contribuito a deprimere il flusso degli investimenti e a orientare verso altri paesi gli investimenti internazionali nel biotech”. ”Tanto e’ vero -conclude- che, a fronte del fatto che in Europa le aziende biotecnologiche sono oltre 1.600, quelle italiane sono meno di 100”. Per Legambiente, questa sentenza e’ la prova che per l’Unione europea sono importanti ”la salute dei suoi cittadini e la tutela ambientale vengono prima delle liberta’ commerciali”, sottolinea il portavoce nazionale Roberto Della Seta. Ma ”e’ anche un monito: non c’e’ liberta’ di mercato ne’ Monsanto che tenga di fronte alla salute dei cittadini e alla tutela dell’ambiente. Ma all’Unione, coinvolta appunto a Cancun nei negoziati per riscrivere piu’ equamente le regole del commercio mondiale chiediamo coerenza -aggiunge Della Seta- se questi diritti valgono per i cittadini europei, allora devono valere anche per quelli dei paesi piu’ poveri, che troppo spesso invece vengono sacrificati in nome del liberismo a senso unico dell’Occidente”. Una ”sentenza equilibrata” che riafferma l’importanza per tutti gli Stati membri di attenersi a un sistema di regole comunitarie discusse e approvate da tutti. E’ quanto sostiene la Confederazione italiana agricoltori. A chiedere ”un quadro normativo unificato a livello comunitario” e’ Augusto Bocchini, presidente di Confagricoltura. Soddisfatta Greenpeace. Secondo Federica Ferrario, della campagna Ogm dell’associazione ambientalista ”la strategia delle multinazionali del biotech non paga gli Ogm rifiutati dai consumatori e bocciati anche dagli investitori hanno incontrato oggi un nuovo stop. Ci auguriamo -continua- che a Cancun vanga sancita la salvaguardia del diritto dei consumatori alla salute e all’ambiente, nonostante la pressione di Monsanto e delle altre multinazionali biotech, sostenute dagli Usa”.


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