Volontariato

Oggi la liberazione si chiama disarmo, la resistenza si chiama nonviolenza

di Pasquale Pugliese

Note dall’intervento alla Festa della Liberazione di San Polo d’Enza (R.E.), 25 aprile 2016

Partecipare alla festa della Liberazione non è un atto retorico, ma un gesto di impegno. Perché la liberazione non è compiuta definitivamente una volta per tutte: né sul piano dei contenuti specifici né sul piano delle oppressioni dalle quali ancora dobbiamo liberarci.

Al contrario della Resistenza – che fu un grande moto popolare che accanto alla lotta partigiana vide tanto antifascismo militante disarmato: dai disertori e dalle donne che li rivestivano con abiti civili agli internati militari nei campi di concentramento che si rifiutarono di combattere nella repubblica di Salò, dalle famiglie contadine che coprivano e sfamavano i partigiani, o nascondevano i cittadini ebrei, agli scioperi operai nelle grandi fabbriche… – al contrario di questa pluralità coraggiosa e civile, uno degli elementi costitutivi del fascismo è stato – ed è tuttora – il militarismo, la costruzione del nemico e la preparazione della guerra come strumento principale, e fine ultimo, della politica.

Non a caso i Padri costituenti – che il fascismo l’avevano subìto e combattuto, insieme alla guerra – posero tra i principi fondamentali della Repubblica il “ripudio” della guerra, che non è il semplice rifiuto ma è l’allontanarla da sè – da noi – con sdegno. Eppure non erano ingenui i padri costrituenti, sapevano che i conflitti – le “controversie internazionali” – non possono essere aboliti per legge. Ma essi sapevano anche che la guerra non è lo strumento giusto per affrontarli. Anzi. scrivendo in Costituzione che “l’Italia ripudia la guerra” non solo “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, ma anche “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” è come se ci dicessero: la nostra generazione è arrivata alla consapevolezza che la guerra è qualcosa da ripudiare per sempre, tocca alla vostra di cercarne le alternative…

E invece questa ricerca non è mai avvenuta seriamente, né in Italia né nel Mondo. Anzi le spese militari globali continuano a crescere: nel solo 2015, complessivamente, sono stati spesi in armamenti qualcosa come 1.700 miliardi di dollari. E’ stato calcolato che con piccole percentuali di questa cifra si potrebbero realizzare ciascuno degli obiettivi ONU del millennio: sconfiggere la fame, l’analfabetismo, le malattie, la povertà estrema…ossia molte delle condizioni che sono all’origine anche di biografie, senza futuro, che si convertono a scellerate scelte terroriste.

In questo scenario l’Italia – dati SIPRI – è sempre tra i primi dieci/dodici Paesi al mondo termini di spesa pubblica militare, con una cifra di 24 miliardi di euro all’anno – che significa 65 milioni al giorno, per tutti i giorni del’anno – e per questo si colloca anche tra i primi quattro Paesi europei. Mentre continua ad essere ultima nell’Unione Eruropea – dati Eurostat – per la spesa pubblica per l’istruzione e penultima per la spesa per la cultura.

E quando si investe tanto negli armamenti, questi non possono non essere usati: dall’abbattimento del muro di Berlino ad oggi – invece dell’apertura di un periodo di pace duratura – abbiamo avuto un quarto di secolo dominato da una perversa spirale tra guerre e terrorismi, che generano nuove guerre che generano nuovi terrorismi, e così via. Siamo ormai giunti a quella che papa Francesco ha definito la “terza guerra mondiale diffusa”, con la conseguente tragedia di milioni di profughi ed un nuovo proliferare di muri, anche in Europa. Ultimo, quello del Brennero che ci riporta indietro di un secolo. E’ ora di interrompere questa spirale. Per questo noi pensiamo, che la liberazione oggi si chiami disarmo e la resistenza oggi si chiami nonviolenza.

Inoltre, accanto a queste – e intrecciate con queste – ci molte liberazioni ancora molte da compiere nel nostro Paese: siamo al primo al mondo per analfabetismo funzionale (dati Osce), al 77° per libertà di stampa (dati Reporter senza frontiere), abbiamo le mafie più potenti del Pianeta che stanno colonizzando tutto il territorio nazionale – compresa l’Emilia Romagna – siamo al primo posto in UE per disoccupazione giovanile, ma anche per l’esportazione di armi leggere. Tra i migliori clienti dell’industria bellica italiana, per esempio, c’è quel regime egiziano, da cui aspettiamo ancora una parola di verità sul sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni. Mentre il nostro Paese, intanto, ne rifornisce di armi la polizia…

Insomma, la festa della Liberazione deve aiutarci a mettere a fuoco da quali minacce oggi sia davvero necessario difendersi, quali siano i veri nemici dai quali dobbiamo ancora liberarci: scopriremo così che per quelli più pericolosi non serve affatto armarsi fino ai denti, ma anzi è necessario liberare risorse attraverso la drastica riduzione delle spese militari, da destinare a fini civili, sociali, di costruzione della pace e della sicurezza per tutti.

Per questo il Movimento Nonviolento – che qui rappresento – è tra i promotori della Campagna nazionale “Un’altra difesa è possibile” – che mette insieme Reti civili della pace, del disarmo e del sevizio civile nazionale – per costruire nel nostro Paese una vera difesa civile, non armata e nonviolenta. E i corpi civili di pace per affrontare i conflitti internazionali, prima che degenerino in guerre, lavorando alla costruzione di convivenze pacifiche, anziché di odi e fondamentalismi, alimentati con il commercio internazionale delle armi.

Il punto di riferimento è sempre la Costituzione, dove sono fissati i diritti dei cittadini da difendere e il disvalore della guerra da ripudiare. Liberiamoci anche dall’errore – e dalla pratica ricorrente – di ripudiare i primi, i diritti, e promuovere la seconda. Cioè di ripudiare – di fatto – la Costituzione, anziché la guerra.

Queste nuove liberazioni dipendono, soprattutto, dall’impegno di ciascuno. Dunque buon impegno a tutte e a tutti.

Buona festa della Liberazione

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