Economia

Œconomicæ et pecuniariae quæstiones: il documento del Sant’Uffizio contro la finanza predatoria

I mercati, lasciati a se stessi, generano titoli tossici e una «finanza dell'azzardo e della scommessa» dove la posta in gioco è «la rovina altrui». È tempo di impegnarsi in un «nuovo discernimento etico». Il monito alla società civile, «riserva di coscienza e di responsabilità», arriva da un importante documento presentato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede

di Marco Dotti

Al modello del consumo di massa si è sostituita la finanza predatoria. Questo capitalismo finanziarizzato funziona sempre più su base estrattiva: estrae valore da persone, cose, ambienti. E abbandona i resti alla deriva. Nell'Oeconomicae et pecuniariae quaestiones. Considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell'attuale sistema economico-finanziario, documento della Congregazione per la Dottrina della Fede e del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale presentato ieri in Vaticano, l'analisi dei rischi che corriamo in un simile contesto di degrado è chiara: in gioco c'è ben più che la tenuta del sistema economico. È tut

Nel momento in cui la funzione sociale del credito viene meno, la corsa delle aziende verso il denaro diventa una corsa folle. I mezzi divorani i fini. Il sistema globale, con livelli di disuguaglianza e asimmetrie crescenti, rischia così che «la cattiva finanziarizzazione dell’economia, facendo sì che la ricchezza virtuale, concentrandosi soprattutto in transazioni caratterizzate dal mero intento speculativo ed in negoziazioni ad alta frequenza (high frequency trading), attiri a sé eccessive quantità di capitali, sottraendoli in tal modo ai circuiti virtuosi dell’economia reale».

È sempre più facile scorgere come, di fronte al crescente e pervasivo potere di importanti agenti e grandi networks economico-finanziari, coloro che sarebbero deputati all’esercizio del potere politico, spesso disorientati e resi impotenti dalla sovranazionalità di quegli agenti e dalla volatilità dei capitali da questi gestiti, faticano nel rispondere alla loro originaria vocazione di servitori del bene comune, e accade anche che si trasformino in soggetti ancillari di interessi estranei a quel bene


Contro la finanza offshore

Un fenomeno inaccettabile, leggiamo nel documento, «sotto il profilo etico, non è il semplice guadagno» ma il trarre profitto proprio dalle asimmetrie (informative, tecnologiche, di reddito, di accesso al credito), lucrando sulla «propria posizione dominante con ingiusto svantaggio altrui o arricchirsi generando nocumento o turbative al benessere collettivo».

Questa prassi, prosegue il documento, «risulta particolarmente deplorevole dal punto di vista morale, quando il mero intento di guadagno da parte di pochi – magari di importanti fondi di investimento – mediante l’azzardo di una speculazione volta a provocare artificiosi ribassi dei prezzi di titoli del debito pubblico, non si cura di influenzare negativamente o di aggravare la situazione economica di interi Paesi, mettendo a repentaglio non solo progetti pubblici di risanamento ma la stessa stabilità economica di milioni di famiglie, costringendo nel contempo le autorità governative ad intervenire con ingenti quantità di denaro pubblico, e giungendo perfino a determinare artificiosamente il corretto funzionamento dei sistemi politici».

Buona parte del documento è così focalizzato sul tema della finanza offshore e sull'iniquità che provoca, a livello sistemico. Ma l'Œconomicæ et pecuniariae quæstiones va ben oltre le proposte di tassazione delle transazioni sul modello della Tobin Tax: perché non introdurre una «tassa sulle transazioni compiute offshore per risolvere buona parte del problema della fame nel mondo».

È stato calcolato che basterebbe una minima tassa sulle transazioni compiute offshore per risolvere buona parte del problema della fame nel mondo: perché non intraprendere con coraggio la via di una simile iniziativa?

La società civile come riserva di coscienza e responsabilità

Un doppio appello chiude infine questo importante documento. Il primo: a non rassegnarsi al cinismo «davanti all’imponenza e pervasività degli odierni sistemi economico-finanziari», pensando che «con le nostre povere forze possiamo fare ben poco». In realtà, prosegue Œconomicæ et pecuniariae quæstiones, «ciascuno di noi può fare molto, specialmente se non rimane solo».

Il secondo: davanti all'impotenza o alla collusione dei governi, la società civile deve assumersi l'onere di alzare l'asticella del discernimento e della scelta etica.

«Numerose associazioni provenienti dalla società civile rappresentano in tal senso una riserva di coscienza e di responsabilità sociale di cui non possiamo fare a meno. Oggi più che mai, siamo tutti chiamati a vigilare come sentinelle della vita buona ed a renderci interpreti di un nuovo protagonismo sociale, improntando la nostra azione alla ricerca del bene comune e fondandola sui saldi principi della solidarietà e della sussidiarietà».

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