Welfare

Odio, bugie e censura. Come ai tempi dell’Urss

"Mai come ora il popolo russo è stato unito nella condanna al terrorismo. E anche se molti approvano il blitz, Putin ha fallito nel garantire sicurezza al Paese.

di Predrag Matvejevic

Chi torna dalla Russia dopo la tragedia di Beslan, come capita a me, riesce difficilmente a essere imparziale. Raramente si è assistito a una tale unanimità nella condanna del delitto, e un simile dolore dinanzi alla morte di centinaia di bambini e alle immagini insostenibili dei loro cadaveri. L?evento s?inserisce con forza nella lotta contro il terrorismo dei fondamentalisti islamici e colpisce anche i popoli dai quali provengono i colpevoli. In questo modo, purtroppo, si giustifica la politica repressiva russa nei confronti dei ceceni, nonché la difesa della ?via del petrolio? caucasica. Non si può non condannare un crimine così enorme. «Di fronte alla morte di un bambino», diceva Jean-Paul Sartre, «gli altri argomenti sembrano minori». Così, è facile comprendere perché in Russia esista un assoluto accordo nella condanna dei terroristi ceceni e musulmani. La grande maggioranza della popolazione giustifica anche l?assalto militare che, in questo caso, è stato peggiore di quello del teatro Dubrovka dell?ottobre 2002, quando le vittime furono ?solo? 130. Così l?odio continua a crescere. Stati Uniti, Italia, Inghilterra e Francia hanno espresso solidarietà alla Russia, non solo a livello politico, ma anche a livello di popolo. Abbiamo poi sentito anche voci discordanti: in Polonia, il primo ministro Marek Belka e il ministro della Difesa, Jerzy Szmajdzinski hanno chiesto se fosse davvero necessario azzardare un assalto così rischioso senza prima tentare una trattativa. Simili riserve, anche se forse più discrete, si sono avute da parte di Svezia, Finlandia, Olanda e in seno all?Unione europea. Dissidenti off limits Per quanto riguarda il presidente Putin, la sicurezza che lui prometteva ai cittadini russi è ancora una volta venuta meno, e questo è un duro colpo per la sua reputazione. In un Paese che stenta a promuovere una cultura civica e democratica efficiente, il pericolo è che «gli uomini con spalline», quelli del vecchio Kgb, che Putin tiene in pugno, riacquistino importanza. Abbiamo visto che, come già in passato nella storia sovietica, l?accesso al luogo della tragedia non è stato consentito ai testimoni dissidenti: Anna Politovskaia della Novaia Gazeta, giornale critico, non ha potuto essere a Beslan; così come Andrei Babitski della radio internazionale Svoboda (Libertà). Abbiamo anche assistito alle menzogne pubbliche. Gli ostaggi, che all?inizio erano 300, sono risultati essere più di mille e non conosciamo nemmeno di preciso il numero dei morti. La popolarità del presidente Putin, già prima di questa tragedia, era calata del 20% per varie ragioni, fra le quali la soppressione, nel mese di agosto, dei modesti privilegi acquisiti dai pensionati durante l?Unione sovietica, l?inflazione galoppante, la crisi bancaria di giugno, che continua a colpire l?economia e, infine, il problema della sicurezza che l?evento di Beslan riporta alla ribalta. Tutto questo nel momento in cui si cerca di proclamare la «grandezza della Russia» e la sua «importanza nel mondo». Sarebbe utile riprendere in mano il geniale racconto Hadzi Murat di Tolstoj o il lungo poema Prigioniero caucasico di Lermentov. Li rilessi in aereo, tornando dalla Russia. La genialità della letteratura russa ha presentito tante cose, quasi tutto. Ma a che serve la letteratura, ci chiediamo da sempre noialtri che cerchiamo disperatamente di farla.


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