Famiglia

Odiare non è uno sport

Tre post su quattro, sulle pagine Facebook delle principali testate sportive nazionali, hanno commenti classificati come hate speech. I più numerosi? Riguardano gli arbitri di calcio. Per fermare la "fornace" sportiva dell'hate speech parte un nuovo progetto, che realizzerà anche una chatbot che risponderà in tempo reale ai commenti

di Redazione

Quasi 5mila post analizzati, con 443mila commenti. Tre post su quattro, sulle pagine Facebook delle principali testate sportive nazionali, hanno commenti classificati come hate speech. Vere e proprie minacce (6,8%), discriminazione (6,7%), aggressività verbale (73%) o generico linguaggio volgare (13,5%). Sono i primissimi dati di uno studio realizzato dall'Università di Torino attraverso l'équipe multidisciplinare del Centro di ricerca avanzata Coder, al lavoro per elaborare un Barometro dell'Odio nello Sport attraverso il monitoraggio dei social media e delle principali testate giornalistiche sportive. Dalle prime anticipazioni del report, che uscirà a fine marzo, emergono dati allarmanti: su 4.857 post analizzati e oltre 443mila commenti sulle pagine Facebook delle cinque principali testate giornalistiche sportive nazionali (Gazzetta dello Sport, TuttoSport, Corriere dello Sport, SkySport, Sport Mediaset), tre post su quattro ricevono commenti che contengono una qualche forma di hate speech. I picchi più elevati di messaggi d'odio si verificano in corrispondenza di eventi calcistici e riguardano in particolar modo le decisioni arbitrali.

Lo sport quindi, terreno di inclusione e aggregazione sociale, veicolo di crescita e confronto, palestra di vita ha purtroppo un'altra faccia: può trasformarsi in fornace di discorsi e gesti d'odio, che nella dimensione digitale si potenziano e diffondono in maniera esponenziale. Per questo campioni e campionesse, società sportive, associazioni, scuole e studenti… hanno messo la faccia a sostegno del progetto “Odiare non è uno sport”, per prevenire e contrastare i messaggi d'odio online in ambito sportivo. Il progetto ha raccolto le testimonianze di campioni dello sport azzurro come Igor Cassina, Stefano Oppo, Alessia Maurelli, Frank Chamizo, Valeria Straneo e accanto a loro le straordinarie storie di inclusione sociale avvenute attraverso lo sport. La ricerca di Coder è parte proprio di questo progetto, sostenuto dall'Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo e promossa dal Centro Volontariato Cooperazione allo Sviluppo. L’obiettivo non è solo di osservazione: il progetto infatti punta anche a intercettare le varie forme di hate speech online e intervenire con risposte in tempo reale grazie a un algoritmo specifico e un chatbot sviluppati dal Laboratorio d’Innovazione della School of Management di Torino e da Informatici senza Frontiere. Ma ci saranno anche “squadre” territoriali anti-odio che monitoreranno profili e pagine social di varie società sportive per intercettare e rispondere in modo pertinente ai messaggi di hate speech. La campagna durerà tutto il 2020, anno olimpico, e prevede attività educative in 55 scuole e 44 società sportive.

Il progetto è sostenuto dall’Agenzia Italiana di Cooperazione allo Sviluppo e promosso dal Centro Volontariato Cooperazione allo Sviluppo, in partenariato con 7 ong italiane con ampia esperienza nell’educazione alla cittadinanza globale (ADP, CeLIM, CISV, COMI, COPE, LVIA, Progettomondo.mlal), l’ente di promozione sportiva CSEN, le agenzie formative FormaAzione, SIT e SAA-School of management, Informatici senza Frontiere per lo sviluppo delle soluzioni tecnologiche e Tele Radio City e Ong 2.0 per la campagna di comunicazione.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.