Mondo

Occidente, scappare da hamas è un’illusione

Per il futuro immaginare uno Stato palestinese è ormai solo un’illusione patetica. Si deve ripartire dal grande progetto di Martin Buber...

di Joshua Massarenti

Siamo ormai in prossimità di un etnocidio del popolo palestinese». Sono parole forti quelle espresse da Danilo Zolo, convinto che dagli scontri che oppongono Hamas ad al Fatah, «ad uscirne vincente è Israele». Docente di Filosofia del diritto internazionale alla facoltà di Giurisprudenza dell?università di Firenze e co-autore, assieme a Franco Cassano, di un libro avvincente sul Mediterraneo (L?alternativa mediterranea, Feltrinelli), Zolo confida a Vita le sue preoccupazioni riguardo una crisi, quella israelo-palestinese, di fronte alla quale la comunità internazionale non può più tirarsi indietro. Perché in gioco, «non c?è soltanto il destino del Medio Oriente, ma quello dell?intero bacino mediterraneo». Un «mare fra le terre», come ama definirlo Zolo, che rappresenta la culla della civiltà europea, i cui valori sono messi a rischio «dall?incapacità di Bruxelles a svincolarsi dai diktat militari di Washington».

Vita: La crisi tra Fatah ed Hamas è l?ultimo atto di un conflitto israelo-palestinese di cui non si intravvede la fine. Questa volta a chi dobbiamo attribuire la colpa?
Danilo Zolo: Su gran parte della classe dirigente incombono gravi responsabilità, ma è bene chiarire che l?attuale guerra civile è stata più che altro provocata da una serie di tragici eventi, l?ultimo dei quali chiama ovviamente in causa Israele. Lo sanno tutti che Tel Aviv ha fortemente sostenuto Hamas, anche sul piano finanziario.

Vita: Con quali obiettivi?
Zolo: Per mettere in gravi difficoltà al Fatah e provocare una guerra civile a tutto vantaggio di Israele. Lo scopo finale essendo quello di porre definitivamente fine alla creazione di uno Stato palestinese. Pensare che questa entità politica possa ancora sorgere è un?illusione patetica.

Vita: Perché?
Zolo: è sufficiente osservare il processo di occupazione territoriale. Già all?indomani della prima guerra arabo-israeliana, Israele occupava il 78% della Palestina. Dal 1968 in poi, Israele ha iniziato a confiscare il 52% della Cisgiordania, mentre nella misera Striscia di Gaza si parla di un 32%. In seguito allo sgombero unilaterale di Gaza voluto da Sharon nel 2005, oggi si calcola che non meno di 400mila coloni risiedono nei territori occupati della West Bank. Vivono in residenze blindate, collegate fra loro e con Israele da strade vietate ai palestinesi, i quali vedono i loro margini di movimento ulteriormente limitati dai chek-point. Mi dica, com?è possibile costruire uno Stato palestinese su tali presupposti?

Vita: Quali allora le vie d?uscita?
Zolo: Sul breve termine è necessario porre fine all?occupazione militare di Israele, condizione sine qua non per rilanciare il dialogo e aprire prospettive di pace. In tale ambito, Hamas è ormai la voce più rappresentativa della società palestinese, quindi sia Washington che Bruxelles non hanno altre alternative se non quella di riconoscere ufficialmente Hamas come interlocutore politico. Sul lungo periodo, invece, sarebbe opportuno ripartire dal grande progetto di Martin Buber. Ebreo e grande oppositore del sionismo, era considerato il padre spirituale del nuovo Stato d?Israele. Buber era profondamente convinto che la pace fra arabi e israeliani non poteva passare per la formazione di due Stati, bensì attraverso un rapporto di cooperazione federale tra i due popoli, su basi paritarie, all?interno di una struttura politica unitaria. Per ora ha prevalso il pensiero sionista, fermo nel suo rifiuto di convivere con il popolo palestinese e convinto di dover affermare la sua superiorità politica, economica e militare con arroganza. Anche grazie alla complicità della comunità internazionale.

Vita: Quali responsabilità incombono sugli Stati Uniti?
Zolo: è difficile immaginare che Washington abbia direttamente sostenuto Hamas. Ma è altrettanto evidente che l?amministrazione Bush era a conoscenza dei legami tra Israele e il partito islamista. Più in generale, grazie al sostegno militare ed economico degli Usa – parlo di tre miliardi di dollari annui – il sionismo è riuscito a fare di Israele quello che definisco ?un cuneo atlantico? nel cuore del Mediterraneo, compromettendo gravemente non soltanto il destino del popolo palestinese, ma dell?intera sponda orientale del Mare nostrum. In altre parole, con il grande progetto Broader Middle East varato dall?amministrazione Bush nel 2004, la Casa Bianca unifica in un solo ambito strategico la sponda sud del Mediterraneo, i paesi del Golfo fino ai confini dell?India, in Asia centrale. Questo disegno coincide con due elementi: la volontà di modernizzare una cultura, quella islamica, ostile al progetto egemonico statunitense, e la presenza di immense risorse naturali.

Vita: Che spazio rimane all?Europa?
Zolo: Bruxelles deve smetterla di avere un atteggiamento atlantista. Subordinarsi ai dettami politici e militari di Washington non porta da nessuna parte. Da qui la necessità di dover tornare a investire nel Mediterraneo, il suo bacino di attrazione naturale. In ballo non è soltanto la necessità di salvare il Medio Oriente, ma addirittura l?Occidente. In corso c?è una lotta epocale tra il nuovo Occidente incarnato dalle guerre di aggressione dell?amministrazione Bush e il vecchio Occidente, simboleggiato da questa vecchia Europa portatrice di valori universali quali la difesa dei diritti civili e il dialogo con le culture e le civiltà. La pace nel Mediterraneo e in Medio Oriente dipende dall?esito di questa battaglia.


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