Welfare

Occhio al finto sociale

All’insegna dello slogan: “Diventa anche tu imprenditore sociale”, nasce PrivatAssistenza, 800 agenzie vanno alla conquista di un mercato d’oro. Per iniziare bastano 40 milioni.

di Gabriella Meroni

Business is business. Il motto degli agenti di Wall Street oggi si sente risuonare sempre più spesso in corsia, accanto ai letti dei sofferenti. L?affare del Duemila? È l?assistenza ad anziani e malati. Una realtà ben chiara alle 800 agenzie private italiane che offrono, a pagamento, servizi sanitari e assistenziali. Spesso mascherandosi dietro la rassicurante etichetta del ?privato sociale?. Un esempio? La PrivatAssistenza di Reggio Emilia, 50 sedi e un giro d?affari di 30 miliardi l?anno, il cui depliant recita: «Diventa anche tu imprenditore sociale». Poi prosegue: «Il successo dipende da voi. Potrete trovarvi ai vertici di un?impresa importante con buone possibilità di avere un alto reddito». Come? Bastano 40 milioni per aprire un?agenzia di assistenza a malati, anziani e disabili: non occorre essere medici mancati, o medici veri, perché ?l?affiliato non deve avere conoscenze nel settore?. Basta che sappia reclutare personale ?qualificato? (ma se si è casalinghe con più di 40 anni, basta dire di aver assistito uno zio malato e ci si ?qualifica?), e il gioco è fatto. I prezzi, assicura la PrivatAssistenza, sono ?di mercato?, cioè in media con quelli degli assistenti domiciliari della città. In cifre, si va da un minimo di 12 mila a un massimo di 16 mila l?ora. L?idea, a quanto pare, funziona. «Noi non siamo volontari, non vogliamo cambiare il mondo» ammette con sincerità l?amministratore delegato dell?agenzia, Sergio Torelli. «Anche se io stimo chi regala il proprio tempo per gli altri. Sono persone meravigliose». Meravigliose, sì, ma irraggiungibili. E forse anche un po? stupide. Ma i Paperoni della sanità hanno anche fiutato l?affare della terapia alternativa. Ecco dunque i centri ?Vitalitas?, il cui slogan è: «Entra anche tu nel business della salute». Anche qui siamo di fronte a una struttura che conta 20 centri per un fatturato di 40 miliardi. Nei centri si svolgono check-up energetici per «riattivare il metabolismo delle cellule». Tramite apparecchiature che trasmettono ?energia risonante pulsante?, il paziente viene trattato per curare moltissime patologie, tra cui anche i tumori. False speranze? Sicuramente veri sono i conti da pagare: per un ciclo da 12 check-up si spendono 600 mila lire l?anno; il noleggio dell?apparecchio energizzante, però, costa 400 mila al mese, e per acquistarlo si devono sborsare 5 milioni. Non solo: chi si cura nei centri ?Vitalitas? ottiene una tessera sanitaria tipo Bancomat (la Bindi si sarà ispirata qui?), che ha la funzione di ?fidelizzare? il cliente, spingendolo a tornare per approfondire gli accertamenti.


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