Fotografia

Obiettivo sull’invisibile Milano dei senza dimora

Una mostra fotografica e una serie di incontri ed eventi porta in primo piano la città delle persone che nel capoluogo lombardo vivono ai margini. Dal 28 settembre alla Fabbrica del Vapore si potranno vedere i risultati del progetto di Codici realizzato con la Direzione Welfare e Salute del Comune e la Rete grave marginalità del Terzo settore e volontariato cittadino. Un racconto vivo grazie alle immagini del fotografo Luca Meola

di Antonietta Nembri

Quante facce ha Milano? La città scintillante delle vetrine del fashion, delle grandi firme, dei palazzi tutti vetro e acciaio, delle strade piene di turisti e dei ristoranti glamour non è che lo scenario di un’altra che ci scorre accanto e che spesso non vediamo. 

È una Milano invisibile, quella dei senza dimora, delle persone che vivono ai margini: la città che per una settimana sarà protagonista di una mostra e di una serie di workshop, talk e attività che da sabato 28 settembre animeranno la Fabbrica del Vapore (via Procaccini, 4 – fino al 6 ottobre).

VITA ha dedicato a Milano un intero numero

La mostra “Milano senza dimora” cerca di indagare come vivono e si muovono nel contesto urbano le oltre 2.300 persone censite dal progetto raccontaMi2024, la quinta rilevazione sui senza dimora promossa dal Comune di Milano e realizzata in collaborazione con la Fondazione “Ing. Rodolfo Debenedetti” a febbraio scorso.
Il progetto di ricerca e documentazione fotografica è stato promosso da Codici, dalla Direzione Welfare e Salute del Comune di Milano e dalla Rete grave marginalità adulta del Terzo settore e volontariato cittadino. Sviluppato tra il 2023 e il 2024, il progetto ha coinvolto un team composto dal fotografo Luca Meola, due ricercatori sociali (Jacopo Lareno e Andrea Rampini di Codici) e 15 persone senza dimora che hanno condiviso la loro esperienza per mappare una Milano diversa. 

Fotografare la città invisibile

Ben 160 le fotografie esposte che raccontano e mostrano itinerari, luoghi di incontro e reti di sostegno che spesso, come i protagonisti delle immagini, restano invisibili. Per realizzare gli scatti , racconta il fotografo Luca Meola, «ho camminato al fianco di ognuna delle 15 persone senza dimora coinvolte, per ore. Ho raccolto immagini e storie per documentare la loro quotidianità, spesso fatta di attività e spostamenti ripetitivi, con uno sguardo di profonda vicinanza e condivisione». 

via Mambretti

Le persone senza dimora protagoniste delle immagini, spiega Meola, sono state scelte tra quelle che frequentano i centri diurni «è stata fatta una chiamata retribuita con una borsa di studio/lavoro. I centri ci hanno segnalato diverse persone tra uomini e donne, italiani e stranieri, giovani e anziani che hanno deciso di stare con me una decina di ore». Seguire queste persone ha permesso di «capire i loro tragitti con che mezzi si muovono, dove vanno». 

Ed è emerso che «di fatto ognuno ha un suo percorso, molti si spostano da un servizio a un altro: la mensa, i centri diurni dove passano la giornata, i dormitori, le docce, i centri medici», sottolinea Meola. Che aggiunge: «Milano ha tanti servizi». In mostra si possono anche vedere i percorsi che vengono fatti e sono tutti diversi da persona a persona. 

Le docce a Baggio

Tra le persone senza dimora c’è anche una coppia. «Lei dormiva alla Cardinal Ferrari, mentre lui ha scelto di dormire sulla 90 (il filobus che percorre la circonvallazione, ndr). È una sua scelta» sottolinea il fotografo «mi ha detto che è meglio del dormitorio. Ascoltando i racconti di tanti ci sono tante ragioni per cui non frequentano i dormitori, alcuni dicono di sentirsi più sicuri altrove». 

Dormire su un autobus

In strada da 30 anni

Tornando all’uomo che dorme sull’autobus Meola spiega che parlando con lui ha scoperta che vive in strada da 30 anni «mi ha confidato che negli anni i servizi sono molto migliorati, oggi alle mense si mangia decisamente meglio di vent’anni fa “quasi come in trattoria”, mi ha confidato. Ma per il suo futuro è invece molto negativo perché il mercato del lavoro oggi è molto più difficile». Un’altra persona protagonista delle immagine è invece un giovane dipendente dall’eroina che frequenta Rogoredo. «Tra le persone seguite ci sono anche tre giovani donne sudamericane finite in strada dopo aver perso il lavoro e che frequentano il dormitorio mentre cercano altri lavori». 

Il centro città tra homeless e turisti

Nel secondo momento del progetto fotografico Meola è tornato negli stessi posti frequentati dai senza dimora «per catturare l’ambiente urbano con un approccio più distaccato e analitico, mettendo in luce le contraddizioni di una città che se da un lato offre servizi fondamentali dall’altro alimenta dinamiche di esclusione».
E i contrasti emergono in modo particolare nel centro cittadino, in particolare nell’area della Galleria Vittorio Emanuele e del corso (nelle immagini). «Sono le vie turistiche che quando i turisti se ne vanno si animano di persone senza dimora che stendono i loro cartoni, montano le tende. Poi al mattino verso le 7 la polizia municipale li fa spostare e loro tornano a essere invisibili anche perché sono super mimetizzate». 

Non cercate il cliché del clochard

Che cosa vuol dire? «Che molti senza dimora non ricadono nel cliché del “barbone”, del clochard, anzi sono vestiti molto bene. Milano offre veramente molto perché è una città ricca e anche il nostro surplus è di qualità. Ho accompagnato una persona a prendere i vestiti in una parrocchia ed erano abiti di marca. Anche per questo il fenomeno è sommerso». 

Nelle parole Jacopo Lareno, uno dei ricercatori di Codici che si è occupato del progetto la mostra evento “Milano senza dimora” «non è soltanto un racconto visivo per superare pregiudizi, ma anche uno strumento di riflessione condivisa su come Milano possa al tempo stesso accogliere o respingere, connettere o isolare. Queste immagini raccontano le condizioni di vita e di dignità delle persone che occupano le posizioni più marginali ed esposte, ma anche le possibilità di cambiamento». 

«Il progetto», prosegue Lareno «intende aprire un dialogo tra il pubblico cittadino, le istituzioni e le reti di assistenza, per cercare soluzioni che puntino a un miglioramento delle condizioni di vita di chi è in situazioni di grave emarginazione. È una domanda aperta: quale futuro possiamo costruire per una Milano più inclusiva?».

Il vernissage della mostra, sabato 28 settembre alle ore 18,30 alla Fabbrica del Vapore avrà tra i protagonisti le Unità Mobili della Rete Milanese e gli Enti del Terzo Settore che partecipano al sistema grave marginalità adulta del Comune di Milano.

La coda alla mensa di Opera San Francesco in via Concordia

Da parte sua l’assessore al Welfare, Lamberto Bertolé definisce l’iniziativa «un’opportunità per confrontarci con la città, a partire dallo sforzo che la rete cittadina coordinata dal Comune ha portato avanti in questi anni per costruire strategie efficaci sulla grave marginalità e, contemporaneamente, non sottovalutando le contraddizioni e le difficoltà che caratterizzano Milano, come tutti i grandi centri urbani». 

Non distogliere lo sguardo

«L’impegno», continua Bertolé «è quello di lavorare su risposte strutturali per sostenere le persone più vulnerabili in un percorso di riscatto sociale. La mostra e il palinsesto collegato hanno il merito di entrare in punta di piedi ma con determinazione in un mondo – quello di chi vive in strada – spesso chiuso e inaccessibile, per favorire lo sviluppo di un punto di vista consapevole su questo fenomeno così complesso. Non distogliere lo sguardo è il primo passo per comprendere davvero».

Il calendario completo di tutti gli eventi, i talk, i laboratori e gli spettacoli è online

L’immagine in apertura in piazza del Duomo è una citazione omaggio al film di Vittorio De Sica “Miracolo a Milano” – Tutte le immagini, parte della mostra, sono di Luca Meola

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