Politica
Obiettivo stabilità. Ma senza ghetti
La tappa toscana del tour del ministro Ferrero
di Redazione
Giovedì e domenica sono i giorni liberi per le badanti di Firenze. Un esercito silenzioso di rumene, polacche, indiane, filippine scende in piazza Santa Maria Novella, a due passi dalla stazione, e ci resta dalla mattina alla sera, mentre furgoncini di connazionali arrivano per fare affari, vendendo cibo, bibite, vestiti. Inizia parlando di loro l?assemblea riunita il 30 novembre scorso a Palazzo Vecchio per la terza tappa del viaggio nell?Italia dell?immigrazione del ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero e della sottosegretaria, Cristina De Luca. «Sono 2.500 le badanti irregolari, e spesso non per colpa delle famiglie toscane», dice l?assessore regionale alle Politiche sociali, Gianni Salvatori. «Vogliamo far emergere il fenomeno e suggeriamo di slegarne la presenza dal decreto flussi». Dopo la collaborazione domestica, è l?edilizia ad attirare un gran numero di lavoratori stranieri, il 24,5% del totale nel settore. «Sono arrivato dal Pakistan dieci anni fa per studiare: oggi ho un?impresa edile, di imbiancatura», racconta Gondal Abdul Rauf, dell?Anolf – Cisl (Associazione nazionale Oltre le frontiere) di Prato. Fa parte del 9,8% di titolari di permesso di soggiorno per lavoro autonomo. Secondo Gondal bisognerebbe cercare di favorire l?incontro tra italiani e stranieri. Ammette però che i pakistani sono una comunità chiusa, per le difficoltà linguistiche, e perché la metà sono analfabeti. Il problema della lingua e della formazione professionale è al centro del dibattito: «L?inclusione passa per la conoscenza dell?italiano», sostiene il ministro Ferrero. «Gli immigrati devono poter, e voler, guardare il nostro tg, scordandosi della parabolica».
In Toscana sono quasi 245mila gli immigrati regolari. La comunità albanese è quella più numerosa, con 35.736 presenze, seguita dai 23.632 cinesi, 21.965 rumeni, 14.267 marocchini, 2.121 i pakistani, secondo il Dossier Caritas 2006. Tanti popoli, tanti ghetti? Un rischio da scongiurare, secondo don Giovanni Somigli, della diocesi di Firenze: «Se vogliamo un modello di città interculturale, allora servono nuove forme di interazione e convivenza, evitando le concentrazioni etniche». L?obiettivo, per l?assessore Salvadori, è rendere stabile sul territorio la presenza dei migranti, che qui aumentano a un ritmo più veloce che nel resto d?Italia. E una delle strade è la concessione del diritto di voto alle amministrative. Lo chiedono a gran voce i presenti all?assemblea: Mourad Abderrezak, presidente del Consiglio degli stranieri della Provincia di Firenze; don Emanuele Morelli, della Caritas; Vincenzo Striano, dell?Arci; Assane Kébé e Divina Capalad del Consiglio degli stranieri del Comune di Firenze. E Pap Diaw, cittadino italiano, arrivato dal Senegal trent?anni fa per studiare, oggi consigliere comunale.
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