La giornata mondiale
Obesità: ciechi al problema che sta davanti agli occhi
Epidemia silenziosa, spesso negletta, i chili di troppo sono all'origine di malattie croniche, metaboliche, neoplasie, disabilità, dal pesante impatto clinico ed economico. Per farne una priorità nazionale, in Italia si punta a renderla malattia con una legge. Ma le responsabilità vanno ricercate a più livelli e servono ampi interventi in tanti settori diversi, dall'urbanistica ai sistemi alimentari
NNel nostro Paese le persone con obesità sono l’11,4 per cento della popolazione e oltre 21 milioni di italiani conducono una vita sedentaria. Le abitudini di alcune regioni, alla base delle disugueglianze territoriali mostrate dai grafici qui sotto, fanno molto retrocedere il paese nelle statistiche internazionali: ad esempio, il 44% dei bambini della Campania, maglia nera del paese, è sovrappeso e il 55% è sedentario. Il fenomeno ha subito una rapida crescita negli ultimi tre decenni e oggi un miliardo di persone nel mondo – un individuo su otto – è obeso e di questi 159 milioni sono bambini e ragazzi, tra cui i tassi di obesità globale nel periodo tra il 1990 e il 2020 sono più che quadruplicati, come evidenzia il report della School of Public Health dell’Imperial College di Londra appena pubblicati su Lancet, a ridosso della giornata mondiale dell’obesità, che si celebra il 4 marzo nel mondo. Dal 1990 al 2020 si è ridotta al contempo la fetta di popolazione sottopeso. Per gli autori, «è molto preoccupante che l’epidemia di obesità che era evidente tra gli adulti in gran parte del mondo nel 1990 si rifletta ora nei bambini e negli adolescenti in età scolare».
Non c’è eccesso di grasso non nocivo
A preoccupare molto è la proiezione futura sulla base del sovrappeso e dell’obesità dei bambini e degli adolescenti, anche perché i chili in eccesso in questa fase della vita tenderanno a rimanere, peseranno moltissimo sulla salute futura e ridurranno l’aspettativa di vita anche di molti anni e almeno di una ventina d’anni il tempo speso in buona salute. Un eccessivo peso corporeo durante la gravidanza influenza lo sviluppo del feto e anche la sua predisposizione a sviluppare delle malattie più in là negli anni.
Un peso anche economico
Oltre ai costi umani, ci sono quelli economici che gravano e graveranno sul sistema sanitario nazionale e sulle tasche di tutti, come vi abbiamo raccontato nel dettaglio nel secondo capitolo di Vita Magazine di dicembre2023/gennaio 2024, dove emerge chiaramente anche che non esiste un eccesso di grasso che, alla lunga, non siano nocivo per l’organismo. In quell’occasione, parlammo anche di una delle soluzioni – la sugar tax– adottate in alcuni paesi, per mettere al riparo soprattutto i più piccoli dagli zuccheri aggiunti, e dai risultati ottenuti. Una Perspective sul New England Journal of Medicine dal titolo “Prevenzione dell’obesità infantile: focus sugli interventi e sull’equità a livello di popolazione” ribadisce che «le analisi del rapporto costo-efficacia hanno evidenziato che tali tasse possono comportare un risparmio sui costi», attraverso la riduzione dei casi di obesità e di sovrappeso.
Responsabilità a più livelli
Adottare uno stile di vita sano e tenere un peso corporeo nella norma acquista, quindi, tutt’un altro significato. Tuttavia, queste emergenze economiche e di salute vanno affrontante anche a livello istituzionale. «L’obesità non è una malattia del singolo, tanti sono i fattori obesogeni che ci circondano, dall’inquinamento alle strutture delle nostre città, non da ultimo quelli di natura psicologica e sociale che tendono a non farci riconoscere il sovrappeso come problema di salute» ha detto Andrea Lenzi, presidente del braccio italiano dell’organizzazione Obesity Policy Engagement Network Open Italy durante l’incontro organizzato a Roma. «Ne consegue che nessun attore da solo può riuscire a risolvere il problema, serve un ripensamento radicale dei modelli di business, dei sistemi alimentari, del coinvolgimento della società civile e della governance nazionale e internazionale». Proprio alla necessità di interazione tra settori diversi fa riferimento lo slogan di questa edizione della giornata mondiale “Parliamo dell’obesità e…” (Let’s Talk About Obesity and…)
Dati allarmanti
A convivere con l’obesità saranno 1,9 miliardi nel 2035, ovvero 1 persona su quattro. L’incremento stimato dell’obesità fra i bambini dal 2020 al 2035 è del 100 per cento. In Italia, nel 2022 la percentuale di adulti con sovrappeso e obesità, pari al 46,3 per cento, è tornata ai livelli pre-pandemia, durante la quale si era raggiunto il picco del 47,6 per cento. Tuttavia, il numero di persone con obesità è passato dal 10,9 per cento del 2019 all’11,4 per cento nel 2022, con un picco del 12 per cento nel 2021.
Oltre 21 milioni di persone, ovvero il 37,2 per cento della popolazione di tre anni e più, dichiarano di non praticare né sport né attività fisica nel tempo libero, con marcate differenze di genere: è sedentario il 40,6 per cento delle donne contro il 33,6 per cento degli uomini.
Non “vedere” i chili di troppo
Un ostacolo all’adozione di stili di vita sani è costituito dalla mancata consapevolezza degli obesi e dei sovrappeso della propria condizione problematica e, nel caso dei più piccoli, dalla percezione distorta dei genitori incapaci di vedere il problema nei propri figli. Nel 40% dei casi, le madri di bambini con problemi di peso li percepiscono come normopeso, tanto che il 70% delle mamme pensa giudica adeguata la quantità di cibo consumata dal figlio sovrappeso. Il 59,1 per cento delle madri di bambini fisicamente poco attivi ritiene che il proprio figlio svolga attività fisica adeguata. Tutto questo mina alla base la prevenzione ed è più forte delle continue raccomandazioni degli esperti sull’importanza dei meccanismi epigenetici e delle abitudini nei primi anni di vita. Che la sottostima del peso corporeo della prole sia una delle cause principali della diffusione del problema è noto da tempo.
«La percezione è proprio uno dei punti prioritari individuati dal white paper White Paper “The Need for a Strategic, System-wide Approach to Obesity Care”» Paolo Sbraccia, Vice Presidente Indo Foundation. Inoltre, circa 40% dei medici e dei decisori ritengono che i pazienti con obesità si devono risolvere da soli il loro problema in quanto legato alle decisioni relative allo stile di vita. Infine, altri pericolosi equivoci riguardano la cosiddetta body positivy: è sempre attuale l’appello di alcuni anni fa lanciato dai cardiologi che denuniciavano il tentativo di includere obesità e sovrappeso nei messaggi di inclusione e diversità contro la discriminazione, che sono gli obiettivi delle campagne di body positivity: «Per nessuna ragione dobbiamo far passare il messaggio che l’obesità vada considerata come una condizione ‘normale’, addirittura alternativa alla magrezza eccessiva o al normopeso. In questo campo ‘uno non è uguale a uno’. L’obesità è una patologia cronica. L’obesità e il sovrappeso vanno affrontate e trattate già nei bambini e negli adolescenti, senza perdere tempo».
Da condizione a malattia: una proposta di legge
«Riconoscere l’obesità come una vera e propria malattia e affrontarla come una priorità nazionale è il principale contenuto della proposta di legge, a mia prima firma, che attualmente stiamo discutendo in Commissione XII e presto spero potrà approdare in Aula per la sua approvazione» ha detto Roberto Pella, presidente dell’intergruppo parlamentare Obesità, diabete e NCDs, durante l’evento romano. «L’obesità è un gateway, la porta di ingresso, di molte malattie croniche, metaboliche, neoplasie, disabilità» ha detto Luca Busetto, vice-presidente for the Southern Region della European Association for the Study of Obesity Easo, evidenziando il fatto che «l’obesità è una condizione complessa, non una semplice scelta del singolo. Ciò cambia la prospettiva in termini di prevenzione e di trattamento». Se ne parlerà al prossimo congresso Easo, che si terrà il prossimo maggio a Venezia.
Una costosa sottovalutazione
L’aver sottovalutato i chili di troppo ha già avuto delle conseguenze sulla percezione dei cittadini e sulle possibilità di intervento. Secondo Rocco Barazzoni, presidente della Società italiana dell’obesità Sio, «l’obesità, in termini di impatto clinico e di spesa medica per il trattamento delle malattie che ne derivano, costituisce una sfida che, se non adeguatamente affrontata, finirà per condizionare le generazioni future con importanti conseguenze negative sul sistema sanitario e sulla nostra società tutta». Anche perché «l’obesità è una malattia cronica recidivante» ha detto Frida Leonetti della Società italiana di diabetologia Sid ed è all’origine di molti casi di diabete e da trattare, anche nei diabetici, al pari della glicemia. Una letteratura ormai consolidata indica che una riduzione del 5 per cento del peso diminuisce il rischio di diabete del 40 per cento, con un miglioramento clinico significativo dell’emoglobina glicata e della pressione arteriosa. Perdite di peso anche moderate arrivano a migliorare non solo i più comuni fattori di rischio, ma anche esiti di malattia come steatosi epatica e apnee notturne nelle persone con diabete di tipo2.
Il manifesto
Il 4 marzo a Roma verrà presentato un documento firmato da oltre una ventina di associazioni rappresentative del mondo medico-scientifico, delle istituzioni e dei pazienti (la diretta è qui). Il “Manifesto per il contrasto all’obesità, come malattia cronica da affrontare in maniera sinergica multidisciplinare e olistica, libera da pregiudizi, stigma e discriminazione” indica al governo le priorità da seguire, che sono riconoscere l’obesità come malattia non trasmissibile, ovvero ottenere l’inclusione governativa e parlamentare e del sistema sanitario dell’obesità come malattia cronica non trasmissibile a sé stante; costruire l’alfabetizzazione sanitaria, ovvero costruire la consapevolezza pubblica e politica delle complessità che ha l’obesità lungo il corso della vita della persona; ottimizzare le strategie di prevenzione, ovvero garantire che i governi diano priorità alla raccolta di dati, alla generazione di prove e alle risorse necessarie per fornire azioni che contribuiscano efficacemente a prevenire o ridurre i fattori di rischio chiave per l’obesità; migliorare i servizi alla persona con obesità.
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