Mondo
Obama, stop alle torture della Cia
La Casa Bianca dà il via libera a un'indagine sugli interrogatori antiterrorismo. Il resoconto dei giornali
Un’altra promessa elettorale mantenuta dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama: fare luce sulle torture della Cia negli interrogatori antiterrorismo e soprattutto voltare pagina perché non succeda mai più. Le decisioni del ministro della Giustizia, Eric Holder, sono raccontate con ampiezza dai giornali di oggi.
- La rassegna stampa oggi si occupa anche di:
- IMMIGRAZIONE
- SCUOLA
- AMBIENTE
- VOLONTARIATO
- FRECCE TRICOLORI
- MEETING DI RIMINI
“L’America processa le torture della Cia” è il titolo di apertura a due colonne del CORRIERE DELLA SERA, che rimanda ai servizi alle pagine 2 e 3. Due le decisioni prese dal Dipartimento della Giustizia: il ministro Eric Holder ha nominato un giudice speciale per indagare sugli abusi commessi dagli agenti della Cia negli interrogatori in Iraq e Afghanistan, e d’ora in poi sarà l’Fbi, e non la Cia, a coordinare una nuova unità speciale incaricata degli interrogatori antiterrorismo. Due atti politici importanti, che sono trapelati nel giorno in cui sono state rese note le parti secretate da Bush del rapporto sulle torture. Il Corriere propone addirittura a pagina 3 una interessante, e agghiacciante, infografica sulle tecniche di tortura durante gli interrogatori: minaccia con pistola o trapano, waterboarding (ossia simulazione di annegamento), wall standing (posizione insostenibile a lungo con mani al muro e piedi divaricati), walling (schiena sbattuta ripetutamente su un muro), isolamento in un container (magari con insetti), innaffiamento, schiaffeggiamento, blocco del collo e del viso. Fra le rivelazioni citate dal CORRIERE anche la minaccia di uccidere i figli o di stuprare la madre degli interrogati. Insomma un repertorio di torture che non sono assolutamente previste dalla costituzione americana, come ricorda l’americanista Massimo Teodori in un’intervista di Dario Fertilio. “Obama, la forza e le regole” è il titolo dell’editoriale, in prima pagina del CORRIERE, a firma di Paolo Valentino: “Aveva altra scelta Holder, in uno Stato di diritto? Il parere formulato dall’ufficio etico del suo ministero non gli lasciava margini – argomenta – Nella sostanza, l’Attorney General è d’accordo col presidente: in questa estate dello scontento, la politica americana ha altre priorità, deve guardare avanti, concentrarsi sulla riforma sanitaria, non rimanere impantanata nei processi al passato. I conti con Bush si regolano mettendo fine alle pratiche controverse, ripristinando ove possibile l ‘habeas corpus , fissando nuove regole e nuove linee guida”. E questa la conclusione: “Quanto agli interrogatori, che ora verranno condotti dalla nuova unità speciale coordinata dal Fbi secondo le regole del manuale dell’esercito, esistono abbastanza testimonianze di esperti che le tecniche speciali non siano affatto il miglior modo di strappare in formazioni preziose. E se qualcuno nutrisse dubbi che Obama non sia abbastanza deciso nei confronti della minaccia terroristica, potremmo ricordare che dal giorno del suo insediamento ha autorizzato ben 34 attacchi di droni, i micidiali aerei senza pilota, contro i gruppi di al-Qaeda ai confini tra Pakistan e Afghanistan”.
LA REPUBBLICA con una foto notizia in prima e due pagine di servizi riferisce della decisione di Obama di bloccare la Cia. La cronaca da New York è di Antonio Aquaro: “Obama punisce la Cia, non farà più interrogatori”. Troppe le esagerazioni e le minacce improprie (gli agenti arrivarono a minacciare il rapimento e lo stupro della madre di un prigioniero), troppo violente le tecniche di tortura. C’è un rapporto del 2004, ignorato da Bush, che rende conto di modalità e particolari. Obama ha deciso di non ignorarlo e di aprire i conti con l’Agenzia. Il ministro della giustizia, Eric Holder, ha nominato John Durham alla guida della commissione che indagherà sugli abusi. Nel frattempo la Cia è già stata depotenziata. Una nuova unità speciale per gli interrogatori sarà ospitata dall’Fbi e opererà sotto il controllo del Consiglio di sicurezza della Casa bianca. Nel frattempo un trattato di 177 pagine, ispirato alla Convenzione di Ginevra, stabilisce le nuove regole: niente più interrogatori di persone nude, niente più uso di cani o di temperature estreme, niente più finti annegamenti. Il commento è firmato da Vittorio Zucconi: “Finisce l’epoca delle torture parte l’inchiesta per i colpevoli”. «Un passo coraggioso e rischioso, compiuto per uscire dal pantano morale in cui la Casa Bianca di Bush e Cheney aveva sprofondato, insieme con se stessa, il prestigio degli Stati Uniti nel mondo»; «Chiudere questo capitolo amaro della storia americana, affidare futuri interrogatori a gruppi di esperti prelevati da quell’agenzia, l’Fbi, che nelle indagini ha la propria specialità, e alla Forza Armata, il cui manuale di operazioni esplicitamente vieta la tortura, era un atto dovuto dall’Amministrazione Obama». È comunque scelta rischiosa, aggiunge Zucconi: un eventuale ritorno del terrorismo metterebbe alle corde il “buonismo” obamiano e d’altro canto occorre chiudere davvero con il passato, ad esempio eliminando anche quella Abu Graib d’Oriente, la base militare ex sovietica di Bagram dove si denunciano gli stessi orrori.
IL SOLE 24 ORE si occupa della questione a pagina 7, con un articolo di Claudio Gatti “Da Obama doppio colpo alla Cia”. Gatti scrive che l’inchiesta del ministero della Giustizia riguarderà 12 casi di interrogatori che potrebbero aver violato la convenzione di Ginevra, Gatti cita qualche esempio: «Strangolamento fino allo svenimento di un prigioniero, ginocchiate al petto di un insegnante afghano interrogato davanti a 200 suoi studenti; e ancora minacce di morte, di tortura, di vendette contro i figli e addirittura di violenze sessuali sulla madre», Intanto però «l’amministrazione Obama è attenta a non dar segni di cedimento alla guerra al terrorismo. Per questo ieri ha lasciato trapelare che continuerà il programma delle cosiddette extraordinary rendition e ha annunciato la creazione del gruppo per gli interrogatori di “detenuti di grande valore”, il cui acronimo in inglese è Hig”».
“Obama «punisce» la Cia: fuori dagli interrogatori”. È il titolo del primo piano di pagina 4 su AVVENIRE. Secondo l’invitata Elena Molinari, dopo aver promesso l’immunità agli agenti della Cia colpevoli di torture (se avevano rispettato le direttive dell’Amministrazione Bush), Obama si trova ora «costretto» ad autorizzare una nuova richiesta del dipartimento della Giustizia di perseguire gli abusi. Un cambio di rotta dettato dal nuovo rapporto sulle torture del 2004 relative a una decina di casi, fra cui il caso di Abd al-Rahim al Nashiri, considerato il cervello dell’attentato alla portaerei americana Cole nel 1999, (l’uomo «sarebbe stato minacciato di morte con una pistola e un trapano elettrico durante un interrogatorio, e avrebbe subito decine di sedute consecutive di waterboarding, l’annegamento simulato»). Un duro colpo che insieme alla costituzione della Hig, la nuova unità per trattare i prigionieri sospettati di terrorismo, e alla decisione di affidare gli interrogatori all’Fbi indebolisce il ruolo della Cia. Il nuovo direttore dell’Agenzia, Leon Panetta, ha tentato di gettare acqua sul fuoco, mettendo «l’enfasi sul futuro» e sulla nuova stagione “responsabile” della Cia. «Secondo alcune fonti citate dall’Abc», tuttavia, «il capo della Cia avrebbe minacciato di dimettersi e la casa Bianca avrebbe già avviato la ricerca di un sostituto». Ora, anche «l’Europa deve finalmente fare chiarezza sul suo coinvolgimento nelle carceri segrete operate dalla Cia sul Continente». A chiederlo, dopo le rivelazioni pubblicate da un quotidiano americano su un carcere Cia in Lituania, è il parlamentare svizzero Dick Marty, che in qualità di relatore dell’Assemblea parlamentare del consiglio d’Europa fu il primo a redigere un rapporto su questo.
In prima pagina su LA STAMPA “Obama, le mani sulla Cia” di Maurizio Molinari, corrispondente da New York, racconta come il Dipartimento di Giustizia abbia messo «sotto accusa la Cia per le tecniche illegali adoperate nel trattamento dei presunti terroristi e la Casa Bianca le toglie da subito la responsabilità di condurre gli interrogatori». Dunque un forte ridimensionamento da parte dell’amministrazione Obama all’Agency. L’unico aspetto non chiaro è l’indagine dopo le assicurazioni personali di Obama che aveva garantito che nessun agente, che avesse eseguito le disposizioni di Bush, sarebbe stato processato. Infatti John Durham, procuratore del Connecticut, è già a lavoro e non sembra intenzionato a fare sconti. Proprio su questo problema sempre Molinari a pagina 5 con il suo “Obama rischia la rivolta degli 007” spiega come adesso il più grosso timore sia proprio la reazione degli agenti. Infatti dopo la scelta del presidente di rendere di dominio pubblico il fatto che venisse utilizzato il «waterboarding» negli interrogatori la cosa più chiara per la Cia è che «quando un solo agente è minacciato di processo per aver fatto ciò che gli è stato chiesto l’intera Cia è a rischio». Leon Panetta direttore Cia d’origini calabresi è già sul piede di guerra dopo aver diffuso un messaggio interno in cui rassicurava «difenderò tutti quegli ufficiali che hanno fatto ciò che la loro nazione gli ha chiesto e che hanno seguito le disposizioni legali ricevute».
IL GIORNALE dedica al tema un taglio basso nelle pagine degli esteri. “Svolta a Washington: Obama toglie i terroristi alla Cia, saranno interrogati solo dall’Fbi”. È un pezzo senza firma, asciutto e senza particolari commenti. Sottolinea come la nuova squadra di inquirenti voluta da Obama (l’Hig) praticamente «metterà nell’angolo la Cia, già finita nella bufera dopo le accuse di torture e abusi negli interrogatori di presunti terroristi». Proprio alla Cia però potrebbe rimanere la vice direzione dell’Hig; l’agenzia d’intelligence quindi «continuerà comunque ad avere un ruolo importante». Si mette infine in evidenza l’intenzione del dipartimento di Giustizia con il placet del presidente, di riaprire una decina di inchieste su presunti abusi commessi durante gli interrogatori in Iraq e in Afghanistan, «senza escludere l’ipotesi di incriminare alcuni degli agenti della Cia».
IL MANIFESTO ha un richiamo in prima «Dieci dossier accusano la Cia di atrocità». A pagina 8 il corrispondente da New York Matteo Bosco Bortolaso focalizza il pezzo sulla riapertura di una decina di dossier dell’era Bush. Il merito – scrive Bortolaso – sarebbe proprio del Guardasigilli di Obama, Eric Holder, «rimasto colpito, e talvolta disgustato, dai dettagli sugli interrogatori». Oltre alla riapertura dei casi più spinosi, al dipartimento della Giustizia si chiederebbe «con sempre maggiore insistenza» una reprimenda in particolare contro i due responsabili delle direttive che legalizzavano le torture, e l’istituzione («ormai praticamente certa») di un procuratore speciale per indagare sulle scelte della passata amministrazione. Ma «tanto alla Casa Bianca quanto alla Giustizia sono cauti. È probabile che le indagini non siano così estese come vorrebbero i liberal». Si tratta tuttavia di «forti segnali simbolici» per IL MANIFESTO, che riprende le parole del nuovo direttore della Cia, Leon Panetta: «Si guarda al futuro ma prendendosi le responsabilità per il passato». Una svolta che IL MANIFESTO individua anche nella scelta del Pentagono di dare alla Croce Rossa internazionale i nomi di alcuni sospetti rinchiusi in Iraq e Afghanistan. Nella stessa direzione, la liberazione del più giovane dei detenuti di Guantanamo, incarcerato quando aveva forse 12 anni. Infine IL MANIFESTO dedica un box alla notizia della nuova squadra voluta dal presidente statunitense per interrogare i presunti terroristi. Con l’istituzione di questa unità speciale si sottolinea «la limitazione del potere della Cia a vantaggio dell’amministrazione Obama» e il tentativo «di porre fine ai voli segreti con cui venivano smistati i presunti terroristi da interrogare spesso con la tortura».
E inoltre sui giornali di oggi:
IMMIGRAZIONE
AVVENIRE – “L’Ue risponde a Frattini: «stiamo facendo molto»”. Così risponde alle lamentele di Franco Frattini sulla redistribuzione degli immigrati, il portavoce della commissione Dennis Abbott, ricordando che il commissario a Giustizia, libertà e sicurezza, Jacques Barrot, sta facendo il giro dei paesi in prima linea e presto si recherà anche in Turchia e Libia. Mentre da ottobre, il Consiglio europeo dei ministri procederà ad esaminare la proposta della Commissione in materia. Già dalla prossima settimana, nella riunione del 2 settembre, si metterà a punto questa proposta, basata su «una ridistribuzione strettamente volontaria». Dopo essere passata al vaglio del Consiglio Giustizia e Affari interni del 23 ottobre, tornerà allo stesso vertice il 29 e 30 ottobre. Risultati che soddisfano Frattini, che parla di «una prima, importante svolta». Ma «l’intervento del numero uno della nostra diplomazia ha suscitato anche un’accesa discussione interna», con Emma Bonino e Pd trovano «sconcertante» il tentativo della maggioranza di «scaricare le responsabilità sull’Europa». Una breve nota riprende poi la il titolo di ieri de la Repubblica (“Immigrati, Napolitano chiede a Maroni chiarezza sulla strage”). Più tardi la smentita del Quirinale: il presidente non ha rivolto alcun “richiamo” al governo. Ha solo chiesto di essere costantemente aggiornato sulla vicenda.
IL GIORNALE – Nelle pagine degli interni un reportage dall’inviato a La Valletta «Violenza, corruzione e scandali. Malta somiglia alle banlieue di Parigi». Dietro il viavai di turisti, racconta Rolla Scolari, l’isola nasconde insospettabili tensioni sociali e sentimenti razzisti. «La morte di 73 immigrati non fa più notizia e si rafforzano partiti ultra nazionalisti dagli slogan xenofobi»: il movimento Imperium Europa (2% alle Europee) sul suo sito accoglie i navigatori con un «Hail», e il suo leader Norman Lowell ha pubblicamente definito Adolf Hitler «un eroe». Segue un elenco di casi di intimidazioni e violenze ai danni di giornalisti e religiosi che hanno preso posizione a favore degli immigrati. L’articolo cita infine le inchieste attualmente aperte contro gli abusi della polizia e la corruzione nel calcio maltese.
SCUOLA
LA REPUBBLICA – “Scuola, stangata in vista zaini e diari con l’aumento”. Come sempre, in prossimità dell’avvio dell’anno scolastico, partono le previsioni sugli aumenti. Chi dice 450 euro in più, chi dice il doppio. I consumatori lamentano l’inefficacia o la debolezza delle misure fissate lo scorso anno dal governo. Il ministero dell’Istruzione annuncia un calo del 30% nei prossimi tre anni. Chi offre di più?
LA STAMPA – “Costa 800 euro mandare un figlio a scuola” di Maria Grazia Bruzzone propone le annuali denunce delle associazioni dei consumatori per quanto riguarda i costi delle scuole. «Aumenti del 3-5% secondo Federconsumatori e Adusbef, che crescono oltre il 5% considerando l’acquisto di penne, matite, diari e zaini». Ogni famiglia dunque dovrà sborsare intorno ai 450 euro per figlio.
AVVENIRE – “Bambini adottati: «ultimi» in classe”. Aprendo a Cervia il convegno nazionale «Emergenza educativa: adozione, affido, e leaving care tra scuola e famiglia», Marco Griffini, presidente di Aibi ha denunciato: «In Italia conosciamo quanti sono i cani randagi e quante sono le specie protette, ma non sappiamo quanti sono esattamente i minori che vivono fuori dalla famiglia. Per l’Istat sono 30mila, ma l’Istituto Innocenti di Firenze si ferma a 25.672, entrambi i dati risalgono a ricerche del 2005. Ciò significa che questi minori non sono considerati da nessuno». Un disinteresse che secondo Aibi è confermato dal fatto che la stessa Mariastella Gelmini non ha partecipato all’incontro nonostante le promesse fatte due giorni fa e non ha mandato nessuno a rappresentare il governo. La richiesta dell’Associazione: «Si rimetta in piedi la Commissione ministeriale scuola famiglia che aveva istituito il governo precedente e la si faccia funzionare, in collaborazione con le associazioni delle famiglie».
IL GIORNALE – A pagina 13 un ampio articolo di Pietro Vernizzi «L’integrazione che non c’è. Stranieri in classe: 50mila non parlano italiano». Secondo gli ultimi dati del ministero dell’Istruzione (relativi all’a.a. 2007/2008), uno su dieci dei quasi 500mila studenti immigrati «non parla né capisce la nostra lingua». Inoltre «il numero dei ragazzi immigrati aumenta in modo esponenziale», è di quasi il 20% l’aumento medio ogni due anni registrato nelle scuole italiane. Alle medie «il tasso dei bocciati è il triplo rispetto ai coetanei italiani». Per quanto riguarda le destinazioni dei flussi migratori, «i nuovi immigrati invece di preferire il Nord si insediano sempre più al Mezzogiorno”. In un’intervista l’assessore alla Scuola del comune di Milano, Mariolina Moioli, (la Lombardia ha il numero più alto di alunni stranieri) presenta il progetto che prevede corsi di lingua estivi per stranieri per favorire l’integrazione scolastica.
AMBIENTE
IL SOLE24ORE – “L’Africa chiede i danni sul clima”. «I leader di dodici paesi africani si sono ritrovati ieri in Etiopia per la prima riunione della Conferenza dei capi di stato e di governo dell’Unione Africana sui cambiamenti climatici». L’idea è chiedere alle nazioni ricche di pagare «67 miliardi di dollari all’anno per riparare all’impatto del riscaldamento globale sul continente più povero. L’Africa, che contribuisce meno dell’1% alle emissioni inquinanti del pianeta, resta infatti l’area più minacciata dal cambiamento climatico, come ha ricordato lo studio pubblicato dal Global Humanitarian Forum di Ginevra». Si tratta di una mossa importante in vista del decisivo vertice sul clima di Copenhagen, in vista del quale intanto (segnala un box accanto) Cina e India si sono alleate. In un vertice a due si sarebbe decisa una strategia comune: «Cina e India chiedono che le nazioni industrializzate aiutino quelle in via di sviluppo concedendo loro denaro e tecnologia»·
VOLONTARIATO
IL GIORNALE – “Lo strano federalismo dell’assistenza. Il Sud arraffa anche l’esercito dei volontari». L’articolo a pagina 17 sulla ripartizione dei volontari del servizio civile è a firma di Stefano Zurlo, “inspiegabilmente quasi il 60% finisce a prestare la propria opera in Meridione». «Un mondo clientelare, zeppo di sprechi, inefficienze e paradossi», spiega al GIORNALE Claudio Di Blasi, obiettore storico e studioso del fenomeno. La polemica è diretta all’Ufficio nazionale servizio civile, «un vigile che da Roma dirige il traffico – prosegue Zurlo – a senso unico o quasi», e infine: «altro che unità d’Italia: è il Sud che mangia il Nord».
FRECCE TRICOLORI
CORRIERE DELLA SERA – Si esibiranno davanti a trecentomila libici in festa i piloti delle Frecce Tricolori e sarà la prima volta di un volo aereo militare italiano sui cieli della Libia dopo la seconda guerra mondiale. Il CORRIERE dedica pagina 16 alla polemica sulla missione della pattuglia acrobatica, fortemente desiderata da Gheddafi (e pagata). Il ministro La Russa infatti risponde alle critiche dell’opposizione sostenendo che le uniche spese saranno la diaria di 300 euro per ognuno dei piloti impegnati nell’esibizione. Paolo Rastelli coglie l’occasione per ripercorrere “la conquista aerea di Tripoli e le prime acrobazie di Balbo e Fougier”.
MEETING DI RIMINI
AVVENIRE – Fra le varie segnalazioni, un box sull’intervento del primo ministro kenyota Raila Ondiga: «La colpa non è del colonialismo. La colpa è tutta nostra, di noi africani, e di cosa ne abbiamo fatto della nostra terra quando i colonialisti se ne sono andati». «Togliersi di mezzo i bianchi non è bastato», scrive l’ìnviato Nello Scavo «Dopo l’indipendenza, in tutto il continente si è sviluppata una corrente di pensiero che a sentire Ondiga non avrebbe fatto meno danni delle epidemie. “Si è andato sostenendo che il multipartitismo è estraneo alla cultura africana”, spalancando le porte ai regimi e alle guerre fratricide. “un po’ alla volta, le opposizioni sono scomparse, la separazione dei poteri non è equilibrata e la corruzione è a ogni livello”. Oltre che di Ondiga, da Rimini si levano le voci del vicepresidente della Sierra Leone, Samuel Sam-Sumana, del ministro degli esteri della Tanzania, Bernard Kamillius Membe, e del ministro della Sicurezza ugandese, Anama Mambazi: «Ora quello che le nostre popolazioni ci chiedono è la seconda liberazione d’Africa».
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