Politica
Obama: l’elettorato più difficile? Quello Afro Americano
Dopo Iowa e N.H. la sfida si trasferisce in Nevada e South Carolina dove il senatore potrebbe non avere l'appoggio della comunità nera
Il ?miracolo? del voto in New Hampshire, con la vittoria di Hillary Clinton e di John Mc Cain già dati in ritirata dopo l?Iowa, rende ancora più interessante questa lunga corsa alla Casa Bianca. Il clima che si respira è più frizzante grazie anche al clamoroso fallimento delle previsioni dei Democratici, con Obama dato vincente al 92% e la Clinton solo al 7%: oggi commentatori e politici si interrogano sul valore reale degli exit poll, che in un Paese così esteso e variegato come gli Usa sono sempre stati una sorta di ?verità di fede?.
Quel che è chiaro è che dopo il tonfo dell?Iowa, Hillary è corsa ai ripari cambiando strategia: stop ai discorsi da prima della classe, stop al richiamo all?esperienza e alla competenza; il successo di Obama in Iowa dimostra chiaramente che la battaglia si gioca sul terreno delle emozioni. E così l?ex first lady ha reclutato la figlia Chelsea, che ormai la segue in ogni tappa e nelle riprese televisive appare sul palco dietro di lei e affianco al padre Bill; ma soprattutto la senatrice di New York ha deciso di svelare la parte più fragile di sé, lasciandosi andare anche a lacrime pubbliche in una ?colazione tra amiche? organizzata ad hoc con un gruppo di donne del New Hampshire. Il risultato è garantito: Hillary è balzata al primo posto grazie soprattutto, dicono le analisi di voto, a quelle donne che l?hanno vista piangere in pubblico. A pensarci bene, non c?è niente di più antifemminista: donne che premiano una donna non in virtù della competenza ma solo perché dimostra di essere fragile.
Ma la macchina delle primarie va avanti e, anzi, solo dalle prossime tappe si potrà davvero dire di essere nel vivo di questa sfida. Dopo gli Stati piccoli ed indipendenti dellEst side, la battaglia si trasferisce su terreni più impervi, quelli degli Stati più grandi e rilevanti in termini di delegati. Il 15 gennaio i Repubblicani dovranno vedersela con gli elettori del Michigan, uno tra gli Stati più colpiti dalla recessione economica. I sondaggi (ma a questo punto chi ci crede più?) danno per favorito il miliardario Mitt Romney, che lì è nato e il cui padre è stato un senatore storico del Michigan, e che ha già dichiarato ?Se sarò Presidente la crisi economica sarà la mia priorità?. Il 19 sarà invece la volta del Nevada per entrambi gli schieramenti; nello Stato dove ha sede la capitale del gioco d?azzardo mondiale Las Vegas, il supporto fornito dalle associazioni di categoria pare ancora più decisivo che in Iowa e New Hampshire. Obama non perde tempo e si è già assicurato l?appoggio della più grossa associazione di lavoratori vale a dire la Culinary Workers Union, che conta oltre 60 mila iscritti. Dopo l?endorsement, gli immancabili sondaggi sono liberi di scatenarsi senza rischiare troppo e danno Obama addirittura al 42% contro Hillary al 30%.
Ma se il Nevada sembra una passeggiata tra le margherite per il senatore dell?Illinois, il South Carolina, dove il voto è previsto per il 26 gennaio, è invece un campo di ortiche. Secondo gli opinionisti, in uno dei principali stati ?black? d?America, il primo candidato afro americano della storia degli Usa potrebbe avere vita difficile. Un paradosso, certo, ma non una sorpresa. Da mesi, le associazioni dei Neri d?America sono divise sulla candidatura di Obama; l?Alabama Democratic Conference, l?organizzazione politica afroamericana più importante degli Stati Uniti con una grande influenza su tutti gli Stati del Sud, già da mesi si è schierata al fianco di Hillary Clinton. “Abbiamo nei suoi confronti un sentimento di gratitudine ? ha dichiarato a dicembre Joe Reed chairman dell?Adc. “I Clinton si sono da sempre identificati con la nostra causa. E poi Obama ha tutte le carte in regola, ma non credo che riuscirà a farcela. Noi Afro Americani abbiamo ancora tante battaglie da combattere e voteremo qualcuno che realisticamente possa favorirci?. Nel momento in cui rilasciava queste dichiarazioni Reed certamente non poteva prevedere il consenso guadagnato da Obama nell?ultimo mese; ma rimane pur vero che anche oggi alla luce dei primi successi, Obama è circondato da uno scetticismo persistente proprio tra la comunità black.
Per alcuni osservatori il motivo sarebbe nella sua storia: nato alle Hawai, cresciuto in Indonesia, eletto in Illinois, il senatore non incarna esattamente il modello classico di afro americano. Obama stesso, parla di sé come di un ?cittadino del mondo? più che di un appartenente alla comunità nera d?America. ?Is Obama black enough?? titolava nei giorni scorsi un articolo di Newsweek. Nonostante l?appoggio dell?ex candidato alla Casa Bianca John Kerry – che ha ?elegantemente? ignorato Jonh Edwards, suo ex alleato alla vicepresidenza ? e quello della diva nera della tv Oprah Winfrey, Obama insomma potrebbe avere vita difficile in South Carolina.
Dopo gli ?early States? gli occhi saranno tutti puntati sul ?supermartedì? 5 febbraio, quando al voto andrà circa il 40% dell?elettorato americano. La posta in gioco è molto alta e le visite nelle scuole, nei circoli dei lavoratori e negli ospedali non serviranno più. A contare sarà la pubblicità, il martellamento mediatico che i candidati saranno capaci di creare e di conseguenza i fondi che hanno raccolta. Hillary è favorita, certo, con oltre 90 milioni di dollari, ma Obama la segue a stretto giro con 80 milioni. Pur presentandosi come la faccia nuova della politica, il senatore dell?Illinois non è esattamente un Davide contro Golia; nella seconda parte dell?anno ha raccolto oltre 50 milioni di dollari realizzando la migliore performance tra tutti i candidati nella raccolta fondi. E? vero che, come ama ripetere nelle convention, i suoi soldi vengono da tanti piccoli donatori e non da grandi corporation (Hillary ha ricevuto una consistente donazione dalle compagnie assicurative che gestiscono la sanità), ma, come dimostra l?appoggio di Kerry, il successo di Obama, il suo carisma, la sua personalità, stanno attirando l?attenzione di molti, anche dei vecchi e navigati della politica americana. A questo punto bisognerà capire quanto il senatore sarà capace di tenere fede alle proprie idee, se dovesse davvero arrivare a concorrere per la Casa Bianca.
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