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Obama, fantasmi di morte

Complotto neonazista sventato per uccidere Barack Obama dopo aver seminato morte e terrore nel Paese. Il delirio di pochi folli o il segnale di un pericolo reale come le antiche paure americane?

di Franco Bomprezzi

 

 

Ultimi fuochi della campagna elettorale per l’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti. Ieri la notizia choccante, anche se dalla consistenza non definibile, è stata quella di un piano per uccidere Obama, organizzato da due giovani neonazisti. Tra follia e razzismo tornano dunque i fantasmi dell’America, ma Obama decide saggiamente di non commentare. Ecco come i giornali italiani hanno seguito la vicenda.

 

 

 

“Sventato piano neonazista per uccidere Obama” è il titolo di apertura della prima di Repubblica. Due ragazzi allucinati – 18 e 20 anni – avrebbero messo a punto il progetto (una strage graduale, partendo dall’università per arrivare al candidato democratico, con tanto di numeri simbolicamente allusivi alla “superiorità” dei bianchi). Vittorio Zucconi, ne “L’incubo della «jihad» bianca che può cambiare la Storia”, parla di «mitomani, idioti ubriachi o strafatti, immaginari crociati di una jihad bianca e cristiana contro l’uomo nero». Il piano concepito in una nazione in cui «l’assassinio politico ha segnato la storia dei grandi e rivoluzionari movimenti civili» (da Lincoln a Luther King). «Qualcuno là fuori, fra i proprietari di 200milini di armi da fuoco, sta ribollendo di collera e di terrore al pensiero che lo “sporco negro” possa diventare il Capo, e quindi il simbolo vivente dell’intera nazione». Non esclude, Zucconi, che la scelta diffondere la notizia (fatta da Fox Tv, che detesta Obama) sia per «sottolineare la “pericolosità” di eleggere un “morto che cammina” e magari piegare qualche indeciso a favore del vecchio usato sicuro, McCain». 

I movimenti razzisti americani ammettono che candidatura di Barack Obama è stata una manna per loro. Il corrispondente de La Stampa Maurizio Molinari racconta dati alla mano il fenomeno che sta dietro lo sventato complotto dei due giovani del Tennessee, ovvero fare una strage di afroamericani e uccidere il candidato alla presidenza. Molti gruppi razzisti americani stanno traendo giovamento in termini di raccolta di adesioni ma anche fondi dal successo politico del candidato afroamericano, con un’inversione di tendenza rispetto al forte declino registrato a partire dalla fine degli Anni Settanta. A dirlo sono i leaders di questi gruppi, come Jeff Schoep capo del movimento nazionalsocialista americano, ma anche i dati dell’Fbi secondo i quali c’è stato un aumento del numero di iscritti e un proliferare di nuovi gruppi: quelli stimati sono 900 con un aumento del 5% rispetto a due anni fa per un totale di militanti che supera le 50mila anime. A essere cambiato rispetto agli anni 70 è lo stile: «i nuovi razzisti parlano la lingua della gente comune, invocano la sicurezza per i nostri bambini e si incontrano non in eventi semiclandestini come facevano gli skinheads bensì in luoghi pubblici, come le librerie cittadine» dice Ann Van Dyke, titolare della commissione diritti umani della Pennsylvania, teatro fra il 2000 e il 2007 dell’aumento del 41% della popolazione ispanica, e dove si è registrato il maggior incremento dei gruppi di suprematisti bianchi.

Il piano nazista per uccidere Obama occupa le pag 2 e 3 del Corriere della Sera con un richiamo in prima. Arrestati due giovani di 20 e 18 anni: «Pronti a una strage». Ricostruisce il corrispondente Paolo Valentino: «Volevano assassinare Barack Obama. Vestiti in smoking bianco. Prima volevano piombare in un liceo frequentato soprattutto da afroamericani, sparare a 88 persone e decapitarne 14, numeri simbolici nel mondo della supremazia bianca. Daniel Cowart, 20 anni e Paul Schlesselman di 18 sono stati arrestati in Tennessee il 22 ottobre. Dice l’agente speciale che li ha catturati: «Ci hanno detto che il loro piano prevedeva di cominciare con una strage in una scuola nello Stato e poi partire con un giro omicida attraverso l’America, il cui obiettivo finale era l’assassinio di Barack Obama. Doveva essere il loro atto finale. Hanno ammesso che non credevano di poterci riuscire, ma erano intenzionati a morire provandoci». Obama non ha voluto commentare la notizia. Venendo alla campagna elettorale, oggi si apre l’ultima settimana, il Corriere dà rilievo al “sondaggio dei sondaggi” elaborato dalla Cnn che vede Obama avanti di 8 punti: 51% contro il 43% di McCain. 

Avvenire richiama in prima pagina “«Progettavano di uccidere Obama». Arrestati due giovani neonazisti” e titola a pag. 15: “Sventato un complotto per assassinare Obama”. In realtà, nel testo, la strage sventata appare poco più di una parentesi all’interno del commento sulla campagna elettorale. Il perno del discorso su cui punta il candidato democratico è: «Non dobbiamo chiederci se stiamo meglio oggi rispetto a quattro anni fa ma se staremo meglio fra quattro anni». Intanto, anche il Financial Times si è aggiunto alla lunga lista dei giornali schierati con Obama. C’è poi un affondo sull’Alabama, dove il repubblicano Jeff Sessions viaggia a gonfie vele nei sondaggi. Tanti politici del Gop (Grand Old Party che negli ultimi due anni è ricorso per ben 92 volte all’ostruzionismo frustrando gli sforzi dei democratici di approvare provvedimenti chiave, come quello del calendario per il ritiro dall’Iraq) temono di perdere il seggio e di consegnare ai rivali una maggioranza a prova di ostruzionismo. Ma, secondo gli esperti, gli indipendenti sono più favorevoli a una spartizione del potere. 

Il Sole 24 Ore sceglie di non riservare troppa attenzione all’attentato sventato (forse per problemi di orario di chiusura, c’è solo un boxino) e punta invece l’attenzione sulla sfida in Ohio tra i due candidati, anche per ragioni di scaramanzia: nessun candidato democratico negli ultimi 50 anni ha mai vinto le elezioni senza vincere in questo stato, che mette in palio ben 20 grandi elettori su 270. La prova di Obama è convincere qui l’elettorato bianco, maggioritario e messo  a dura prova dalla crisi dell’industria: 250 mila posti di lavoro in meno negli ultimi 8 anni, e proprio qui si incunea il messaggio di, e Barack: volete altri otto anni così? McCain, dal canto suo, non molla sapendo di avere “solo” 6 punti di svantaggio nello stato, e ripete che Obama aumenterà le tasse e i costi della macchina statale. Per una delle tante stranezze del sistema elettorale Usa, cerca di spiegare Mario Platero da Pittsburgh (e io non ci provo neanche, fidiamoci), a McCain basterebbe recuperare 2 punti in Ohio per sperare di vincere alla fine sul filo di lana, in Florida.

Lo sventato attentato ad Obama  è alle pagine 16 e 17 del Giornale preceduto a pagina 15 dal servizio sulle minacce on line rivolte al premier Berlusconi. La cronaca della vicenda americana è dell’inviato a Pittsburg Marcello Foa che oltre a dar conto dell’arresto di 2 skinhead e del loro progetto di sterminare  altri cento neri  racconta della trovata di cattivo gusto  in una casa nella west Hollywood. Una sagoma di Sarah Palin impiccata  ad una grondaia e una di Mc Cain che esce da un camino in fiamme (finte). «E’ per la festa di Halloween» si sono difesi gli abitanti. Il Giornale  in un box ricorda a pochi giorni dalle lezioni l’effetto Bradley. Il fenomeno che prende il nome da un sindaco favorito e che sorprendentemente ha perso le elezioni nel 1982  potrebbe riguardare anche Obama che molti americani sono disposti ad avere alla Casa Bianca, ma nel segreto dell’urna voteranno un non nero. A pag. 15  il servizio dal titolo  “Berlusconi minacciato su facebook: «Presto ti uccideremo»” .  Il pezzo racconta  quello che si può leggere e vedere sulla comunità virtuale adesso molto di moda. Il commento è di Salvatore Scarpino  “Quell’Italia dell’odio coccolata dalla sinistra” .

Dello sventato complotto contro Obama sul manifesto non c’è traccia complice la chiusura anticipata delle giornale rispetto agli altri quotidiani. Sulle elezioni Usa ci sono invece ben due pagine e un richiamino in prima sulla San Francisco gay e libera che sceglie Obama. Un riferimento alle prossime elezioni è anche nel servizio di copertina “L’ultima di Bush” dedicato al raid in Siria dove nel sommario si osserva “il silenzio di Obama”. Sulle prossime elezioni è stato intervistato da Marco d’Eramo (pag 10-11) Tim Redmond, direttore del San Francisco Bay Guardian, autorevole settimanale alternativo.  Redmond osserva «Quest’elezione rappresenta un punto di svolta. Certo, diciamocelo, l’America non è un paese post-razziale. Sarebbe bello se fosse così, ma non è vero. Basta ascoltare la campagna di sussurri e insinuazioni contro Obama, sul suo essere segretamente musulmano, nel suo essere in realtà un terrorista. Ma io credo che la crisi peserà più del razzismo». E prosegue «La vera battaglia progressista comincerà quando Obama avrà vinto le elezioni: e io penso che le vincerà (…) Credo che con la globalizzazione si tornerà a unità più piccole dello stato nazione, in definitiva a qualcosa come le città-stato. L’Italia e la Francia potranno dissolversi forse nell’Unione europea, ma Parigi resterà Parigi e Roma resterà Roma. Le città sono il motore del progresso». 

E inoltre sui quotidiani di oggi:

Università

Sole 24 Ore – Continua la “battaglia” per la meritocrazia e il Sole dà spazio in prima pagina a un intervento di Gianfelice Rocca, vicepresidente Education di Confindustria, che si scaglia contro il sistema di progressione di carriera dei docenti basato sull’automaticità e non sul merito, e auspica il reclutamento dei docenti “all’americana” cioè con criteri di mercato: gli atenei lottano per avere i migliori. Sul fronte studenti, Rocca ci tiene a «sfatare due miti», e cioè che in Italia i laureati siano pochi e che le aziende non li assumano. Questi i dati a sostegno della sua tesi: concentrandosi sulla fascia d’età 23-25 anni, i giovani laureati in Italia sono il 39%, due punti in più della media Ocse; inoltre, il 55% dei laureati triennali trova subito lavoro.

Avvenire – Due pagine piene sul nazionale (8 e 9) e una sulle pagine di Milano. “Protesta? Gli atenei a due volti”: una radiografia della realtà universitaria italiana attraverso alcuni dei principali focolai: Palermo, Treviso, Bologna, Napoli. E si scopre che molti non vanno in piazza e preferiscono studiare. A Palermo, il rettore ha evitato l’occupazione, ma il senato accademico si oppone al piano del governo. E c’è chi manifesta per fare lezione. All’università di Treviso sono iscritti molti fuori sede: “Il privato sociale ha creato strutture che sono davvero a nostra misura», spiegano i ragazzi. «Qui non c’è bisogno di scioperare». A Bologna, agitazione per pochi. La maggioranza studia. Napoli è l’unica città, dove effettivamente tutte le sedi sono concordi nel fermare la didattica.  C’è un’intervista a Daniele Bassi, presidente di Universitas-University e ordinario della Statale di Milano: in sintesi, portati a casa i tagli (che per altro risalgono alla manovra di agosto e non si capisce perché si protesti ora), il professore si augura che ora la Gelmini metta mano alla riforma vera, con un progetto per il futuro, perché al momento manca un disegno organico. La sua ricetta? Puntare sull’autonomia e su più responsabilità (Un ateneo vuole tenere aperta una facoltà con un solo iscritto? Che lo faccia, purché se ne accolli anche i costi).  Lo stato non può esimersi dall’investire nell’istruzione superiore, ma sarebbe bene che fissasse con chiarezza quanto intende spendere per finanziare università e ricerca, dividendo quella cifra per il numero di studenti universitari, «che diventerebbero in questo modo titolari di un bonus». 

Il manifesto – Due pagine ( 6 –7) sono dedicate alla protesta anti Gelmini, il servizio principale è “Fascisti nel no Gelmini”, altro corteo a Roma, ma questa volta alla testa c’è l’estrema destra del Blocco studentesco che urla «duce duce». Gli autorganizzati se ne vanno, gli altri no. In nome dell’antipolitica – sottolinea il manifesto – cade l’antifascismo. Giacomo Russo Spena che firma l’articolo racconta il corteo di ieri e riporta il pensiero di alcuni studenti «Come Flavio che, pure dicendosi antifascista, dice: “Basta con gli scontri tra comunisti e camerati – urla – dobbiamo unirci tutti per sconfiggere il governo”.». Squarci di colore dalla manifestazione con ragazzi con scritte di destra e tricolore a fianco di altri con magliette con il volto di Guevara, kefia e piercing che sfilano insieme per le vie di Roma. La conclusione con le parole di un ragazzo, Iacopo: «La piazza di oggi (ieri ndr.) è marginale rispetto al quadro complessivo. Il movimento no-riforma ha l’antifascismo come discriminante». “Vedremo” è l’ultima parola del giornalista. 

Crisi economica

La Repubblica – Alla crisi molto spazio (Bce diminuirà i tassi, sono finiti i soldi per le casse integrazione) e una intervista a Walter Veltroni, firmata da Massimo Giannini: “La crisi economica è insopportabile, pronti  a votare un decreto sui salari” (pagina 15 con richiamino in prima). Il leader del Pd, di fronte alla situazione economica, chiede al governo «un decreto urgente, per dare, a cominciare dalle 13me e per i prossimi anni, un importante sgravio fiscale a salari, stipendi e pensioni». Anche per sostenere la domanda interna. Un provvedimento così il Pd lo voterebbe. (Ma non si pone il problema che sarebbero esclusi tutti i lavoratori precari…). Quanto a Berlusconi, le sue ultime affermazioni certificano «la sua sostanziale estraneità alla cultura delle regole e l’idea sostanzialmente illiberale di una persona che non conosce a fondo la grammatica della vita democratica». Rilancia la proposta del riformismo di massa.

Evasione fiscale

Corriere della Sera – Focus sull’evasione fiscale. Nel 2007 gli ispettori dell’Agenzia delle entrate hanno incassato, dopo i controlli, il 46% in più rispetto al 2006. In Liguria 10mila cittadini sono stati scoperti incrociando i redditi con i dati dei clienti delle agenzie di viaggio. In ogni caso l’evasione in Italia ammonta ancora a 100 miliardi di euro, i dati sono del ministero dell’Economia. 

Eutanasia

La Repubblica – A pagina 22 un pezzo di Michele Bocci: “Eutanasia per neonati, guerra a Firenze”. A un convegno sull’eutanasia infantile è stato invitato un medico olandese, Eduard Verhagen,  che ha messo a punto il protocollo Groningen sulla «buona morte» per i neonati portatori di malattie incurabili e dolorosissime. Riccardo Migliori, onorevole di An, vuole impedire che intervenga. Gli organizzatori – con Giampaolo Donzelli – si difendono affermando che invitare un relatore a un convegno scientifico non significa sposare le sue idee. 

Preferenze alle Europee

Italia Oggi – Il quotidiano preferisce parlare delle elezioni europee piuttosto che di quelle americane. La cosa è interessante in quanto mentre negli Usa si scrive il nome del candidato sulla scheda (sempre, anche per le primarie), per le europee, invece di rendere il sistema più competitivo dall’interno, si va verso una direzione opposta. Il Pdl insiste  che non ci saranno nomi  sulle schede. Il Governo vuole varare una riforma sulla legge per le elezioni europee che introdurrà una soglia di sbarramento alta, il 5%, e cancellerà del tutto il voto di preferenza.  Nei piani del governo, secondo l’articolo, c’è una disciplina intesa a favorire la parità di accesso alle candidature e il raddoppio del numero delle circoscrizioni elettorali, da 5 a 10. L’opposizione minaccia l’Aventino, il governo è disponibile a discutere a Novembre inoltrato, quando cioè a Montecitorio, dopo aver approvato i collegati alla manovra di bilancio, la Finanziaria potrà incominciare a votare sulla proposta di riforma elettorale per le europee.

 

 


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