Mondo

Obama equilibrista fra Dalai Lama e Pechino

La questione tibetana alla Casa Bianca

di Franco Bomprezzi

Esce dal retro della Casa Bianca, dove sono ben visibili i sacchi con la spazzatura: in questa foto simbolo tutto il senso e le contraddizioni dell’incontro fra il Dalai Lama e il presidente degli Stati Uniti. I quotidiani di oggi, sommersi dalla questione morale e dagli sviluppi dell’inchiesta sulla Protezione civile, riescono comunque ad accorgersi e a dare conto di questo importante evento mondiale.

“Il Dalai Lama da Obama, appello alla Cina”: foto notizia con i due protagonisti sulla prima de LA REPUBBLICA che riferisce alle pagine16 e 17. «Un abbraccio tra due premi Nobel per la pace», lo definisce così l’inviato Federico Rampini, «ma lontano dai media per non esasperare le reazioni della Cina». Lontano ma non troppo visto che l’appuntamento era noto, notissimo. Cosa si sono detti? «Forte sostegno» e solidarietà da parte degli Usa e incoraggiamento alle due parti (il governo di Pechino e i rappresentanti tibetani esiliati) a impegnarsi nel dialogo diretto per risolvere le differenze. Insieme hanno concordato sulla «importanza della cooperazione fra Stati Uniti e Cina». Nel comunicato finale Obama ha fatto sapere che l’America non può ignorare il dramma di un popolo la cui identità viene progressivamente «assimilata» sotto il rullo compressore dell’autorità cinese. Che dal canto suo ritiene che con l’incontro di ieri Obama «ha violato la ribadita accettazione da parte del governo Usa che il Tibet è parte della Cina, e quindi che gli Usa non ne sostengono l’indipendenza». Comunque nota Rampini il momento è difficile per il presidente americano: ha deluso i suoi sostenitori sul tema dei diritti umani (mostrandosi troppo accondiscendente nei confronti del governo cinese) e i suoi critici perché non riesce a ottenere la rivalutazione della loro moneta (il che sosterrebbe il dollaro e restituirebbe margini di competitività all’industria americana). Da qui l’ambiguità di ricevere il Dalai Lama  non nella camera ovale (riservata ai presidenti) ma nella Map Room. Infatti, in appoggio, Giampaolo Visetti firma un pezzo dal titolo “Il sollievo di Pechino «Accolto a Washington come un ospite qualsiasi»”: in sostanza al di là del rituale di protesta, la Cina sarebbe soddisfatta perché l’incontro è stato sostanzialmente depotenziato. Il Dalai ha avuto il trattamento di una guida spirituale e non di un leader politico.

“Obama a Dalai Lama: siamo con voi” è il titolo che campeggia in prima pagina sotto la fotonotizia del CORRIERE DELLA SERA. I servizi alle pag. 16 e 17 sono a cura del corrispondente da Washington Paolo Valentino e da quello da Pechino Marco Del Corona. «Non si è parlato di politica, ma di «pace, valori umani e armonia religiosa» e l’amministrazione ha puntato sulla riservatezza e sul carattere «privato» dell’evento, che non si è tenuto nello Studio Ovale ma nella meno simbolica Map Room e si è chiuso senza la stretta di mano di rito di fronte ai fotografi. Obama ha espresso «forte sostegno per la protezione della identità religiosa, culturale e linguistica del Tibet e per la protezione dei diritti umani per in tibetani in Cina» e ha incoraggiato Cina e Tibet «a impegnarsi in un dialogo diretto per risolvere le differenze». A sua volta il Dalai Lama ha espresso la sua ammirazione per gli Stati Uniti come «paladini della democrazia, della libertà e i valori umani». Obama e il Dalai Lama hanno però concordato sull’«importanza di un rapporto positivo e di cooperazione tra Stati Uniti e Cina». In evidenza anche la contrarietà di Pechino che dice: «Violate le norme internazionali». Aggiunge il CORRIERE: «Una misura su come si evolveranno i rapporti tra i due Paesi sarà la conferma o il rinvio della visita del presidente cinese Hu Jintao, a Washington, prevista in aprile». Le incomprensioni fra la Cina e Obama sono poi riprese da Del Corona in “Una lunga storia di rancori per «quel monaco mestatore» – La Cina ossessionata dalla fama internazionale del Nobel per la pace”. Questo l’incipit: «Sessant’anni di ingratitudine. Questo è il Tibet per la Repubblica popolare cinese…Pechino ama mostrare i successi in Tibet, un Pil che in mezzo secolo si è moltiplicato per 200, un analfabetismo passato dal 95% al 5%. Soprattutto la fine della servitù della gleba».

Richiamo in prima e articolo a pagina 5 dal titolo deciso, ma didascalico su IL SOLE 24 ORE: “Obama: diritti in Tibet da sostenere”. La visita del 14° Dalai Lama, Tenzin Gyatso, a Washington ha fortemente irritato Pechino. Che ha fatto sapere il proprio disappunto a stretto giro di posta con un comunicato stampa in cui sostiene che gli Stati Uniti  hanno così violato la promessa di non sostenere l’indipendenza del Tibet. D’altra parte non è la prima volta che il Dalai Lama rende visita alla Casa Bianca (lo ha fatto sin dal 1991), e non è il primo motivo di attrito fra le due superpotenze. Da mesi si è infatti intensificata la querelle fra Cina e Stati Uniti intorno a più diversi argomenti: dalla vendita di armi da parte di Washington in favore di Taiwan alle più recenti polemiche sugli attacchi informatici che il colosso americano, Google, avrebbe subito in Cina e per cui avrebbe minacciato di abbandonare il paese.

LA STAMPA dedica al Dalai Lama la fotonotizia di prima pagina e la pagina 9, dove la foto ritrae il Dalai Lama che esce dalla Casa Bianca, dopo l’incontro, da un’uscita laterale, tra i sacchi di immondizia, perché, sottolinea Maurizio Molinari «l’incontro alla Casa Bianca avviene con modalità tese a contenere l’irritazione cinese. Sul piano della forma il presidente americano ha concesso molto poco al leader tibetano: il colloquio non è avvenuto nello Studio Ovale ma nella Map Room della East Wing, non sono state ammesse le telecamere ed è stata diffusa una sola foto ufficiale con un cerimoniale ridotto al minimo necessario rispetto a quanto avvenne nel 2007 quando George W. Bush presenziò alla solenne cerimonia della consegna al Dalai Lama della medaglia del Congresso». Il retroscena di Francesco Sisci, da Pechino, si intitola “La Nimitz a Hong Kong Segno che i due giganti non litigano davvero”: «Le relazioni con gli Usa sono volte al bello, al di là di ogni polemica più o meno ufficiale. A riprova di questo la portaerei Nimitz, simbolo stesso della potenza militare e politica dell’America, è felicemente attraccata al porto di Hong Kong da mercoledì. (…) Pechino infatti deve destreggiarsi su due fronti. Da una parte capisce e apprezza l’importanza politica cruciale della collaborazione offerta da Obama. D’altro canto deve mostrarsi pubblicamente dura con l’America davanti a un’opinione pubblica interna spesso nazionalista e che considera l’incontro Obama-Dalai Lama una specie di provocazione all’orgoglio patriottico.

Anche IL GIORNALE pubblica la foto del Dalai Lama all’uscita secondaria della Casa Bianca e nel pezzo di cronaca Marcello Foa scrive: «La domanda cruciale è: per quale ragione? È davvero una retromarcia nell’ambito della guerra strategica lanciato contro la Cina? La decisione di ricevere il leader tibetano non è isolata ma rientra in una escalation innescata dalla diatriba su Google, proseguita con il lancio del programma per rendere  internet accessibile a tutti i cittadini del mondo e dopo avere venduto armamenti sofisticati a Taiwan. E stata Washington a sfidare Pechino. Possibile che si sia ricreduta? Delle due l’una: o la Cina ha palesato al governo americano argomentazioni che questi non può ignorare, dunque possiede uno strumento fenomenale per sottrarsi al ricatto statunitense. Oppure la retromarcia statunitense di ieri è tattica e deve essere letta non come una resa, ma come una pausa nell’ambito di una strategia di lungo periodo».

Lancio in prima, su AVVENIRE, con un “Obama offre aiuto al Tibet”. Anche qui c’è la foto del Dalai Lama che «viene fatto uscire da una porta laterale della West Wing alla Casa Binaca». Appena uscito, «cerca di allentare le tensioni», dicendo che «lui e il suo ospite hanno parlato di pace, non di politica». Scontenta la Cina per il comunicato della Casa Bianca, si è detta «profondamente insoddisfatta» dal presidente Obama che avrebbe «violato le promesse» fatte nel suo viaggio cinese. Stefano Vecchia, da Bangkok, fa un ritratto del Dalai Lama: «non è un capo di stato e nemmeno un agitatore» ma «un uomo di fede», «l’uomo che non si rassegna al destino coloniale». 

E inoltre sui giornali di oggi:

DROGA
CORRIERE DELLA SERA – In prima pagina la positività di un parlamentare al test sulla cocaina. Giovanardi dice: impossibile risalire al nome, ma per il CORRIERE ci sono sospetti su una donna. Questo perché le analisi sui capelli vanno tanto più indietro quanto più lungo è il capello. «Sono 29 i parlamentari che secondo Carlo Giovanardi non hanno autorizzato la pubblicazione del risultato. Però Maria Stella Gelmini, il ministro della Pubblica istruzione, giura: «Io il test l’ho fatto, è risultato negativo. E non ho proibito a nessuno di pubblicare il risultato. Perché mai avrei dovuto?». Fra gli altri commenti il CORRIERE mette in evidenza quello della finiana Perina: esame sciocco, e quello del leghista Calderoli: chi è? Un deficiente. 

IL GIORNALE – Apre con i risultati del test antidroga  a cui volontariamente si sono sottoposti 232 parlamentari su 952. E annuncia che  c’è un caso positivo che il quotidiano definisce “un fesso”. Intervista a Carlo Giovanardi che commenta: «Forse è un tossico nei capelli le tracce restano molto tempo». Ma era necessario questo test? «Se nel suo ufficio dicessero che sono tutti drogati lei sarebbe il primo a chiedere di dimostrare che non è vero. Ci sono stati dei servizi televisivi che dicevano che un terzo dei Parlamentari  era drogato. Non potevamo restare  fermi». Ma questa idea è fondata o no? «E’ un pregiudizio. Nel senso che la droga  è interclassista ed è ovunque. A Scampia, nella redazioni dei giornali, negli studi professionali, sui palcoscenici. Sarebbe strano che non ci fosse niente in Palmento. Ma da qui a rappresentarlo come una fumeria d’oppio ce ne corre».

LA STAMPA – Massimo Gramellini nel suo Buongiorno ironizza sull’esito dei test antidroga ai parlamentari voluti da Giovanardi: «L’aspetto più buffo e desolante di una vicenda nata nel nome della Dea Trasparenza è che l’identità dell’unico reprobo non verrà resa nota. Resta da capire perché il cocainomane abbia accettato di fare il test. Al riguardo esistono tre piste, pardon, tre scuole di pensiero. La prima è quella del complotto: l’onorevole Sniffa è puro come un giglio ma, un attimo prima dell’esame, due magistrati comunisti e un agente dei servizi segreti cecoslovacchi in pensione gli hanno passato una bustina dicendogli che era di zucchero. La seconda teoria ritiene che il reprobo si sia sottoposto al test dopo essersi drogato, nel qual caso ci si domanda con un certo terrore se sia peggio avere un onorevole cocainomane o un onorevole scemo. La terza presuppone invece che Sniffa sia uomo di intelligenza diabolica. Grazie alla sua positività conclamata, e alla sua identità segreta, adesso in Parlamento ci sono duecento potenziali cocainomani che vengono guardati con sospetto da tutti. Sembra un giallo di Agatha Christie o, più banalmente, una puntata del Grande Fratello: chissà quando cominceranno le nomination».

ADOZIONI INTERNAZIONALI
CORRIERE DELLA SERA – “Adozioni all’estero, record italiano” è il titolo del focus di oggi. I nostri sono i numeri più alti dopo quelli degli Stati Uniti. In media si attendono due anni. I bambini arrivano da 62 paesi, Russia, Ucraina, Colombia e Etiopia in testa. Il 90% della coppie che fanno domanda ricevono il sì del giudice minorile. Ma una su tre rinuncia. In Italia il numero di adozioni annuali è circa 4mila. 

MINORI
AVVENIRE – In Italia ci sono 80 bambini sotto i tre anni in carcere con le loro madri, nonostante quanto previsto dalla legge, che prevede un percorso alternativo. Altri 1500 figli non crescono con la mamma, affidati alle famiglie allargate. Solo Milano ha una struttura ad hoc, nata tre anni fa, l’Icam, che ha ospitato 114 mamme con bambini. Ora anche la Toscana sta sperimentando qualcosa di analogo «ma il reperimento delle strutture è incredibile». 

NASCITE
CORRIERE DELLA SERA – Parte in prima pagina la storia di Cintamani Piddu, 21 anni, madre da quando ne aveva 17 che dice: “«A 17 anni non ho voluto abortire. Ora sono senza casa con mia figlia”. La donna in effetti sta occupando un alloggio di proprietà dell’Ater, l’istituto case popolari di Roma. Ecco alcuni passaggi della lettera scritta da Cintamani Puddu al sindaco di Roma Gianni Alemanno e, per conoscenza, al giornale: «Ho passato il mio diciassettesimo compleanno portando a testa alta il mio pancione e combattendo con tante persone che non condividevano la mia scelta. Come può immaginare all’epoca frequentavo ancora il liceo, mia figlia è nata nel novembre del mio 4° anno all’Istituto Tecnico Statale e per Geometri Federico Caffè. Mia madre non ha mai voluto aiutarmi con la mia bambina ma mi ha permesso di restare a casa con lei finché non mi fossi diplomata. Fortunatamente ho avuto tutto l’aiuto possibile da parte dell’istituto. Visto che all’epoca le assenze non erano motivo di bocciatura, ho passato il 4° anno studiando a casa e passando a scuola quando riuscivo a trovare qualcuno che tenesse la mia bambina qualche ora, e in quel tempo mi sottoponevo alle interrogazioni e compiti in classe che i miei compagni svolgevano durante la settimana… La situazione in famiglia non era più sostenibile e sono dovuta andare via. Ho abitato per un anno a casa di una mia amica e del suo compagno, anche lei con una bimba dell’età della mia. Vivevamo in 5 in 2 stanze e io e mia figlia avevamo una «camera» improvvisata dividendo il salone con una libreria. Vi era lo spazio solo per il mio letto a soppalco con sotto la culla della mia bambina. Come era immaginabile, ho dovuto lasciare anche quell’alloggio. Mi sono ritrovata nella situazione di non avere un posto dove abitare. In quella situazione ho avuto la «fortuna» di occupare una casa popolare…. In questo Paese si predica la proliferazione. Vedo continuamente servizi sul come «nascono pochi bambini» o «le persone non fanno più figli» o «i giovani restano a casa dei genitori troppo a lungo»: ogni volta, mi viene un malore al solo pensiero. Perché mai, e sottolineo mai, ho sentito un servizio del genere che dicesse la verità sul perché succede. Mantenere un bambino, in Italia, è diventato davvero difficile. Non posso permettermi nemmeno di andare dal dottore se sto male perché per me significherebbe perdere un giorno di lavoro e rischiare il posto».

AVVENIRE – L’Istat ha anticipato le stime sugli indicatori demografici per il 2009. Il dato che AVVENIRE lancia come allarmante è il calo delle nascite, con lo stop di quella “ripresina” iniziata nel 2001. La popolazione complessiva cresce, per effetto dell’immigrazione, ma nel 2009 le nascite sono state 6750 meno del 2008, con il tasso di fecondità che torna a scendere, per la prima volta dal 2001, passando dall’1,42 del 2008 all’1,41 del 2009 (il tasso che consentirebbe di mantenere la popolazione costante sarebbe di 2,1 figli per donna). Le italiane si fermano a 1,33, le straniere sono a 2,05, anche loro sotto quel che servirebbe. Gli anziani sono 30 ogni 100 persone in età attiva. Il saldo demografico è negativo per il terzo anno di fila, ma mai così tanto: -17700nel 2009 contro –8500 del 2008. Il commento a Alessandro Rosina, demografo, esperto di politiche familiari. Sottolinea il dato positivo dell’Emilia Romagna, che in dieci anni ha recuperato mezzo figlio per donna, e della Lombardia: «dove le regioni investono in servizi all’infanzia e alla famiglia, in politiche di conciliazione, le coppie possono decidere con più libertà il numero dei figli». L’allarme di Rosina va anche sulle straniere: anche loro stanno adeguando le loro scelte riproduttve al paese in cui vivono, quindi non ci salveranno nemmeno loro. 

PROTEZIONE CIVILE
LA REPUBBLICA – Il quotidiano diretto da Ezio Mauro si segnala per il suo crescendo: ogni giorno che passa aumenta il numero di pagine dedicate all’indagine sulla Protezione Civile. Oggi in particolare, oltre al cambiamento di rotta del premier (“Berlusconi “scopre” la corruzione” è il titolo di apertura) con il decreto che la punisce e il lancio delle liste pulite, la lettera di Gianni Letta alla presidente della Provincia aquilana Stefania Pezzopane. Il sottosegretario si dice «turbato» e preoccupato, ma rivendica il rigore  e la trasparenza dell’operato del governo.

TAV
IL MANIFESTO – Il titolo di apertura del quotidiano comunista è “A ferrovia e fuoco”. «Un giovane ferito gravemente, una donna dovrà essere operata. La polizia, guidata da uno dei responsabili del massacro alla Diaz di Genova, carica selvaggiamente i cittadini della Val di Susa contrari alla Tav. E alla vigilia delle regionali il Pd piemontese si schiera contro i manifestanti “violenti”» il riassunto degli avvenimenti. L’editoriale è di Marco Revelli «Quanto è accaduto in Val di Susa nella notte tra mercoledì e giovedì è terribilmente significativo dell’Italia di oggi. Per certi versi tragicamente esemplare.» scrive il giornalista  riferendo che mentre la Protezione Civile affonda nello scandalo appalti truccati, la polizia si accanisce su chi manifesta e «tenta di contrastare la logica dell’affarismo e la devastazione del territorio». Ma non si ferma a questo Revelli: «Non stupisce che anche questa volta le testimonianze parlino di un accanimento particolare nei pestaggi, con scene simili a quelle di Genova 2001: l’uso feroce dei manganelli, la gente a terra malmenata da grappoli di agenti inferociti, la caccia all’uomo anche quando gli assembramenti erano sciolti, complice l’oscurità e l’assenza di giornalisti». I risultati sono «un giovane in gravissime condizioni per un trauma cranico con emorragia, una donna di Villarfochiardo con fratture plurime al volto e alle costole e sospette lesioni interne, decine di feriti curati dai medici in valle per timore dell’arresto in ospedale». Ma la cosa più importante è che «il tutto per realizzare un’impresa inutile, futile se non truffaldina come ben sa chiunque si sia occupato da vicino della cosa».

HACKER
IL SOLE 24 ORE – Paginone dedicato all’ennesimo furto informatico ai danni di aziende. Antonio Dini e Gianluca Dettori firmano la pagina 8 del quotidiano insieme a una breve di Luca Davi. La notizia? Rubate 64mila informazioni sensibili a 2600 aziende in tutto il mondo. I dati rubati risulterebbero essere di tipo sensibile come accessi a servizi bancari, posta elettronica, informazioni aziendali riservate. Dini punta il dito sulle capacità degli hacker, ma ancor più sulle basse difese che i sistemi aziendali mettono in atto, formulando un imbarazzante capo d’accusa ai danni di Microsoft. L’autore sottolinea infatti come tutti i computer attaccati fossero muniti di sistema operativo made in Redmond. Di taglio basso l’affondo di Dettori dal titolo autoesplicativo “Difendersi costa 50mila euro”. Gli hacker – parafrasando l’articolo – sono brutti e cattivi, e pure comunisti: sono organizzati, lavorano su commissione, guadagnano tanti soldi e prevalentemente vivono in Cina e in Russia. Ma non basta. La filiera dal guadagno illecito non è completa. «Un attimo dopo l’attacco si viene contattati da società specializzate che offrono i propri servizi di protezione informatica» e il gioco è fatto. Circa 300 dollari per commissionare un attacco, e dai 30 ai 50mila dollari da sborsare per l’aziende che vogliono essere protette. E allora come fare? Semplice, scrive Dettori, bisogna «installare direttamente al livello degli  internet provider, le stesse tecnologie di filtraggio lasciando così alle porte delle rete italiano il traffico estorsivo». Con buona pace per chi sostiene la neutralità della rete.

TRAPIANTI
AVVENIRE – La Roccella ha chiesto un parere urgente al Comitato di bioetica a proposito dei “donatori samaritani” – così li definisce AVVENIRE – cioè quei tre donatori che hanno dato disponibilità a donare un rene senza che ci sia di mezzo un parente o un amico, ma per pura solidarietà. La possibilità infatti non è né esclusa né prevista dalla normativa, quindi la questione è squisitamente bioetica. «Non dimentichiamo che il dono non può essere considerato un diritto», ha detto la Roccella. La risposta arriverà entro marzo.

VATICANO 
ITALIA OGGI – La Chiesa si butta sul profano e sperimenta nuove strade  nei centri benessere e dei massaggi. Secondo il pezzo “Il Vaticano si fa una spa e una banca”, ieri a Genova è stata inaugurata la prima spa della Chiesa.   “Un centro benessere  aperto a tutti” scrive ITALIA OGGI  “che ha una missione speciale, quella di moralizzare  e dare l’esempio ance del campo dei beauty center. Roma è corrotta nell’anima? E allora la Chiesa parte da Genova per riconquistare l’Italia”.  Alcuni dati della spa: 2mila metri quadrati,  3 piani, palestre, piscine, centro benessere, campi da calcetto, sala massaggi, emeroteca,solarium e dalla prossima primavera anche in minigolf. Il palazzo è del ‘600 ed è situato nel centro storico.

AFRICA
LA STAMPA – “Niger, colpo di stato dei militari”. Il racconto di Domenico Quirico svela un po’ di retroscena: «Ci sono ancora molti misteri intorno alla ribellione militare che ieri pomeriggio, con qualche sventagliata di mitra nella capitale Niamey e la regia del maggiore Adamou Harouma, ha rovesciato il presidente-padrone Mamadou Tandja che regnava con modi autoritari e grifagni sul terzo produttore mondiale di uranio. Perché il Niger è un Paese strategico soprattutto per la Francia e per il suo gigante dell’energia atomica Areva, che vi estrae metà del prezioso materiale.
Fino a qualche anno fa tutto filava benissimo, secondo un collaudato rituale: i despoti locali facevano finta di governare, dedicandosi con passione alle bustarelle, Areva dirigeva il Paese sotto l’occhio di Parigi pronta a mettere a cuccia i renitenti. Poi i rapporti si sono deteriorati: colpa di Tandja. E pensare che sembrava un fedelissimo. Ma in Africa sono arrivati nuovi protagonisti con le tasche piene di quattrini, soprattutto i cinesi. Tandja, un golpista poi riconvertito a presidente «eletto», ha iniziato a pretendere l’aumento del prezzo di acquisto dell’uranio. E per far capire ai furibondi francesi i tempi nuovi, ha accordato concessioni anche a società cinesi e canadesi, i terribili rivali di Areva. Che ha dovuto, mugolando di rabbia, concedere un raddoppio dei prezzi».

SANTORO
ITALIA OGGI – “Santoro-Rai, si tratta la buonuscita”. Un pezzo sulla missione del dirigente generale Mauro Masi per far emigrare Santoro. Operazione molto difficile “a meno che,  il gioco valga la candela, e ci sia sul tavolo una buonuscita da nababbi. Allora si può stracciare il contratto  e spegnere le luci della ribalta”. Il pezzo fa un’analisi sui retroscena e sulle ragioni degli uni e degli altri.

ONU
IL SOLE 24 ORE – Come un fulmine (quasi) a ciel sereno Yvo de Boer, responsabile dei vertici annuali su clima e ambiente e segretario dell’Unfccc (United Nations Framework Convention on Climate Change), ha rimesso il proprio mandato. L’articolo di Marco Magrini a pagina 12 sottolinea come il fallimento del recente vertice di Copenhagen sia stato alla base di una scelta tanto inaspettata quanto per certi aspetti scontata. L’Onu è quindi alla ricerca di un sostituto, in previsione del vertice convocata a Cancun per il prossimo novembre. Le grandi ong, fra cui WWF e Greenpeace, fanno però quadrato intorno a de Boer, e si dichiarano preoccupati per il poco tempo disponibile per rilanciare il vertice messicano.

G8 E FAME
AVVENIRE – Allarme della Fao: Il G8 dell’Aquila aveva promesso 20 miliardi di dollari per la sicurezza alimentare in tre anni, ma dopo sette mesi «non abbiamo visto un centesimo». Parola di Jacques Diouf, direttore generale della Fao. «Mi rendo conto che ci vuole tempo, ma il 2009 è passato e non abbiamo visto niente». Non escludo – dice – «che i soldi siano andati a governi o altre agenzie, ma la Fao non ha visto niente». Situazione simile anche per Haiti: per la sicurezza alimentare, sono arrivati solo l’8% dei fondi promessi. Il 31 marzo l’ONU terrà la conferenza mondiale per la ricorstruzione ad Haiti, a cui saranno presenti omg e aziende. 


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