Sostenibilità

Oasi, oltre la protezione l’imprenditorialità sostenibile

di Redazione

«Il WWF Italia ha avviato il progetto di conservazione attraverso le Oasi 45 anni fa, in un contesto sociale ed ambientale profondamente diverso dall’attuale». Parola di Adriano Paolella, direttore generale WWF, al quale abbiamo chiesto di raccontarci questo modello di conservazione che sposa sempre più un concetto di imprenditorialità sostenibile. «Dopo 45 anni noi riteniamo che creare altre Oasi sia ancora un’azione prioritaria nel nostro Paese e non solo. Se la quantità di aree protette e la legislazione vigente sono notevolmente migliorate rispetto alla metà del secolo scorso, non sempre l’apposizione di vincoli garantisce automaticamente la conservazione delle diversità e l’aumento di naturalità».
Quindi le aree protette non bastano?
Non tutto il territorio è adeguatamente tutelato ed anche recentemente sono stati alterati o perduti àmbiti di grande qualità paesaggistica ed ambientale. Sappiamo altresì che la perdita di suolo attraverso edificazione ed infrastrutturazione ha dimensioni molto superiori delle necessità della popolazione e delle disponibilità di risorse e che il territorio viene uniformato e destrutturato con inutili ed evitabili perdite di natura. Con le Oasi si riescono a bilanciare le tensioni alla trasformazione e la perdita di identità in ampi territori. Questo è avvenuto anche nel caso delle ultime nate: il bosco di foce dell’Arrone nel Lazio e quello di Marzagaglia in Puglia nel 2011 e ora il progetto Scivu in Sardegna, una delle tre aree oggetto della campagna raccolta fondi Oasi 2012 del WWF, una autentica meraviglia sulle coste sarde, con le dune più alte del Mediterraneo minacciate da usi sconsiderati derivati spesso dall’inconsapevolezza del valore di quell’habitat.
Le Oasi sono anche dei modelli di conservazione funzionale all’imprenditorialità…
Infatti. Nelle Oasi si sperimenta un modello di microeconomia diffusa, proponendo e sostenendo attività collegate con la conservazione e la sensibilizzazione che costituiscono una fonte di sussistenza per individui e piccole comunità. Centinaia sono i soggetti che operano con e nelle oasi all’interno del sistema WWF e moltissimi i soggetti che utilizzano la presenza delle Oasi nel territorio della propria comunità per promuovere le proprie attività. Un collegamento stretto tra Oasi e comunità, tra Oasi e territorio che integra le economie locali, che qualifica i prodotti e le attività, che rende possibile un vantaggio diffuso, una maggiore identità dei luoghi e garantisce la conservazione dell’ambiente e del paesaggio. Le Oasi diventano quindi uno strumento di consapevolezza diffusa, il mezzo attraverso il quale le comunità partecipano alla definizione del proprio futuro partendo dalla conservazione del proprio ambiente e gestendo direttamente la propria esistenza.
Dal punto di vista della distribuzione geografica, quali esperienze significative?
Ci sono delle aree del nostro Paese dove questo modello ha una maggiore incidenza e sono quelle marginali della nostra economia, dove non c’è industria, dove non ci sono i grandi flussi turistici. Certamente in queste aree la presenza di un’Oasi è maggiormente percepita dalla comunità. Ma anche in aree urbane o densamente insediate gli effetti positivi di un’Oasi sono concretamente riscontrabili.
Le Oasi rappresentano anche un modello occupazionale sul territorio: quali sono i lavori principali?
Oltre ai direttori delle Oasi ed al personale addetto alla manutenzione, vi sono gli operatori dell’educazione, i gestori delle visite guidate e delle altre attività ricreative, culturali, conoscitive ? tutti solitamente cooperative ?, le Fattorie del Panda, agriturismi di grande qualità ambientale collocati nelle aree protette, i ricercatori che svolgono le loro attività scientifiche all’interno delle Oasi, i gestori delle foresterie e fuori di esse i ristoratori e gli artigiani collegati, coloro che promuovono i programmi di turismo sostenibile all’interno delle Oasi. Insomma, l’imprenditorialità che non consuma il territorio, anzi lo valorizza?
Una novità recente è l’idea del marchio Terre dell’Oasi…
Sì, nove operatori si sono consorziati creando una linea di alimenti biologici prodotti all’interno o nelle vicinanze delle aree gestite dal WWF. Con questa linea si cerca di rafforzare e promuovere la produzione agricola qualificata in territori marginali, si favorisce al contempo il recupero di un’alimentazione collegata a prodotti di qualità a basso impatto ma anche si qualificano prodotti solitamente uniformati quali il sale (quello dell’Oasi delle Saline di Trapani è prodotto con metodi artigianali). Poi olio, vino, pasta, miele, riso, aglio e molti altri alimenti ma anche, come nel caso della Riserva naturale di Torre Guaceto di cui il WWF è parte dell’ente gestore, il recupero di una filiera corta atta a favorire la qualità e non la quantità del pescato. E intorno agli operatori una marea di volontari che dedicano tempo e capacità a promuovere e gestire parti del loro territorio, volendo dare segnali di attenzione nei confronti di un bene comune inalienabile. Le Oasi sono quindi un concreto strumento di conservazione ma anche di trasformazione culturale, ed è per questo che dopo 45 anni continuiamo a crearne.

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