Aziende agricole e vinicole, porzioni di bosco o di montagna. Gestiti da privati ma in linea con i criteri
di conservazione
del WWFLa prima è stata un’azienda agricola biodinamica vicino Milano. La seconda, un’azienda vinicola nell’astigiano. Poi di nuovo un’azienda agricola biologica ma in Maremma e quindi un bosco mediterraneo costiero sempre in Maremma e, dopo, un pezzo di montagna pistoiese. Sono tutte Oasi WWF ma affiliate, cioè gestite dagli stessi proprietari o da loro incaricati, che però condividono e applicano la missione delle aree protette targate WWF. Sono quindi aree dove si svolgono regolarmente le attività produttive caratterizzanti, che devono essere però compatibili con l’ambiente e sostenibili nell’insieme della gestione.
Perché un’Oasi affiliata deve garantire la conservazione della biodiversità e anzi deve contribuire a migliorare e riqualificare gli aspetti naturali che ospita al suo interno. Il WWF vigila sulle aree, contribuisce ai programmi di conservazione, al recupero e al restauro degli ambienti, fornisce assistenza e soprattutto garantisce che la gestione sia coerente con gli standard previsti nelle altre Oasi a gestione diretta.
Con le affiliate l’obiettivo è quello di aggregare alle tipiche aree , una rete di territori e paesaggi di grande valore ambientale, spesso nascosti ma ancora molto diffusi nel nostro Paese, metterli a sistema, diversificarli per arricchirne la biodiversità, aprirli al pubblico e alla ricerca. Insomma qualificarli, farli conoscere e apprezzare, e allo stesso tempo far vedere concretamente come le attività umane si possano conciliare con la conservazione della natura.
A queste si aggiungono altre Oasi affiliate, diciamo quelle più classiche, ma gestite da altri enti che però aderiscono alla missione del WWF e ne condividono i programmi – come nel caso dell’Oasi del Lago Salso in Puglia o di quella storica di Ninfa nel Lazio – e poi quelle nate in casa e che nel tempo sono diventate autonome.
Antonio Canu
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