Le difficoltà che connotano il sistema di welfare pubblico non riguardano solo il funzionamento di quest’ultimo, quanto piuttosto un suo allineamento di fronte alle trasformazioni della società. Come sostiene Mazzoli “o si riprogetta insieme ai cittadini ricostruendo un senso condiviso (un con-senso) o si rischia di erogare «prodotti di nicchia», un «lusso» riservato a chi ha le competenze […] per accedervi o a chi rientra nelle categorie previste dal mandato istituzionale”.
Anche a fronte della crisi che permea le diverse aree geografiche del nostro paese senza esclusione alcuna, lo sviluppo dei territori è legato alla capacità di risposta ad esigenze di tipo sociale, ancor prima che economico o finanziario. E la risposta in termini sociali alla domanda di servizi di cura ad alta densità relazionale da parte dei cittadini, passa oggi inevitabilmente attraverso una logica di welfare community.
E’ necessario valorizzare la libera scelta di realizzazione del cittadino e della famiglia, attraverso l’attivazione delle capacità del soggetto e l’ampliamento dei suoi margini di autonomia o di libertà sostanziale, creando un welfare “plurale” sia dal lato della domanda che dell’offerta.
Un welfare “intelligente”, ovvero capace di leggere le esigenze emergenti e di socializzare i bisogni grazie all’azione della pluralità di attori “sul” territorio e, quindi, “per” il territorio (in particolar modo, in tal senso, tramite i soggetti del Terzo settore)
Un welfare “abilitante”, ovvero in grado di rigenerare i territori dando l’opportunità alle persone di ampliare le proprie possibilità (capacitazioni) e di ridurre, di conseguenza, i livelli di disuguaglianza personali e territoriali accrescendo l’accesso a servizi di pubblica utilità “abilitanti”.
Obiettivo prioritario delle nuove politiche pubbliche orientate alla costruzione di un welfare di comunità, quindi, deve essere quello di generare le condizioni per una società del ben-essere che, come sottolineato anche da Istat e Cnel (BES), sia caratterizzata non solo da benessere economico ma anche da relazioni sociali (intese come presenza sul territorio di associazioni e cooperative sociali, di capitale sociale e di relazioni familiari ed amicali) e qualità dei servizi offerti (in ambito sanitario, socio-sanitario, nonché in materia di gestione dei rifiuti, dei trasporti e di risorse idriche).
In definitiva, un nuovo welfare che riuscisse ad accrescere sia la responsabilità individuale sia il grado di copertura nei confronti dei nuovi rischi sociali, costituirebbe, nelle condizioni storiche attuali, il più efficace stimolo alla crescita dei territori.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.