Politica
Nuovo veto della Russia agli aiuti in Siria
Considerata la grave crisi umanitaria, aggravata anche dal sisma, lo scorso 13 febbraio il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva adottato una risoluzione che consentiva di fornire aiuti al nord-ovest della Siria per anno. Ma all’ONU la Russia ha messo il veto bloccando aiuti umanitari che letteralmente tengono in vita 4 milioni di persone nella Siria del nord
di Asmae Dachan
Con tredici voti favorevoli, il veto della Russia e l’astensione della Cina il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha fallito nella missione di rinnovare di ulteriori nove mesi l’accordo per l’ingresso degli aiuti umanitari in Siria. Dopo tredici anni di guerra e in conseguenza del devastante sisma del 6 febbraio scorso, in Siria il 90% della popolazione, proprio secondo l’Onu, vive ormai sotto la soglia della povertà. L’accordo avrebbe dovuto favorire l’ingresso degli aiuti nel nord-ovest del Paese, dove sono ammassati quattro milioni e mezzo di sfollati interni, che vivono prevalentemente in tendopoli, in condizione di grande precarietà.
Attualmente la Siria è sottoposta alla divisione, non ufficiale, in almeno tre aree di controllo e anche l’ingresso degli aiuti umanitari è soggetto alle pressioni politiche. La cosiddetta Siria utile, quella che dalla costa arriva fino all’Iraq, è sotto il controllo del regime di Bashar al Assad e tutti gli organismi internazionali trattano direttamente con le autorità governative, anche in merito alla gestione degli aiuti. La Siria del nord-est è invece sotto il controllo delle autonomie curde, sostenute dalla presenza americana e nell’area operano solo poche organizzazioni locali e internazionali, come la Mezza Luna Curda. L’area più critica e più densamente popolata rispetto alla sua estensione è il fazzoletto di terra che comprende la città di Idlib e la sua periferia e una parte della città di Aleppo, dove restano formazioni di opposizione al regime sostenute dalle autorità di Ankara, ma dove sono ancora operativi anche gruppi qaedisti, che di fatto tengono in ostaggio i civili intrappolati tra la Turchia meridionale e la Siria. In quest’area gli aiuti entrano da un unico valico di frontiera, quello di Bab al Hawa, in base alle imposizioni poste dalla Russia, alleata, sin dall’inizio del conflitto, con il governo di Damasco.
Considerata la grave crisi umanitaria, aggravata anche dal sisma, lo scorso 13 febbraio il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva adottato una risoluzione che consentiva di fornire aiuti al nord-ovest della Siria per anno. Il governo siriano, tuttavia, in accordo con la Russia, ha consentito l’ingresso solo per tre mesi, rinnovando di ulteriori sei mesi alla scadenza. Una decisione contro il popolo siriano stesso, in applicazione della cosiddetta “punizione collettiva” verso le aree ribelli. I miliziani, va ricordato, sono però una minima parte della popolazione, composta soprattutto da giovani e bambini.
“Non vi è alcun argomento razionale o morale perché la Russia ponga il veto alla risoluzione sugli aiuti transfrontalieri in Siria” ha commentato Barbara Woodward, rappresentante permanente della Gran Bretagna alle Nazioni Unite. “La Russia ha ancora una volta usato il proprio veto per limitare l'accesso umanitario salvavita a quattro milioni di siriani. L'accesso umanitario dovrebbe rispondere ai bisogni primari e non dovrebbe essere preso in ostaggio dalla Russia”, ha aggiunto Woodward.
Il Consiglio di Sicurezza si era posto l’obiettivo di consentire una proroga di ulteriori dodici mesi per l’ingresso degli aiuti umanitari di cui i civili nell’area “hanno un disperato bisogno”, stando a quanto denunciano le stesse organizzazioni umanitarie autorizzate a operare nell’area. Preoccupazione è stata espressa anche dall’ International Rescue Committee, che ha sottolineato che le Nazioni Unite forniscono l'80% degli aiuti alimentari nel nord-ovest della Siria. Oltre 70.000 bambini dipendono dai programmi nutrizionali finanziati dalle Nazioni Unite stesse per la loro sopravvivenza, la maggior parte dei quali viaggia proprio attraverso il valico di Bab al-Hawa, che è l’unico autorizzato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
La situazione in Siria resta fortemente critica. Secondo l’ultimo report diffuso dal Syrian Network for Human Rights, dall’inizio dell’anno sono stati uccisi in Siria 501 civili, tra cui 71 bambini e 42 donne e 20 persone sono morte sotto tortura. La maggior parte delle vittime, secondo il documento, è rimasta uccisa dai bombardamenti governativi.
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